Ribellarsi ai clan oppure no? Gomorra non è un destino
di Domenico Pizzuti
Il senso della visita della Ministra Meloni ad alcune realtà giovanili dei quartieri Spagnoli ed a Scampia, pur davanti a rabbia e delusioni diffuse, è stato sintetizzato nell’invito ai giovani “Ribellatevi ai clan!” (Corriere del Mezzogiorno, 19/11/2008, pag. 2). Nello stesso tempo, i risultati del questionario anticamorra 2008 su un campione di 6.500 giovani di Napoli e dintorni, presentato a Napoli dall’Associazione studenti napoletani contro la camorra - al di là della rappresentatività dell’universo giovanile che induce a qualche cautela - offriva uno spaccato da una parte di intenzioni di fuga dalla realtà napoletana secondo un 40% dei giovani intervistati, dall’altro della convinzione secondo il 30% che la camorra non si possa sconfiggere. Ma anche, secondo un 40% che la camorra presenta aspetti positivi: secondo il 15% <
L’invito alla resistenza ed alla ribellione nei confronti della criminalità organizzata detta “camorra” da parte di rappresentanti dello Stato è sacrosanto, come pure quello dell’Arcivescovo di Napoli ad una <
L’attenzione si concentra su un opinione certo minoritaria tra i giovani in merito ad una presunta imbattibilità della camorra, che manifesta un radicamento, un’ incombenza, un potere, ed una presa sulle mentalità dei giovani nelle realtà locali di appartenenza che non sollecita certo una resistenza e ribellione nei confronti dei clan. Valorosi magistrati come Roberti e Cantone hanno richiamato anche recentemente la capacità di consenso sociale della camorra, come fanno intravedere alcuni risultati dello stesso questionario anticamorra su presunte “funzioni sociali” della camorra, che viene così a configurarsi come anti-Stato. Prima di riflettere sulla chiarificazione dell’azione di contrasto nei confronti della galassia della criminalità organizzata campan, combattere o sconfiggere la camorra secondo un dilemma manifestato dallo stesso ministro Maroni, a nostro avviso, occorre portare l’attenzione sul tessuto sociale di tante cittadine della provincia di Napoli e Caserta dove l’attività economica presenta già tassi elevati di irregolarità, quando non di compartecipazione ad attività illegali, semilegali, o apparentemente “legali”. Ed insieme di complicità da parte di burocrazie delle amministrazioni locali, sciolte per infiltrazioni camoristiche. E’ a questo livello di criminalità organizzata di stampo mafiosa nelle realtà delle provincie campane che occorre promuovere non solo un’azione di contrasto da parte delle forze dell’ordine e dell’esercito. Ma di risanamento economico e sociale a partire dal decoro urbano di fronte ad un disordine urbanistico che è anche etico, dalle politiche giovanili per il lavoro ed il tempo libero, dalla scuola a tempo pieno e così via, ad opera non solo dello Stato centrale, ma di Comuni, provincie e Regione che amministrano il territorio e le loro comunità. E sono avamposti dello Stato.
Insieme a queste politiche occorrono “imprenditori morali” credibili per mobilitare le popolazioni alla resistenza sconfiggendo violenza, paura, sfiducia, rassegnazione diffuse e suscitare energie per costruire solidarmente comunità più sicure e vivibili. Con la convinzione e la speranza che Gomorra non è destino per Napoli e la Campania, ma una sfida per comunità libere e civili.
Napoli, 20 novembre 2008