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Martedì, 28 Novembre 2006 14:14

Dopo il VII Colloquio internazionale

Scritto da  Gerardo

A margine del VII Colloquio internazionale, che si è appena concluso, a Peccioli, e che era dedicato quest’anno alla figura di p. Antonio Lupi, il prof. A. Nesti ha rilasciato una breve intervista al settimanale l'Araldo", di Volterra.
Che pubblichiamo nel seguito.
Buona lettura!
Sabato 25 e domenica 26 u.s. si è tenuto il VII colloquio internazionale promosso dal Museo delle Icone Russe "F. Bigazzi", dal Comune e dalla Fondazione Belvedere di Peccioli. Quest'anno il tema del colloquio non è stato dedicato alle icone e alla loro storia ma ad una personalità pecciolese, una vera icona di pecciolese, un “domenicano nel mondo”, scomparso come è noto 30 anni fa in Brasile. Abbiamo posto alcune domande al prof. Arnaldo Nesti coordinatore della singolare manifestazione, alla sua settima edizione, sul significato delle giornate

D. Quale è stato il senso di queste giornate pecciolesi?
R. Non avendo molto tempo per riandare a quanto è accaduto devo sottolineare alcuni fatti:
1. Sabato abbiamo potuto presentare un numero speciale dei "Quaderni Pecciolesi" dedicato a "Padre Antonio Lupi (Peccioli 1918-Goiania 1976), un domenicano nel mondo (stampato da Bandecchi e Vivaldi, 181 pagine), arricchito da un cd con tre meditazioni di p. Lupi.
2. Abbiamo avuto una grande partecipazione di pubblico proveniente da varie parti d'Italia
3. Sono state presentate ben dieci relazioni oltre agli interventi di mons. Bianche, del Sindaco Silvano Crecchi e del presidente della Belvedere Renzo Macelloni
4. Alla domenica, dopo la affollata messa presieduta dal vescovo Tomas Balduino, in corteo, accompagnato dalla filarmonica di Peccioli, è stato deposto un omaggio floreale sulla tomba di p. Lupi
5. Le giornate si sono snodate all'insegna del ricordo e della commozione.

D. Come ha reagito il pubblico?
R. Sono pratico di manifestazioni di questo genere. Devo dire che mai come quest'anno il colloquio pecciolese ha visto una grande e qualificata partecipazione. È stato impressionante constatare la partecipazione generale a tutti i momenti della giornata. E lo ripeto molte volte, ho constatato come la commozione travolgeva relatori e pubblico. Mi ha impressionato vedere che ancora dopo 30 anni il ricordo, l'affetto per p. Lupi sia forte. Lo si vive ancora come se fosse vivo, in rapporti a tempi e vicende che si sono affrontate nel tempo.
D. Come spiegare un fatto del genere?
R. Personalmente non ho conosciuto p. Lupi. Ne ho sentito parlare soltanto quando gli amici pecciolesi mi proposero di occuparmi di lui in occasione dei 30 anni dalla morte. E mi sono trovato un po’ smarrito. Poi ho fatto un corso accelerato e ho conosciuto scritti, episodi, persone che lo riguardavano. Ho così fatto un viaggio di conoscenza e di appassionamento del grande pecciolese. Ritengo che p. Lupi debba essere considerato fra le figure "profetiche" della stagione pre-conciliare e poi del movimento del rinnovamento ecclesiale in Italia e in America Latina. Nel quaderno appositamente preparato, cui ho fatto cenno sopra, è stata pubblicata, fra le altre, una fotografia di un gruppo di predicatori durante la Missione a Milano voluta dall'allora arcivescovo Montini. Su una terrazza della casa dello scrittore Santucci figurano in ordine p. Lupi, p. Balducci, p. Turoldo, D. D. Barsotti, p. Camillo De Piaz, d. Primo Mazzolari. Una foto di grande rilievo storico e di grande valore simbolico. P. Lupi è indubbiamente uno dei protagonisti della grande stagione cattolica fiorentina, al tempo di La Pira sindaco. Come era stato un partigiano combattente per la libertà democratica, nel 1944, finirà gli anni in Brasile sposando la causa dei poveri, lottando contro la dittatura brasiliana di allora.

D. Dunque p. Lupi nonostante gli anni è un uomo di attualità?
R. Sì, sì, è un religioso domenicano ma si sta rivelando un grande uomo di fede e un uomo che considera in pieno, nonostante la malattia, la bellezza e l'impegno del vivere. Mi ha impressionato conoscere che poche ore prima di morire, ancora, pur sapendo della malattia grave, sperava ancora di farcela e progettava di mettersi presto in cammino al nord dell'America latina.
A chi lo assisteva, ancora la sera prima dell'arrivo della morte, ripeteva:"Ho ancora tanto da fare".
Mi auguro che la sua tomba nel cimitero di Peccioli sia davvero visitata non tanto per curiosità ma per conoscere e rendere onore ad un uomo, un vero profeta, una delle prestigiose figure del cattolicesimo italiano, attaccato alla sua terra, ma che, allo stesso tempo si sentiva cittadino della famiglia umana nel mondo. Un grande uomo di fede, un cittadino generoso, davvero un profeta che merita di essere riscoperto specialmente in questo tempo in cui sembrano prevalere gli uomini provinciali, del compromesso e del tornaconto privato.
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