Venerdì, 20 Aprile 2007 05:14

È uscito il n. 57 di Religioni e Società

Scritto da  Gerardo

Con il titolo Religioni in Europa Occidentale e America Latina. Cattolicesimo, cattolicesimi e pluralismo religioso, vede la luce il numero 57 di Religioni e Società (gennaio - aprile 2007).
A cura di Verónica Roldán.

In attesa di terminare il restyling del sito della Rivista, proponiamo alla lettura l'editoriale di presentazione.

Presto, altri aggiornamenti. Stay tuned!

Editoriale, di Arnaldo Nesti

Con questo numero speciale Religioni e Società vuole celebrare, in base a quanto avevo preannunciato nel numero 54 di gennaio-aprile 2006 (p. 5), i suoi vent’anni di vita, richiamando l’attenzione su un tema di grande rilevanza come quello del confronto tra cattolicesimo latino-americano ed europeo. In altre pagine Verónica Roldán illustrerà l’articolazione dei diversi contributi come risultato del Programma di cooperazione accademica internazionale tra Europa e America Latina, ALFA (América Latina Formación Académica) dal titolo “Red Puertas: Pluralismo religioso, modernidad y alta modernidad en Europa occidental y América Latina”, come ulteriore segno della collaborazione fra Religioni e Società e la sezione di sociologia della religione dell’AIS.

Ho comunque l’opportunità di introdurre queste pagine richiamando l’attenzione sul continente latino-americano mentre mi trovo in Brasile, inserito in un progetto sociale in un villaggio di pescatori collegato al cattolicesimo sociale brasiliano (associazione Caiçara). Già un anno fa, commentando la situazione di questo continente, ebbi modo di soffermarmi sul caso Cicero Romão (1844-1934), che in un romanzo Amado non esita a definire «una sorta di profeta contadino, fanatico e pazzoide, che ebbe un periodo di vasta popolarità nel Sertão agli inizi del Novecento» (Vita e Miracolo di Tieta d’Agreste, p. 140). Mi trovo qui da alcuni giorni, dunque all’interno del Ceará, nel cuore del Nordest brasiliano. Ho l’opportunità di incontrarmi con Antonio Lopes de Lima, un «parroco di campagna» che mi consente, suo tramite, di scoprire aspetti del mondo cattolico dal di dentro a partire dalla vicenda della quotidianità.
Nato nel 1958 ad Aracati da genitori protestanti, Lopes è ordinato prete nel clima creativo di Medellin. Giovanissimo, entra a lavorare a Fortaleza al Banco do Brasil, mentre vive in una favela, compiendo così anche gli studi per poi essere ordinato prete (1986). Vive con molta intensità la stagione della teologia della liberazione, con un marcato impegno per i poveri. Sotto pressione di Manoel Diomedes de Carvalho di Aracati inizia la sua attività pastorale in tale località. Allo stesso tempo avvia un’intensa attività sindacale all’interno del mondo bancario. I primi anni di ministero sono contrassegnati anche da una decisa ‘sequela’ di Monsignor Romero, al punto di chiedere l’ingresso a San Salvador che tuttavia gli viene negato. Si decide a recarsi in una parrocchia del Nicaragua nella prima metà del 1989. I dirigenti sandinisti lo accolgono in un momento di grave scontro con i Contras, ma lo invitano a dedicare la sua opera al lavoro parrocchiale, adoperandosi nelle campagne a favore della popolazione civile e assistendo quanti avevano bisogno di aiuto. Al rientro in Brasile lo attende il lavoro pastorale a Icapuí. Parroco e funzionario di banca allo stesso tempo, si fa sostenitore delle lotte sociali, in particolare del Movimento dei Sem Terra conservando e rivivendo ancora oggi la passione dei tempi della lotta per la democrazia contro la dittatura. Mi impressiona ascoltarlo mentre canta le canzoni di resistenza e di impegno degli anni Settanta. Fra le moltissime canzoni, mi piace trascrivere A pesar de vocé (Nonostante te) di Chico Buarque de Hollanda. La sua composizione suggestiva e vigorosa rappresenta un grido contro il potere cui implacabilmente annuncia l’inesorabile sconfitta «Nonostante te»:

Domani sarà un altro giorno /oggi sei tu che comandi / hai stabilito, è deciso / non c’è discussione, no / la mia gente oggi va / parlando di lato / e guardando per terra, sai? / tu che hai inventato questo stato / che hai inventato di inventare / tutta l’oscurità / tu che hai inventato il peccato / ti sei dimenticato di inventare / il perdono / nonostante te, il domani /dovrà essere un altro giorno / … come riuscirai a proibire / al gallo di insistere a cantare / all’acqua nuova di sgorgare / alle persone di amarsi / … tu che hai inventato la tristezza / adesso abbi la finezza di / disinventarla / tu pagherai il doppio / ogni lacrima versata / in questo mio penare … nonostante te, il domani / dovrà essere un altro giorno / ti toccherà vedere / il mattino rinascere / e abbondare di poesia … nonostante te il domani / dovrà essere un altro giorno …


