Maria Immacolata Macioti - Incontri tra culture: un percorso difficoltoso

I
I modelli di convivenza ipotizzati per una convivenza tra diverse culture non hanno dato, ad oggi, risultati pienamente soddisfacenti. Già da tempo si è reso evidente che il modello assimilazionista, in cui vi è chi impone le proprie linee culturali, politiche, economiche, e chi subisce tutto questo, alla lunga non produce i risultati sperati (v. la Francia e le sue colonie).Ora poi gli accadimenti dell’estate 2005 con gli attentati in GB hanno evidenziato l’insufficienza del tentativo inglese basato sulla concessione del diritto di voto alle elezioni locali, mantenendo di fatto realtà separate. Coabitare non basta, evidentemente, non è di per sé sufficiente ad ottenere una piena integrazione.

II
Al confronto, vi è chi ipotizza un maggiore successo della politica statunitense con riguardo alle varie componenti e minoranze: forse, si dice, proprio perché gli USA non hanno avuto un passato coloniale sarebbero meglio riusciti a proporre mete comuni, a meglio integrare gli stranieri. Ma chi ben conosce la realtà americana non può pensare che la ricetta del melting pot sia stata così risolutiva, né che sia un modello esportabile. Ancora oggi non si può dire pienamente realizzata la co-inclusione, caratterizzata da incontri in profondità: restano provenienze e gruppi meno integrati di altri, separatezze che vanno dal contesto all’interno delle città alla vita sociale.

III
Probabilmente non si è in grado, ad oggi, di indicare un modello riuscito, vincente, proponibile su base mondiale. Anche se un po’ tutti i paesi occidentali sono interessati dalla immigrazione e hanno quindi diverse provenienze al proprio interno. Ed è noto che tra queste la presenza islamica è tra le più significative. In quest’ottica è probabilmente sbagliato cercare di darsi rappresentazioni compatte e totalizzanti. La più forte alterità, rispetto all’Occidente, sembra venire dall’Islam: ed è noto quanto, da parte degli studiosi, si sia insistito e si insista sulla pluralità dell’islam, sulla diversità dei percorsi storici e, quindi, sulla impossibilità di leggere secondo gli stessi parametri le situazioni di paesi pure accomunati dalla fede islamica come, ad es., Turchia, Egitto, Marocco ecc. Le tradizioni statuali possono essere ben diverse. Vi possono essere paesi, come la Turchia, in cui il voto alle donne precede (1934) quello in paesi avanzati come la Francia (1945). Capi di stato donne sono stati un fatto più presente in contesto islamico che non in vari paesi occidentali (Gritti).

IV
D’altro canto, sembrano esistere affinità, tra mondi islamici e contesti occidentali: tanto che M. Kilani parla di “gioco degli specchi” e cita il caso della Bosnia e dell’invenzione di una “etnia musulmana” che diviene un fattore destabilizzante nelle “trame cristiane” dei Balcani. Affinità, quindi e diversità.

V
Su questo punto è intervenuto Felice Dassetto con indicazioni interessanti e suscettibili, mi sembra, di sviluppi positivi: a suo parere, ai grandi progressi tecnologici non si sarebbero accompagnati adeguati confronti sul piano della ricerca storica, né in ambiti socio-antropologici e filosofici. Né l’Occidente conosce la tradizione, la storia, la cultura islamica in modo adeguato, né l’Islam conosce bene la tradizione dell’Occidente, se non per vaghe reminiscenze che lo vedono come terra di conquista. Una maggiore conoscenza reciproca potrebbe aiutare a meglio focalizzare i punti di convergenza e di divergenza.

VI
C’è un indubbio contrasto di memorie e di appartenenze: da noi si ignora la storia gloriosa della civiltà musulmana e dell’Impero ottomano, ricca di scienza, arte; dall’altro lato, si disconosce il ruolo dell’Europa così come si è venuta formando. Ci sono divergenze sui ruoli maschili e femminili. Sul modo di strutturare la società. Sulla visione del mondo: l’islam non accetta, scrive Dassetto, la tendenza occidentale a voler esportare in tutto il mondo il proprio modo di vedere, di essere. Gli stessi accadimenti possono essere interpretati e comunicati in modi diametralmente diversi, a partire da diverse tendenze alla globalizzazione. Eppure, ci possono essere affinità: ad es., con riguardo al mondo della materialità: anche da parte musulmana si apprezzano gli oggetti della modernità. Tra i grandi contrasti, la diversa concezione del rapporto tra religione e spazio pubblico. V. la complessa questione del velo, affrontata non sempre in modo adeguato in Occidente (A.M. Rivera). V. la richiesta di scuole islamiche ecc.

VII
Vanno bene, allora, le tante sperimentazioni che si fanno in Italia, con riguardo all’intercultura; vanno certamente seguiti con attenzione, su piano locale, i percorsi di accesso al welfare ecc. (E.Spinelli). Ma sarebbe un grave errore ridurre una materia così complessa ed ampia a politiche locali, lasciare che essa sia appannaggio della sola pedagogia e delle amministrazioni locali. E tra le scienze sociali, non ultima dovrebbe occuparsi di queste tematiche la sociologia della comunicazione:un fattore, quello della comunicazione, che riveste una grande importanza anche, se non soprattutto, in questi ambiti, oggi.