Sabato, 16 Aprile 2011 22:29

Il gigante che non dorme

Scritto da  Gerardo

Oggi, con le rivolte arabe, siamo in prima linea. Si può gestire una politica da soli, si può fare una grande politica, quando siamo il penultimo tra i Paesi donatori con la cooperazione dello 0,15% del Pil secondo l’Osce?
Con questo interrogativo si apre l'articolo di Andrea Riccardi, apparso nel "Corriere della Sera" dello scorso 14 aprile, dal titolo Il gigante che non dorme.
Buona lettura!


Il gigante che non dorme
di Andrea Riccardi
in “Corriere della Sera” del 14 aprile 2011

Eravamo abituati a un’Italia riparata e cullata nel Mediterraneo dopo l'89 e l’acquietarsi delle crisi balcaniche.
Oggi, con le rivolte arabe, siamo in prima linea. Si può gestire una politica da soli, come la Francia in Libia e in Africa (crisi ivoriana). Ma l’Italia non ne ha la forza. Come fare una grande politica, quando siamo il penultimo tra i Paesi donatori con la cooperazione dello 0,15% del Pil secondo l’Osce?
Tra l’altro, arginare l’immigrazione africana richiederebbe un diffuso aiuto allo sviluppo. L’Italia può gestire la sua prima linea nel Mediterraneo con gli altri Paesi europei. Ma qui c’è un problema: i cattivi rapporti europei per la questione migratoria. L’Italia, a ragione, chiede solidarietà all’Unione, ma i Paesi europei hanno scelto la gestione nazionale dei problemi migratori.
Oggi tutti i governi temono di perdere le elezioni sull’immigrazione. Ci vuole coesione europea a tutti i livelli, come ha notato il presidente Napolitano. Senza Europa l’Italia è esposta e sola. Del resto, nonostante l’esibizione francese di muscoli, nessun Paese europeo ce la fa a condurre da solo una politica in Africa o nel mondo arabo, a meno che non si tratti di limitati interessi economici nazionali. In assenza di una politica estera europea, ci sono responsabilità da coordinare e distribuire tra i Paesi dell’Unione. La storia si è rimessa in movimento. Il Mediterraneo non è più il mondo in cui si deve scegliere tra tiranni rassicuranti e fondamentalismo. È stato un bivio comodo, che ha addormentato fantasia e iniziativa politica. Bisogna ricominciare a capire un mondo arabo dai tanti protagonismi e tessere relazioni con nuovi gruppi emergenti. L’Africa stessa non è un gigante che dorme. Il «vento di libertà» del Nord soffierà anche nel Centro e nel Sud del continente. Il tranquillo Burkina Faso è agitato da studenti e militari. Così il Senegal. In vari Paesi africani si verificano reazioni contro gli emigrati africani. Spesso questi si spostano verso il Sud Africa, grande sogno di molti. L’Africa non resta uguale, ma si muove molto al suo interno. C’è bisogno di molte presenze: non solo cinesi e americani. Tanti legami esistono tra europei e Africa, ma si sfilacciano se non coltivati. Intanto sull’Europa si scaricano — con l’immigrazione — parte dei problemi africani. L’Italia deve tornare sulla scena africana. Vent’anni fa, tra mondo arabo e Africa, l’Italia era considerata «simpatica» : mai le veniva ricordato (eccetto che da Gheddafi) il passato coloniale.
Oggi bisogna far i conti con un cambiamento d’immagine in peggio per molti fattori (tra cui la riduzione di aiuti). Pesa anche il trattamento degli immigrati o la gestione degli sbarchi, finita su tutte le televisioni. Gli immigrati sono i primi ambasciatori del Paese che li accoglie. Non va dimenticato. Arabi e, domani, africani sono in movimento. Bisogna capire meglio quel che accade e evitare amare sorprese (come i francesi in Tunisia o gli italiani in Libia). Vuol dire investire energie e intelligenza. Avevamo una politica mediterranea. Va ripensata. È più importante che perdersi tra le continue emergenze gridate del nostro teatro politico. L’Italia non può chiudersi in una prospettiva difensiva o essere senza una prospettiva. La nostra posizione geopolitica ci spinge a pensare e far crescere una rinnovata iniziativa nel mondo arabo e africano. L’Europa stessa ne ha bisogno, se non vuole restare scoperta.

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