La passione contro la dittatura e per una emancipazione del popolo lo avvicina al movimento di Lula, Partito dei Lavoratori (PT), ma con gli anni si colloca su posizioni minoritarie. Fondamentale tuttavia resta il suo lavoro di parroco che si muove sulle orme dei grandi padri conciliari fedeli al rinnovamento di Medellin: sulla scia di Helder Camara, di Thomas Balduino, per non dire di Pedro Casaldaliga. Vicino ad Aracati, segnalata sulle guide turistiche per il suo carnevale sulla strada verso il Rio Grande do Norte, oggi si trova Icapuí in Diocesi di Limoeiro do Norte, un centro di sempre maggiore interesse turistico. Icapuí ha 24mila abitanti; di questi 4mila appartengono a gruppi evangelici, in particolare ai seguaci delle Assemblee di Dio. L’attuale prefetto Irmão Edilson, del resto, è un pastore di quella chiesa. La grande maggioranza della popolazione è cattolica, ma la sua appartenenza ha un carattere socio-culturale che è erede del cristianesimo coloniale portoghese, con l’ancoraggio ai grandi riti della vita: il battesimo, il matrimonio, i funerali. Conversando con il proprietario di un bar di un vicino villaggio di pescatori, Tremembé, mi si dice come sia importante, nell’anno, la Settimana Santa. È il tempo in cui si beve vino di don Bosco e Padre Cicero, e guardando fra le bottiglie esposte nel suo bar f igura con particolare rilievo la statua del profeta di Juazeiro do Norte, che si trova accanto a un’altra statua, quella di San Francesco. Da qualche tempo però è in rotta con il parroco Lopes, per la sua azione volta a tutelare il mare contro le persistenti manipolazioni dovute alla pesca dell’aragosta, per l’immissione di una grande quantità di fusti di latta nel mare.

