Martedì, 15 Maggio 2012 11:52

Appunti sulla filosofia di Panikkar

Scritto da  Gerardo

La filosofia, sapere aperto costantemente alla riflessione dell’umano, trova in Panikkar un pensatore originale e senza complessi perché egli conosce ciò di cui parla e perché propone relazioni e accetta differenze che possono essere esposte e dibattute solo da chi le abbia vissute e comprese dall’interno di ogni tradizione.
Panikkar, che ha peregrinato tanto, propone il pellegrinaggio come simbolo della vita ma non come la vita stessa, perché il pellegrinaggio deve essere non solo esteriore, ma anche interiore. (continua)


Proprio per questo egli accetta la supremazia della prassi, della vita, di una vita che si dispiega al momento, in ogni momento, e che è in grado di trovare l’universale nel concreto, nel particolare. “La mia aspirazione – ha confessato – non consiste tanto nel difendere la mia verità, quanto nel viverla”. Il suo pensiero, ispirato dal principio advaita (né monista, né panteista, né dualista), propone una visione dell’armonia, della concordia, che vuole scoprire “l’invariante umano” senza distruggere le diversità culturali che mirano tutte alla realizzazione della persona in continuo processo di creazione, di ricreazione. “Quanto più osiamo camminare per nuovi sentieri – ha detto – tanto più dobbiamo restare radicati nella nostra tradizione e aperti agli altri, i quali ci fanno sapere che non siamo soli e ci consentono di acquistare una visione più ampia della realtà.” Per Panikkar il dialogo è importante, ma non il dialogo puramente meccanico o informativo, bensì quello che lui chiama “dialogo dialogico” che porta a riconoscere le differenze ma anche quanto si ha in comune, che spinge alla fine ad una mutua fecondazione. Il dialogo non è per gli uomini un lusso, ma qualcosa di strettamente necessario. E il dialogo interreligioso ha un suo ruolo importante. Panikkar non intende questo dialogo come un dialogo astratto, teorico, un dialogo sulle credenze, ma come un dialogo umano in profondità nel quale si cerca la collaborazione dell’altro per la mutua realizzazione, dal momento che la saggezza consiste nel sapere ascoltare.

La religione non è, per Panikkar, un esperimento ma un’esperienza, non una teoria ma un’esperienza di vita per mezzo della quale l’uomo - senza preoccupazione né ansia – partecipa all’avventura cosmica. Questo lo porta, per esempio, ad avanzare, la nozione di “identità”. In un’intervista gli fu chiesto: “Dove trova lei la sua identità?” La sua risposta è stata: “Perdendola, non cercandola: non volendo tenermi stretto ad una identità che non è stata ancora realizzata e che non è possibile trovare quindi nel passato perché sarebbe solo copia di qualcosa di vecchio. La vita è rischio; l’avventura è novità radicale; la creazione si produce ogni giorno, é qualcosa di assolutamente nuovo e imprevedibile.”

Con una visione concreta e anche globale dell’esistenza, Panikkar difende l’armonia tra gli uni e gli altri, la nostra con la natura, e, chiaramente, con noi stessi. Difende la sacralità della vita come secolarità sacra. Perché tutto è sacro, tutto è inviolabile, e denuncia come si sia perduta la sensibilità per la sacralità della materia. L’ecosofia è la nuova saggezza della terra. Ciò che è umano, ciò che è infinito o divino e ciò che è materiale, non sono tre realtà separate ma i tre aspetti di un’unica e stessa realtà. E’ questa la sua intuizione cosmoteandrica o teandropocosmica che rivela l’ambiguità e i limiti di ogni discorso strettamente scientifico o culturale.

Infine, ciò che ci ha portato alla patologia della sicurezza, che è l’ossessione odierna, è l’ossessione per la certezza. Ecco quindi che Panikkar raccomanda che la filosofia sia viva, vale a dire che ponga attenzione alla polisemia, all’ambiguità, all’apertura: perché potrà favorire la coscienza di libertà, solo se essa stessa si pone al di sopra di qualunque servitù, sia pure servitù razionale, razionalizzatrice. Panikkar non è certo un pensatore comodo perché non è sempre prevedibile, non è mai convenzionale, apre sempre nuove prospettive, nuovi dubbi, speranze e attese nuove. Questo ne fa un pensatore di verità, un maestro di pensiero e una persona saggia. E, come dice Cicerone, “sapiens beatus est”.

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