A ridosso del secondo turno delle
elezioni presidenziali in Brasile, che si terrà
domenica 31 ottobre e vedrà il ballottaggio tra i
candidati Dilma Rousseff e Josè Serra, proponiamo questo interessante
articolo di Jean-Pierre Langellier apparso su
Le Monde (27 ottobre, traduzione: www.finesettimana.org).
Brasile: quando la religione interferisce con le elezioni presidenziali
di Jean-Pierre Langellier
in “Le Monde” del 27 ottobre 2010 (traduzione: www.finesettimana.org)
La campagna di alcuni ambienti cristiani conservatori contro la candidata all'elezione presidenziale del partito al potere, Dilma Rousseff (che avrà come avversario al secondo turno, il 31 ottobre, il candidato socialdemocratico José Serra), accusata di voler legalizzare l'aborto, mette in evidenza la forte influenza politica delle Chiese in Brasile. Nel paese più cattolico del mondo – 155 milioni di fedeli – i rapporti stretti tra politica e religione risalgono al primo giorno della sua scoperta (1500), alla prima croce piantata sul suo suolo, secondo l'uso portoghese, mentre veniva detta la prima messa. Spada e acqua santa mescolate, al servizio della colonia, dell'Impero (1808) divenuto indipendente (1822), poi della Repubblica (1889).
Nella sua prima Costituzione repubblicana (1891), ispirata al positivismo, il Brasile proclama, quattordici anni prima della Francia, la separazione di Chiesa e Stato. La Chiesa è allora spogliata di numerosi privilegi, in particolare dell'attribuzione di finanziamento pubblico alle sue scuole e ai suoi ospedali. Li recupererà nel 1934, dopo un lobbying intenso, sotto il regno del presidente Getulio Vargas.
Il Brasile è oggi uno Stato laico, in cui la potenza della religiosità popolare autorizza la Chiesa, alle scadenze elettorali, a riaffermare i suoi valori e i suoi tabù – in particolare l'interruzione di gravidanza – intervenendo se necessario nel dibattito pubblico. Ma la Chiesa cattolica continua ad avere al suo interno delle correnti politicamente diverse. Una di queste correnti resta fedele alla “teologia della liberazione” che voleva essere una analisi della “forza storica dei poveri” a partire da una rilettura dei testi biblici nelle “comunità ecclesiali di base”, luoghi di educazione popolare, di catechesi e di resistenza. Il presidente Luiz Inacio Lula da Silva ha forgiato il suo partito dei lavoratori (PT) ed il proprio destino politico in questa famiglia dei cattolici di sinistra. L'emergere, alla metà del XX secolo, poi l'esplosione, delle Chiese pentecostali, in maggioranza conservatrici, hanno alimentato una escalation a destra in ambito di morale sessuale. Riunite in 23 gruppi diversi, le Chiese evangeliche hanno fatto del Brasile il maggior paese pentecostale dopo gli Stati Uniti. Rappresenterebbero il 20% della popolazione, ossia circa 40 milioni di credenti. Uniscono ad un antico devozionalismo protestante, fondato sulle pratiche di guarigione e di esorcismo, una modernità religiosa che mette al primo posto il fervore e l'aspetto affettivo. Apparso negli anni '80, il neopentecostalismo sostiene un'ideologia di successo sociale battezzata “teologia della prosperità”, dove i pastori, spesso autoproclamati, promettono una “felicità immediata” alle masse prive di beni di consumo e invitate ad acquisirli per mezzo di miracoli da compiere.
Questo materialismo a oltranza autorizza tutti gli abusi. Ad esempio:la Chiesa universale del regno di Dio garantisce ai suoi fedeli l'apertura a loro favore “delle porte del Cielo”. A condizione che abbiano, prima, e per anni, arricchito il tesoro di Dio versando alla Chiesa il decimo del loro reddito. Risultato: “l'Universale” è diventata un impero mediatico e finanziario, il cui capo, “il vescovo” Edir Macedo, è accusato di associazione a delinquere e di riciclaggio di denaro. Ciò non toglie: le nuove Chiese portano spesso una risposta calorosa e fraterna alle famiglie che pagano la loro “decima”. Là dove regna la povertà, la violenza, la prostituzione e la droga, dove lo stato, troppo assente, non svolge il suo ruolo in materia di sanità e di istruzione, esse realizzano una rete di aiuto reciproco comunitaristico che offre una certa protezione basata sulla fiducia. Offrono servizi, attività ludiche, amicizie, contatti per un eventuale lavoro. In cambio, diffondono le loro indicazioni di voto, più o meno precise. Perfino la “decima”, sottolinea il politologo Cesar Romero Jacob, svolge un ruolo di integrazione tra i poveri che non sono tenuti a pagare le tasse: “Si sentono cittadini da qualche parte”.
Uno studio della Fondazione Getulio Vargas ha “disegnato” una “geografia della religione” in Brasile: la spinta evangelica si manifesta soprattutto nelle periferie popolari delle grandi città. Là dove la povertà è diminuita, grazie agli interventi sociali messi in atto dal governo Lula, la Chiesa cattolica ha riguadagnato terreno. Il presidente Lula ricorda volentieri che gli evangelici lo hanno a lungo “demonizzato”: “Dicevano che avrei fatto chiudere le chiese e cambiato il colore della bandiera nazionale”. Nel 2002, finalmente dato per favorito, ha teso la mano alla “Universale”, pronta a correre in aiuto della vittoria e che, da allora, lo ha sempre sostenuto.
Quest'anno, il gruppo parlamentare evangelico è cresciuto del 50%: 63 deputati e 3 senatori sono stati eletti il 3 ottobre. Appartengono a 14 partiti. La loro priorità per il 2011? Opporsi ad un eventuale progetto che depenalizzi l'aborto. Un testo di legge molto improbabile, quale che sia il risultato dell'elezione presidenziale. Non solo Dilma Rousseff e Serra hanno escluso l'idea di legalizzare l'aborto, ma non osano neppure difendere apertamente lo statu quo, che autorizza l'aborto in caso di stupro e di minaccia per la vita della madre. Preferiscono esaltare “il diritto alla vita”, lo slogan passe-partout mutuato dai partiti cristiani.