Martedì, 11 Ottobre 2011 15:02

Piazza Tahrir, la minoranza cristiana e la nascente democrazia

Scritto da  Gerardo

L'Egitto è in bilico fra democrazia e caos. Al Cairo continuano gli scontri, ancora più drammatici dopo piazza Tahrir. Sono ore estremamente difficili per la minoranza copta ma anche per la nascente democrazia. Non si può escludere la mano di "nostalgici" del regime, che tentano in tal modo di far passare l'equazione democrazia=caos.
Nel seguito, l'intervento di Cecilia Zecchinelli, apparso nel "Corriere della Sera" del 10 ottobre.



La rivoluzione di Piazza Tahrir ha tradito la minoranza cristiana
di Cecilia Zecchinelli


Avevano sperato, perfino creduto in molti che la Rivoluzione del 25 gennaio avrebbe cambiato profondamente l'Egitto anche per loro. La minoranza copta egiziana, stimata nel 10% degli 82 milioni di abitanti del grande Paese arabo, era scesa massiccia nelle strade, aveva pregato fianco a fianco dei «fratelli» musulmani, perfino organizzato il servizio d'ordine per difendere quest'ultimi mentre s'inginocchiavano invocando Allah in piazza Tahrir, ricambiati quando toccava a loro. E già com'era stato dopo l'attentato alla messa di Capodanno ad Alessandria (23 fedeli uccisi), uno degli slogan dell'intifada era stato «né copto, né musulmano, solo egiziano».

Oggi, a otto mesi dalla caduta di Mubarak, che per usare un eufemismo ben poco si spese per i diritti dei suoi cittadini copti, la parola che invece più corre nella minoranza è «tradimento». Gli attacchi dei salafiti contro di loro sono continuati in tutto il Paese, così come quelli contro le confraternite sufi di cui poco si è parlato all'estero ma che spesso sono oggi al fianco dei cristiani, lo sono stati anche ieri nelle proteste del Cairo. La giunta militare e le autorità non hanno rivisto le rigidissime norme per permettere la costruzione di nuove chiese o l'ampliamento delle poche esistenti, uno dei motivi di attrito più forte con l'ex regime e ancora alla base degli scontri di ieri, per la chiesa di Assuan. Mentre l'intero Egitto annaspa cercando una nuova via, la sensazione di questa comunità è che le cose non solo non siano migliorate, ma siano sempre peggio.

«Almeno 100 mila cristiani sono fuggiti dall'Egitto da marzo, saranno 250 mila entro la fine dell'anno, è in corso una sistematica azione di pulizia etnico-confessionale», denuncia l'avvocato Nagib Gobrail, capo dell'Unione egiziana delle organizzazioni per i diritti umani. Qualcuno contesta le cifre, molti denunciano «provocatori sopravvissuti al vecchio sistema» e i loro tentativi di bloccare ogni rappacificazione dell'Egitto creando il caos, il governo di transizione e la giunta militare s'appellano al «dialogo» tra fedi e comunità in nome del Nuovo Egitto, che ben altri problemi sta affrontando. Ma è indubbio che mentre il Paese si prepara alle prime elezioni libere, a fine novembre, la questione copta è tutt'altro che risolta.
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