Venerdì, 03 Giugno 2011 16:56

Gli italiani e il referendum sul nucleare

Scritto da  Gerardo

Questo documento che ci trasmette l'amico Luigi De Paoli merita un'attenzione speciale.
Si tratta di un'intervista di Antonio Cianciullo (la Repubblica) a Jeremy Rifkin, sul prossimo referendum sul nucleare, dal titolo Gli italiani si giocano il futuro e con il sole vinceranno la sfida.
Buona lettura!



Intervista di Antonio Cianciullo a Jeremy Rifkin


Jeremy Rifkin: i rischi dell´atomo irrisolti da sessant´anni. L´Europa punta sulle rinnovabili. La Germania arriverà all´80% di elettricità verde. Si deve ribaltare la logica che spinge a scelte che convengono solo alle grandi aziende e non alla sicurezza.

«Non è solo un referendum sul nucleare, è un referendum sul futuro: sono in gioco la crescita economica e la sicurezza energetica. Io penso che gli italiani andranno a votare perché non intendono lasciare il loro destino nelle mani di pochi oligopolisti e di una tecnologia in via di abbandono. L´Italia è il paese del sole, questa è la chiave per uno sviluppo che può distribuire ricchezza e coinvolgere intere comunità». Jeremy Rifkin, il teorico della terza rivoluzione industriale, ha passato mesi in Italia studiando le possibilità di sviluppo green di alcune città e di alcune regioni e si è andato formando un´idea precisa sulle potenzialità del paese.

La situazione italiana al momento appare però lontana dal quadro positivo che lei dipinge. Il governo prima ha paralizzato le fonti rinnovabili cancellando gli impegni assunti, poi ha varato una strategia in due tempi: oggi si cancella il piano nucleare per allontanare Fukushima dal ricordo, domani lo si ripropone.
«Io resto ottimista: vedo una primavera italiana alimentata dalla fiducia nel futuro. Del resto l´Europa ha scelto la sua strada. La Svizzera chiuderà le centrali nucleari. La Gran Bretagna ha scelto di non mettere soldi pubblici sull´atomo. La Germania ha deciso di fermare i reattori entro il 2022, cioè subito in termini di programmazione energetica, e di puntare con grande determinazione sulle fonti rinnovabili, che forniranno l´80 per cento dell´elettricità entro il 2030, sulle reti intelligenti e sull´idrogeno. È una rivoluzione epocale che disegna un quadro delle convenienze economiche da cui sarebbe molto pericoloso restare esclusi».

L´Italia, che certo ha più sole della Germania, ha fermato il settore fotovoltaico per tre mesi, l´eolico resta bloccato dalle incertezze normative. Ritiene possibile un recupero?
«Il trend di crescita delle rinnovabili a livello globale è così forte che l´effetto di trascinamento appare inevitabile. Ma sole e vento costituiscono solo un tassello della terza rivoluzione industriale. Il punto centrale è ribaltare la vecchia logica che spinge a scelte che convengono alle grandi aziende energetiche, non alla sicurezza e alla distribuzione della ricchezza».

E la nuova logica?
«Arrivare a un sistema largamente decentrato in cui i benefici sono equamente ripartiti assicurando benessere e posti di lavoro. Il modello della terza rivoluzione industriale è basato sull´efficienza e su una rete intelligente in cui come terminali ci sono le case che producono più energia di quella che consumano, le micro centrali che si moltiplicano ovunque, le auto elettriche e l´idrogeno che permette di accumulare l´energia prodotta».

Il nucleare è stato presentato come un´alternativa ai combustibili fossili.
«È una possibilità che si è chiusa nel 1979, quando c´è stato l´incidente che ha distrutto la centrale nucleare di Three Mile Island. Da allora in America gli ordinativi si sono bloccati e neppure gli incentivi pubblici decisi da Bush sono riusciti a ridare fiducia agli imprenditori: il rischio è troppo alto e le incertezze rendono non conveniente l´investimento».

Dal 1979 però le tecnologie nucleari si sono affinate.
«Non hanno superato nemmeno uno dei problemi nati 60 anni fa. La prima questione irrisolta è la gestione delle scorie radioattive: ancora oggi non si sa dove metterle nonostante siano stati spesi miliardi di euro. La seconda questione è la durata limitata delle scorte di uranio. La terza la possibilità di trasformare l´uranio in plutonio, estremamente pericoloso in un quadro di forte instabilità geopolitica. La quarta è che le centrali nucleari hanno bisogno di molta acqua per il raffreddamento e la risorsa idrica diventa sempre più preziosa».


Fonte: ANTONIO CIANCIULLO, La Repubblica del 02/05/2011.

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