Per la giornata di studio
La Toscana nella costruzione dell'identità nazionale. Religiosità e mondo contadino, in occasione della
Festa della Toscana 2010, presentiamo il testo dell'
intervento di Gianna Coppini.
San Gimignano (Siena), Sala Tamagni, Via San Giovanni 38,
26 novembre 2010
Gianna Coppini: Vita di fattoria. La scuola di Buonriposo come sperimentazione didattica*
La mia lunga esperienza di insegnante si è sviluppata a partire dagli anni 70 (mi sono laureata in Lettere Moderne a Firenze nell'aprile del ' 71), prima alla scuola media di Sovicille, nel corso degli anni scolastici 1971-72 e 72-73, poi alla scuola media di San Gimignano, dove ho insegnato ininterrottamente dal 1973-74 al 92-93, ed infine all'Istituto San Giovanni Bosco (l'influenza salesiana non deve essere stata vana), dove sono stata prima ad insegnare nel Liceo Linguistico, poi nello Psico-pedagogico fino alla fine dell'anno scolastico 2002-2003. Sicuramente l'anno della mia quarta elementare, di cui parlo nel libro "Fattoria Settefonti"e che ho passato nella pluriclasse di Buonriposo, nella campagna a nord-ovest di San Gimignano, con la maestra Mecheri, ha avuto un ruolo e un'importanza fondamentale per la mia formazione di bambina, di donna, di insegnante e, soprattutto, di persona. Eppure era una piccola scuola di campagna, con una grande unica classe, dove facevano lezione una ventina di alunni, maschi e femmine insieme, che si alternavano al mattino o al pomeriggio, divisi in due gruppi: prima, seconda,terza elementare (c'era da superare un esame alla fine della terza classe) e quarta e quinta elementare. La maestra, che era una signorina attempata, viveva durante l'anno scolastico da sola al primo piano dell'edificio, dove aveva un piccolo appartamento tutto per lei. Tornava in paese, che distava circa 7 chilometri dalla scuola, solo nel periodo delle vacanze estive e per Natale e per Pasqua. A Firenze, dove avevo fatto la seconda e la terza elementare, nella scuola di Badia a Ripoli, la classe non era mista e non esistevano pluriclassi. Queste furono, all'inizio, le cose che mi colpirono di più, insieme al fatto che avevo cambiato la maestra e che ero passata da una grande scuola di città (un po' aristocratica, gestita da suore) ad una piccola scuola di campagna. Ma perché questo cambiamento, anche se piuttosto drastico, ebbe tanta importanza per la mia impostazione e per le mie scelte future? Cercherò di spiegarlo, anche se non sarà semplice farlo in poche righe, visto che certe connessioni mi appaiono abbastanza evidenti solo ora, che sono ormai "diversamente giovane" e in un periodo così difficile, problematico e, in certo qual modo, di regresso della nostra scuola. La pluriclasse che avevo in quegli anni (1955-56)sperimentato mi servì come spunto di riflessione e di rielaborazione quando iniziai ad insegnare nella scuola media di San Gimignano. Infatti i due anni trascorsi a Sovicille (71-72 e 72-73) mi furono utili soltanto come palestra per instaurare giusti rapporti con i miei primi allievi, tutti ragazzi che vivevano in una realtà di campagna, in situazioni di grande demotivazione culturale, ma molto ricchi nel dare e bisognosi di ricevere, per quel che riguardava i rapporti umani. Avevo allora come preside un professore ebreo, senese, di cui sfortunatamente non ricordo il nome, forse Lattes (degnissima persona) e come vicepreside la professoressa Teresa Nuti (questo era il cognome che usava ma, come si faceva allora per le insegnanti sposate, era il cognome del marito, professor Nuti, che, mi sembra, insegnasse o fosse preside al liceo classico di Siena Dunque nel '73-'74 arrivai alla scuola media di San Gimignano dove, fino all'anno precedente, era stato preside il professor Mario Serchi, che aveva iniziato l'esperienza del