Dunque negli ultimi vent’anni la partecipazione alla vita cattolica della parrocchia non è molto alta, però è aumentata rispetto alle 12 persone che il parroco si trovò di fronte al momento del suo ingresso. Una vecchia signora centenaria che lo vedeva scoraggiato gli ripeteva che la situazione da decenni era stata sempre così. «Oggi –mi riferisce padre Lopes– oltre 200 persone, a maggioranza giovani, riempiono la chiesa la domenica. Poi partecipano in modo saltuario alle diverse messe che si celebrano nelle cappelle dislocate sul vastissimo territorio della parrocchia». Il baricentro dell’azione pastorale è tuttavia costituito dai 40 gruppi (8-20 persone ciascuno) sparsi sul territorio. Questi formano l’ossatura della chiesa militante. I più sono fruitori della sacramentalizzazione, secondo gli usi della tradizione. Il battesimo è il gesto che fonda soprattutto la conformità alle regole della gente comune. Guai a fare osservazioni sui figli nati da un rapporto irregolare. Lo scontro con l’assessore della prefettura per escluderlo a fare il padrino mette a dura prova. Tradizionalmente i matrimoni nascevano in chiesa, ma negli ultimi decenni sono molte le convivenze: il 70% delle coppie si sposa per battezzare i figli. Altro momento centrale è quello dei funerali. Anche quando non si possono fare i funerali con la presenza del sacerdote è molto frequentata la messa in die septimo o in altra data per ricordare il defunto. La presenza alla messa per la morte di una persona vede, in genere, una forte partecipazione, addirittura più alta di quella riservata alla messa di Natale. Molte volte al funerale capita di vedere la presenza simultanea del parroco e quella del pastore che, negli ultimi tempi, in qualità di sindaco interviene con un tono emotivo e moralistico secondo lo stile pentecostale. Non di rado la richiesta dei riti di benedizione mette a dura prova l’azione del parroco. C’è stato addirittura chi ha fatto ricorso alle armi per pretendere il rito richiesto. A contatto con padre Lopes ho quindi modo di cogliere quanto sia articolata l’azione pastorale all’interno della parrocchia e di vedere che questa non può essere letta esclusivamente sulla base dell’influenza di gruppi a carattere carismatico, animati da preti cantanti sul tipo di padre Marcello Rossi. Quale sarà il futuro della chiesa in questi luoghi caratterizzati dal basso livello di sviluppo sociale e dalla povertà? Padre Lopes è cosciente del travaglio del momento. «I profeti –mi dice Lopes– se afastaram, ma non è venuto meno l’impegno a carattere socio-politico. Negli ultimi anni, dopo l’incontro con padre Mosconi, ha privilegiato la pastorale missionaria, ma sembra esitare fra un esclusivo impegno parrocchiale e un forte impegno a carattere sociale, specialmente per la promozione dei Sem Terra nel quadro della riforma agraria.
Di grande interesse è il dossier sulla drammaticità del rinvio della riforma agraria (cfr. Reforma Agraria quando? CPI mostra as causas da luta pela terra no Brasil, prefacio de F. Konder Comparato, Senado Federal, Brasilia 2006). Conversando nella sua casa parrocchiale, la mia attenzione è attratta dalla quantità di manifesti che sono esposti in una sala, vero museo delle lotte sociali e politiche di questi anni. Accanto a Helder Camara campeggia il volto di Che Guevara. In particolare i suoi occhi sono fissi su figure di vescovi come Pedro Casaldaliga. Gli chiedo quale sarà il futuro della Chiesa e glielo chiedo all’indomani della riaffermata elezione del Presidente Lula. Lopes mi guarda dubbioso e mi rammenta la questione dell’Amazzonia, sulla quale in questa Quaresima si intraprenderà una campagna speciale, intitolata Vida e missão neste chão. Mi regala un recente libro di don Pedro Casaldaliga, Cartas marcadas (edizioni San Paolo, 2005). Nella dedica mi scrive: «è il libro di un grande santo». Raccoglie scritti del prelato di São Felix de Araguiaia, nel pieno Sertão dell’Amazzonia legale. È un’analisi critica della realtà contrassegnata dalla sua sollecitudine ecclesiale di vescovo, ma sempre orientata nella prospettiva prioritaria del Regno. In una lettera a Papa Wojtyla del 1988, presentando la sua opera di vescovo, gli riferiva che il servizio telefonico gli era stato installato solo di recente e che il suo isolamento continuava ad essere forte a causa delle piogge e delle inondazioni che interrompono le strade. La zona è un’area di latifondi nazionali e internazionali, con persone che vivono frequentemente in un regime di violenza e di semi-schiavitù. Nonostante le minacce e le violenze di questi anni, l’occupazione del vescovo è stata «Servire il Regno di Dio servendo l’umanità, con al centro l’opzione per i poveri». Casaldaliga fa una denuncia sistematica dell’iniquità del neoliberismo come mercato totale, sistema di esclusione, idolatria del lucro, dell’ecocidio senza controllo. È per il dialogo effettivo delle diverse culture e al loro interno delle diverse religioni ed etnie, per la complementarietà e l’uguaglianza dei diritti e dei doveri. A suo avviso è necessaria una riforma della Chiesa e delle sue strutture di potere, di ministero e di formulazione dottrinale che faccia della collegialità un esercizio decentralizzato, che incontri una forma di esercizio diverso del papato e che rinnovi efficacemente l’attuale sistema di nomina dei vescovi, il quale produce tanto disagio nella Chiesa, passando da un ecumenismo di intenzioni e di discorsi a un mutuo riconoscimento delle chiese come Chiesa una e plurale di Gesù. È per il riconoscimento nell’uguaglianza del battesimo e per il servizio del Regno come popolo di Dio in Gesù, che renda effettiva l’uguaglianza delle donne nella partecipazione a tutti i ministeri e a tutti i posti decisionali. Questi sono solo alcuni degli impegni proposti in queste pagine.

Sto guardando il mio parroco amico di Icapuí, e vedo nei suoi occhi vivi un movimento di consenso. La chiesa del futuro passa attraverso queste sfide. Mi pare di trovare conferma nel rito cerimoniale che compie a saluto del soggiorno a Tremembé «l’abbraccio al mare». È una rinnovata pagina francescana che rivendica l’impegno dell’uomo con ogni creatura e quindi con le acque, con il vento, con il sole e il mare.
È l’impegno dentro la storia. «Não nos despedimos. Seguiremos unidos, na paz militante do Reino», mi sottolinea Lopes salutandomi.


È un dovere e un onore ricordare in questo numero la figura di Luciano Martini, un amico, un importante collaboratore di Religioni e Società nel corso degli anni. Di lui pubblichiamo l’ultimo importante intervento, fatto nelle giornate di Peccioli dedicate a padre Antonio Lupi, che non giunse effettivamente alla redazione dei Quaderni Pecciolesi per il numero 7, dal titolo “Padre Antonio Lupi (Peccioli 1918 – Goiania 1977) un domenicano nel mondo”. L’intervento di Luciano in qualche modo ha il valore di un testamento.
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