Sabato, 25 Novembre 2017 13:47

Una storia molto bella. E rivoluzionaria

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Questa storia merita una segnalazione. Ce la segnala un caro amico dal Belgio, e con piacere la trasmettiamo ai lettori di Asfer.it. Gli stessi protagonisti sono persone che ho in parte conosciuto durante i miei incontri in Europa anni fa. Buona lettura (Arnaldo Nesti).

Il Dono dell’Amicizia. Vita in comune e valore del celibato

Il titolo banale, dolciastro, viene subito smentito dal sottotitolo, così impegnativo. Anzi, rivoluzionario.

Invero non sono rivoluzionari il libretto in sé, né il racconto, ma le due persone che mettono sul piatto le loro vite, spese congiuntamente. Lo specifico è che l’uno è un prete e lei una piccola sorella. No, non è la solita storia banale perché i protagonisti sono davvero straordinari e rivoluzionari nel senso che sono portatori di un nuovo paradigma, di vita concreta, sperimentata efficacemente. Dov’è dunque la rivoluzione?

Si può affermare che la Chiesa Cattolica – benché formalmente arroccata nella più sorda disciplina del celibato – in realtà è in affanno, alla ricerca di un qualche argomento canonico per uscire dalla gabbia del celibato. “Argomento canonico”, perché, com’è noto, il celibato è pura materia disciplinare stabilita dal Codice Canonico della sola Chiesa Cattolica. Un costume imposto al suo clero con estenuante e lunga lotta interna nei secoli, mai vinta del tutto. Ancora oggi molti preti vivono male il celibato molti hanno una doppia vita.

Con il Concilio Vaticano II, peraltro ecumenico (con Protestanti, Ortodossi, Ebrei, che non hanno il celibato obbligatorio) , sembrava che anche il celibato cattolico potesse essere ridiscusso. Il documento Suenens fu ritirato d’autorità e mai diffuso in Aula. Paolo VI richiamò rudemente l’improvvido cardinale belga. Il resto è storia.

Non così l’intendevano tanti piccoli, entusiasti pretini, per la prima volta in libera uscita da chiese, canoniche, oratori, per incontrare il mondo reale, le famiglie, il lavoro, le scuole, le persone vere, le donne.

Molti di loro – forse per difetto di autostima rispetto alla sfida conciliare – non ressero l’impatto con l’umanità reale ed abdicarono. Tuttavia la maggior parte del clero si arroccò nelle vecchie certezze, lasciando che il Concilio svaporasse, al più si aggrappò alla riforma liturgica e all’abbandono del latino.

Come in ogni guerra, vi sono sempre degli eroi solitari. Superuomini. Superdonne Marziani. Ignoti ai più. E costoro – come Olivo e Marisa - a 80 anni suonati si mettono a scrivere a quattro mani come hanno realizzato – nel loro piccolo - quella mancata riforma del Concilio, il celibato.

 

Il libretto “Il Dono dell’Amicizia” non è un trattato dottrinale, né pretende dirimere la questione disciplinare. Semplicemente narra come due persone, un giovane prete ed una giovane sindacalista, si sono conosciute, frequentate, attratte, amate, come si sono aiutate nella buona e nella cattiva sorte, e nello stesso tempo come hanno vissuto e proclamato il Vangelo a tempo pieno.

Olivo e Marisa non intendono porsi a modello, non invitano nessuno a fare come loro, anche perché – posso dirlo? – l’esperimento è riuscito solo perché sono speciali, Olivo e Marisa. No, non vi riassumo la storia, ve la dovete gustare da soli. Ed in qualche modo vi sentirete compagni di strada, ed alla fine non sentirete il bisogno di giudicarli né di emettere sentenze. Ma il paradigma si impone alla riflessione. È possibile fare vita comune, volersi bene profondamente, e restare fedeli alla disciplina del celibato. Non dico, non credo che l’Istituzione possa interessarsi a questa via stretta, ma ritengo che i singoli aspiranti al Ministero a tempo pieno, potrebbero trovare utile l’esperienza dei due. Bisogna capire da dove provengono le forze interiori che hanno permesso a Olivo e Marisa di realizzare un tale vertice di umanità.

È senz’altro un paradigma stretto. Tuttavia avendolo conosciuto, mezzo secolo fa, per l’idea che me n’ero fatto, la storia narrata è del tutto congrua. L’ Olivo Bolzon che avevo conosciuto poteva farlo, l’ha fatto, vi è riuscito, ed è stupendo.  

Non ho conosciuto Marisa, ma da quello che narra, non si nasconde, non contrabbanda la sua femminilità, ammette l’innamoramento. In fondo, si chiede “cosa manca alla nostra vita comune per non poter essere validata dal sacramento del matrimonio?” il virgolettato è mio. Nulla, risponderei, e direi di più, tutti i coniugi benedetti dalla Chiesa col sacramento del matrimonio dovrebbero condursi come Olivo e Marisa. L’amicizia di Olivo e Marisa è anch’esso un sacramento. Un nuovo paradigma. Questa è la rivoluzione. Ma forse non è per tutti.  Ma neanche il celibato è per tutti.

 

 

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