doposcuola, pensata soprattutto per quei ragazzi di campagna che avevano particolare bisogno di sostegno Con me, in quell'anno, arrivò alla presidenza di San Gimignano la professoressa Iole Vichi Imberciadori, donna molto energica, preparata e capace ma, soprattutto, pronta a cogliere tutti i germi di cambiamento che si respiravano allora nell'aria. Cominciò così la prima sperimentazione del tempo pieno che, con evidenti, ma abbastanza normali, difficoltà iniziali ( veniva chiamata, anche da alcuni insegnanti del tempo normale, la "scuola dei ciuchi")prese il via proprio in quell'anno. Ho così motivo per ritornare con la mente alla mia pluriclasse perché la maestra, che era sola con ragazzi di diverse età e situazioni, si faceva aiutare dagli alunni più bravi, anche di classi inferiori, per poter seguire meglio, soprattutto nel recupero dei compiti che normalmente non facevano, i figli dei contadini o dei pastori che, tornati a casa, dovevano aiutare i genitori e i nonni negli stagionali lavori dei campi, delle stalle e degli ovili. La maestra Mecheri aveva infatti capito bene che questa collaborazione, avvenuta sotto la sua supervisione, aiutava sia gli alunni più bravi che quelli meno motivati i quali, però, sapevano tante cose più degli altri quando si parlava di scienze, soprattutto di piante ed animali. Così nessuno si sentiva superiore agli altri, e la collaborazione tra alunni era proficua e divertente. Questo spunto, insieme a molte altre motivazioni, portò, dopo discussioni e programmazioni da parte degli insegnanti del T.P. che duravano a volte anche dopo cena, alla scoperta di un metodo di recupero e di potenziamento delle capacità dei singoli, che non solo consentì un innalzamento del livello di preparazione dei ragazzi del tempo pieno che, nei gruppi aperti a classi di età diversa, riuscivano a trovare possibilità per emergere e per prendere fiducia, o che venivano valorizzati nelle capacità che già possedevano, ma fece anche scomparire l'appellativo di "classi dei ciuchi" che dava noia a molti e portò la nostra sperimentazione sulle pagine di diverse riviste specializzate e ci pose, allora, all'attenzione di molte altre scuole italiane, e non solo, che venivano a studiare il nostro modello di scuola. Nel susseguirsi della sperimentazioni e degli anni, anche a livello ministeriale, si passò dal tempo pieno (metà anni 70) al tempo prolungato(anni 80) ma, da noi, non cambiò molto il senso del discorso intrapreso. Infatti, pur partendo dal principio della valorizzazione degli ultimi, ottenuta soprattutto nella valorizzazione delle loro capacità concrete all'interno dei gruppi di lavoro che si svolgevano a classi aperte e con alunni di età diverse e di sesso diverso, cercammo anche di potenziare e valorizzare le possibilità di coloro che già avevano acquisito quei livelli che avrebbero consentito loro di affrontare senza difficoltà qualsiasi scelta nella scuola superiore. Grazie alla valorizzazione dei talenti e al potenziamento delle capacità, ritenemmo già da allora indispensabile un lavoro di orientamento strutturato (che divenne poi un pilastro degli anni 90) che consentisse a ciascuno di mettere a frutto nella giusta maniera le proprie conoscenze e capacità, per poter continuare senza rischi di dispersione il cammino nella scuola superiore, liceo o scuola professionale che fosse. Fu davvero, e non solo a parole, una scuola di tutti, che cercava di dare uguali opportunità di crescita e di realizzazione personale in ambiti diversi ed alle diverse possibilità di ciascuno. Voglio tuttavia fare un cenno un po' più approfondito alle attività di orientamento che si portavano avanti nelle singole classi,e che io allora coordinai, tenendo presente quanto personalmente avevo capito proprio all'interno della pluriclasse di