Giovedì, 07 Maggio 2009 13:01

Napoli: sinistra e cattolici per ricominciare

Scritto da  Gerardo

Da Domenico Pizzuti riceviamo e diffondiamo la sintesi di un intervento al dibattito pubblico svoltosi a Napoli su "Napoli: sinistra e cattolici per ricominciare".
Lo puoi leggere nel seguito.



NAPOLI: SINISTRA E CATTOLICI PER RICOMINCIARE
Domenico Pizzuti



Napoli per ricominciare…. È una sfida, una promessa, un impegno ed una responsabilità che ci coinvolge per uscire alla luce del sole dal tunnel metaforicamente attraversato nella conversazione metropolitana con Lucio Pirillo Anno zero, a cura di C. Castiglione, contributo alla storia di Napoli sotto il profilo del rapporto di cattolici e politica in questa città secondo l’esperienza narrata in questo volume.

Sinistra e cattolici sono due forze in campo che possono cooperare sulla base di alcune affinità elettive da chiarire e rinsaldare alla luce anche di esperienze passate. Tuttavia, sinistra e cattolici genericamente evocate sono di fatto – come i partecipanti a questo dibattito – determinate subculture politiche nell’ambito della sinistra frammentata e del variegato “mondo cattolico”. Da una parte un “Associazione per il rinnovamento della sinistra” che intende operare per un rinnovamento complessivo ed unificante del campo delle forze della sinistra alla luce di un patrimonio culturale e politico da aggiornare nelle analisi e nelle proposte come pure nel linguaggio, dall’altra gruppi di cattolici democratici o sociali, una specie non estinta, che esce nuovamente alla luce nutrita da un patrimonio etico-sociale e religioso che fa riferimento all’ispirazione del Concilio Vaticano secondo e ad una fede che si fa storia anche a Napoli. Il ponte tra queste subculture politiche di militanti nella sinistra e nell’area cattolica è certo rappresentato dalla lotta alle disuguaglianze sociali che, secondo l’insegnamento di N. Bobbio, costituisce il discrimine tra la c.d. “destra” e “sinistra”, e ad una società immobile nelle stratificazioni sociali come quella napoletana che non verifica mobilità sociale tra i gruppi come nelle società sviluppate. Disuguaglianza sociale stratificata e ammessa dagli stessi soggetti meno privilegiati per una complicità indotta tra dominanti e dominati, che fa problema alle stesse coscienze religiose che si interrogano su di esse con un atteggiamento non passivo e rientra nel campo della “Teodicea”. Si può evocare in merito una formula fortunata dei Forum sociali mondiali “Un nuovo mondo è possibile” pure a Napoli, se si mette in campo una “biopolitica” che promuova la vita in tutte le sue dimensioni sia personali che comunitarie, secondo una visione non puritana ma olistica della vita.

Per un nuovo cominciamento di un’azione politica efficace anche nella nostra città, a nostro avviso, si richiede prioritariamente una "full immersion" a) nei problemi e nelle attese degli strati meno privilegiati socialmente e culturalmente della società locale, preda delle spinte consumistiche e mediatiche. Cioè nelle tematiche e domande quotidiane dell’esistenza contemporanea; b) in una riflessione culturale e politica sulla società del XXI secolo e ovviamente sulle trasformazioni e sullo stato della società napoletana, secondo gli studi recenti sulla modernità e postmodernità, e sulla globalizzazione. Il problema a nostro avviso è quello già a suo tempo segnalato da A. Gramsci dell’egemonia culturale sulle masse, tenendo conto dopo la fine del sociale - secondo A. Touraine - di un nuovo paradigma fondato sul soggetto e sui “diritti culturali” dove le donne e le minoranze schiacciate possano ricoprire il ruolo sociale che spetta loro. In tal modo, prima di ricostruire o costituire una nuova classe dirigente, si tratta di conquistare un pensiero che sia dirigente nella e per la società perché si fa carico di “parlare” ai cittadini. Il problema in questa prospettiva è quella del “linguaggio” che si rivolga alle persone di oggi plasmate dalla cultura berlusconiana ma non solo dei media, specialmente agli strati medio-bassi con i loro modelli e stili di vita omologati. Più in generale, tenendo conto dell’emergere delle individualità e soggettività, di nuovi stili di vita improntati all’espressività ed all’affermazione estetizzante di sé. Il problema non è solo quello del “consenso” mediatico a programmi e proposte, ma di convincimento e adesione da parte dei cittadini per una politica della vita.

In fondo è una questione squisitamente antropologica, che riponga al centro dell’universo – cioè della costruzione economica e sociale umana – l’uomo, ogni uomo con i suoi bisogni e diritti. Forse si può parlare di una “riforma” della visione dell’uomo, cioè antropologica, per la sua affermazione nella vita delle persone.

Non è una postilla per le forze politiche rammentare l’esigenza di un radicamento sul territorio, anche per ridare fiato a modalità di partecipazione popolare, al protagonismo di donne, giovani e uomini nella gestione “politica” della loro vita. Napoli in particolare richiede una carica che liberi e coaguli energie, cioè capitale sociale, per una crescita e sviluppo sociale e civile. O, se si vuole, un’etica sociale condivisa che diventi ethos collettivo per una vita libera, fraterna e responsabile. Sul piano dell’ispirazione, soccorre la seconda parte del Magnificat di Maria che disegna nella storia della salvezza l’abbassamento dell’arroganza dei primi e l’innalzamento degli ultimi della platea sociale.

Napoli, 6 maggio 2009

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