Martedì, 24 Agosto 2010 11:20

International Summer School on Religions. L'intervento di Renzo Guolo

Scritto da  Gerardo

XVII International Summer School on Religions: Etica pubblica e religioni
San Gimignano (Siena), Sala Tamagni, 26-30 agosto 2010
Nel seguito, a modo di introduzione all'intervento Etica pubblica, diritto e minoranze religiose (Renzo Guolo), si può leggere uno stralcio di intervista e la scheda del suo autore.
Questo intervento è in programma nella sessione mattutina di domenica 29 agosto.
Da qui, puoi leggere o scaricare la versione PDF del programma completo.

Quale etica pubblica per l’Islam europeo?
Renzo Guolo, Università di Padova

Riproduciamo parte di una intervista di Renzo Guolo uscita sul web in www.internetica.it in occasione dell’uscita del suo libro “Xenofobi e xenofili. Gli italiani e l’islam”, Laterza, Bari, 2003

L'islam d'Italia, sotto la sua apparente monoliticità, è una realtà multiforme e divisa. Che a sua volta divide l'Italia, incapace di proporre un modello efficace di integrazione per i settecentomila musulmani che hanno messo radici nel Paese. Renzo Guolo, docente di sociologia e di sociologia della religione all'università di Trieste e grande conoscitore di questa realtà, con il suo ultimo libro «Xenofobi e xenofili» descrive in maniera efficace gli atteggiamenti degli italiani di fronte all'islam di casa nostra, mettendo in evidenza che dietro l'incapacità di governare il fenomeno sta una coscienza debole di cosa significhi essere una nazione.
Per rispondere alla sfida dell'immigrazione, e in particolare dell'islam che ha messo radici in Europa, la Francia ha scelto la strada dell'assimilazione all'insegna della laicità dello Stato, la Gran Bretagna quella del pluralismo che riconosce le differenze culturali, la Spagna sta sperimentando un modello di tipo concordatario. E l'Italia che fa?
«Finora ha scelto di non scegliere, lasciando andare pericolosamente alla deriva un pezzo di società che sta vivendo una stagione di grande fermento. Nella comunità islamica, accanto a una "maggioranza silenziosa" che pratica la fede a livello individuale e familiare ed è poco interessata alle sue espressioni pubbliche e politiche, c'è una "minoranza intensa" di ispirazione fondamentalista che rivendica la presenza islamica sulla scena pubblica ed egemonizza il cosiddetto "islam organizzato", costituito da associazioni, moschee e sale di preghiera. All'interno di questa minoranza intensa si muove poi una realtà di piccoli gruppi radicali che agiscono mimetizzandosi nella rete delle moschee, arruolando fratelli disponibili a combattere il jihad e talvolta creando appoggi logistici per i combattenti. Le leadership che costituiscono la minoranza intensa cercano di mantenere una certa separazione dalla società italiana nel tentativo di impedire contaminazioni con un contesto culturale ritenuto "empio", e lavorano per la "re-islamizzazione" dell'intera comunità».
Se la minoranza intensa prevale sulla maggioranza silenziosa, non c'è il rischio che in questo modo si creino dei ghetti islamici nelle nostre città?
«Proprio così: tanto più un gruppo è dis-integrato, esterno alla società, tanto meno funzionano il controllo sociale e la prevenzione. Bisogna evitare la politicizzazione in senso islamista della comunità musulmana che vive in Italia, in cui si rischia di precipitare a causa del duplice e convergente rifiuto dell'integrazione da parte sia di molte componenti della società italiana sia delle leadership islamiste, decise entrambe a coltivare un ideale di separatezza. In questo modo il nostro Paese rischia di trasformarsi in una sorta di Italianistan, costruito da una comunità non comunicante e potenzialmente conflittuale».
Come superare questa impasse?
«Ci vuole il coraggio di proporre un patto di cittadinanza, uno scambio che prevede il riconoscimento pubblico delle diversità compatibili con l'ordinamento giuridico, in cambio dell'adesione piena ai valori civili iscritti nella Costituzione. Non ci possono essere deroghe - magari in nome di un multi-culturalismo che enfatizza il rispetto delle differenze - al rispetto di principi che fondano i nostri codici giuridici come la democrazia, la libertà religiosa, la parità uomo-donna. Ma ciò implica da parte nostra un sentire comune, una chiarezza sull'identità nazionale che invece mi sembra vacillante e confusa. Come possiamo proporre un modello ai musulmani se non siamo certi di ciò che fonda il nostro passato e il nostro presente?».
Che ne pensa della proposta avanzata tempo fa da Pisanu, di dare vita a un patto con l'islam moderato per favorire l'integrazione dei musulmani?
«Quella indicata dal ministro dell'Interno è la strada giusta, ma c'è il rischio che alle dichiarazioni di principio non segua un confronto serrato che acceleri un processo di integrazione finora troppo incerto e contraddittorio. E poi c'è da sciogliere il nodo della rappresentanza, particolarmente intricato in una religione senza gerarchia: chi rappresenta l'islam in Italia? Chi sono i moderati con cui si dovrebbe trattare? Da noi come in altri Paesi europei le reti associative e i luoghi di culto sono in mano ai fondamentalisti e c'è il pericolo che lo Stato, interloquendo con loro come espressione istituzionale, privilegi proprio le "minoranze intense" votate più alla separatezza che all'integrazione. Per questo si deve favorire un dibattito interno ai musulmani perché possano nascere leadership alternative».
Quali sono i terreni sui quali è possibile costruire più facilmente una strategia di integrazione?
«A livello politico l'integrazione funziona se riesce a produrre un certo grado di lealtà degli immigrati nei confronti dello Stato, e questo implica che alla base dello scambio ci sia, come contropartita, la concessione della cittadinanza. L'Italia è rimasto ormai l'unico grande Paese europeo a fondare la cittadinanza sul diritto di sangue: si è italiani per discendenza e non per condivisione dei principi costituzionali. Credo che quanto più i musulmani immigrati nel nostro Paese saranno musulmani italiani, tanto più sarà possibile per loro acquisire una cultura rispettosa della democrazia e tanto più potrà aumentare la loro lealtà nazionale. C'è inoltre un livello culturale dell'integrazione, in cui la scuola gioca un ruolo fondamentale. Gli studenti musulmani sono 60mila, il 40% della popolazione straniera tra i banchi, tra 15 anni saranno circa 200mila. È soprattutto con loro che si gioca la scommessa di una generazione che conosca e apprezzi la società in cui vive. I docenti invece devono fare i conti con direttive che troppo spesso si limitano alle enunciazioni di principio. Tra i nostri insegnanti manca personale con competenza specifica, i corsi di formazione sono una rarità. Insomma, anche con l'islam si vive all'italiana».


Renzo Guolo è professore di Sociologia dei processi culturali presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Padova. Tra i suoi principali interessi di ricerca: la sociologia dell'Islam; i modelli di integrazione culturale nelle società contemporanee; conflitto e integrazione nelle società multiculturali. Tra le sue recenti pubblicazioni: Identità e paura: gli italiani e gli immigrati, Forum, 2010; Potere e responsabilità, Guerini, 2009 (con A. Caffarena), Generazione del fronte, Guerini, 2008; La via dell’Imam. ( Laterza, 2007); L’islam è compatibile con la democrazia?, (Laterza, 2007). È editorialista del quotidiano “la Repubblica”.


La realizzazione della Summer School è stata possibile grazie alla collaborazione del Convento di S. Agostino di San Gimignano e in particolare del Priore Padre Brian Lowery.

Segreteria CISRECO Giuseppe Picone
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