Buonriposo, quando i figli dei contadini e dei pastori riuscivano ad insegnare ai pochi ragazzi di paese o di città quelle cose che avevano appreso dai loro nonni e dai loro genitori, durante il lavoro quotidiano che erano costretti a fare; esperienze di vita vissuta ma anche vere conoscenze scientifiche e naturalistiche con le quali erano costantemente a contatto: dai periodi della semina e della raccolta ai momenti della nascita e dell'allevamento degli animali, dai processi di vinificazione e di produzione dell'olio allo sfruttamento di ogni parte del maiale che veniva annualmente ucciso per i bisogni della famiglia ;dalla mietitura del grano alla preparazione della farina alla cottura del pane, in risposta a quei bisogni primari che erano allora indispensabili alla vita quotidiana del mezzadro, ma non solo. L'Orientamento venne dunque visto come essenziale necessità di conoscere meglio se stessi (classi I), gli altri (II classi) ed il mondo che ci circonda( III classi della scuola media).La conoscenza di sé. degli altri e del mondo veniva solitamente portata avanti dall'insegnante di lettere durante un'ora settimanale di lezione frontale (chiamata "ora X") e veniva sviluppata nell'arco di tutto l'anno scolastico, appoggiandosi al programma curriculare di italiano(antologia), di storia e di geografia. Spesso in quell'ora o nelle attività di gruppo venivano utilizzate compresenze utilissime per la valutazione delle competenze che non erano solo legate al sapere ma anche al saper fare.Non era dunque un percorso veloce e poco considerato, ma un lavoro stabile e concreto, ben valutabile, che aiutò davvero i ragazzi a crescere ed a diventare consapevoli, rispetto all'età, delle proprie capacità e aspirazioni riguardo al futuro. Le scelte dei ragazzi riguardo all'iscrizione alla scuola superiore o all'inserimento nel mondo del lavoro vennero monitorate e portarono il corpo docente alla conclusione della positività del lavoro svolto. Certo non tutto quello che fu fatto allora deve essere preso per oro colato, ma fu frutto di riflessione, di programmazione e di valutazione di un buon gruppo di insegnanti di varie discipline che, con la preside, credevano in quel che facevano e cercavano di farlo al meglio, per il bene dei ragazzi e delle loro famiglie che, a qualunque classe sociale appartenessero, venivano costantemente informate del percorso intrapreso dai loro figli e coinvolte nelle scelte. Le fatiche e l'impegno, anche orario, di quegli anni portano ad una riflessione piuttosto amara sulla scuola di oggi, scuola che vede spesso tagliati i fondi per attività importanti di compresenza e di programmazione, che qualche volta demotiva soprattutto gli insegnanti precari ,perché vede spesso cambiare il corpo docente all'interno dei plessi scolastici. A conclusione di questa breve riflessione mi chiedo dunque se la scuola di oggi non sia ritornata al vecchio doposcuola degli anni 70 e se la riforma Gelmini, con i suoi tagli di bilancio, riesca ancora a dare la possibilità di crescere e di svilupparsi a quel lontano "tempo prolungato" che oggi, forse più di ieri, consentirebbe ai genitori giovani, uomini o donne che siano. la possibilità di cercare di risolvere meglio i gravi problemi legati, in questo periodo di crisi, al lavoro o alla ricerca del lavoro ed ai loro figli una maggiore capacità di autonomia nelle scelte e di crescita culturale e sociale.
Villa - Fattoria - Poderi a mezzadria
(struttura falsamente orizzontale)
Padrone o proprietario
Fattore o amministratore
Sottofattori
Terz'uomo
Mezzadri
Operai
(struttura assolutamente verticale)
Prete o curato > cura
Arciprete > arcicura
Proposto > propositura
(struttura contemporaneamente orizzontale e verticale
* In riferimento al testo "Fattoria Settefonti" edito da Pacini ed. Pisa