Martedì, 01 Novembre 2011 16:37

Il Giubileo delle Arciconfraternite. Tra vivi e defunti

Scritto da  Gerardo

Domenico Pizzuti ci invia una riflessione non usuale sul Giubileo delle Arciconfraternite, che si celebra oggi e di cui i giornali hanno dato notizia.
Buona lettura!




IL GIUBILEO DELLE ARCICONFRATERNITE: PER I DEFUNTI O I VIVI?
di Domenico Pizzuti


Nella festa di Ognissanti è stato proclamato e celebrato il “Giubileo delle Arciconfraternite” nel Cimitero di Poggioreale con processione e Messa dell’Arcivescovo di Napoli, che ha raccolto rappresentanze di circa 150 Arciconfraternite, segnalate distintamente tra le Aggregazioni laicali dall’ «Annuario 2010-2011» dell’Arcidiocesi di Napoli alle pagine 603-629. Questo giubileo non stupisce più di tanto, una volta imboccata questa strategia ecclesiastica rivolta alla città ed alle sue varie aggregazioni dal card. Sepe, con risvolti mediatici ed una risoluzioni simbolica della crisi della città e delle crisi dei suoi vari settori. E per la numerosità ed il peso (anche economico) di queste associazioni laicali con funzioni religiose, caritative, assistenziali degli stessi soci come la cura della sepoltura, eredi di un passato non scevro da contrasti con le autorità religiose e civili. Uno dei primi atti del card. Sepe nominato Arcivescovo di Napoli, se non andiamo errati, dopo il suo ingresso nella diocesi il 1 luglio 2006, fu un decreto riguardante la nota Arciconfraternita dei Pellegrini per sanare alcune situazioni non commendevoli e pubblicato sul settimanale diocesano “Nuova Stagione”.

Questo Giubileo per le Arciconfraternite, che si celebra nell’area cimiteriale di Poggioreale suggerisce in particolare qualche riflessione e solleva interrogativi. E’ un giubileo per i defunti per cui si prega o per vivi con bandiere e divise delle proprie aggregazioni in processione al vento? La preghiera per i defunti ha caratterizzato da secoli la religiosità e la liturgia cattolica, ed anche oggi nella mentalità popolare è diffusa la credenza che la Messa è a vantaggio dei defunti ed in particolare dei propri, ed era di prammatica nella festa di Ognissanti la Messa dell’Arcivescovo di Napoli nella chiesa del cimitero. Perciò la particolarità riguarda le Arciconfraternite con finalità riguardanti la sepoltura e cura dei defunti secondo le prescrizioni ecclesiastiche e civili. Cioè la trasparenza delle pratiche perché non se ne abbia a dolere la comunità civile in riferimento al “business del caro estinto”, ma anche gli stessi confratelli in gestioni particolaristiche da parte di coloro che le presiedono. Riteniamo che un segno di civiltà sia la cura dei cimiteri cittadini di cui dovrebbero aver cura la comunità civile e religiosa.

In questo paesaggio cimiteriale, con i suoi dolenti ed affaristi, sovviene “A livella” di Totò perché il livellamento della morte interroghi i vivi per combattere le diffuse e diverse forme di diseguaglianze sociali della nostra città, troppo spesso accettate come “ascritte” per nascita ed immutabili, per un riequilibrio di beni ed opportunità e realizzazione dei diritti umani primari per fruire delle ricchezze opera della natura e dell’uomo secondo il disegno del Creatore. A poca distanza dal Cimitero si trovano due campi nomadi, il campo del viale della Maddalena e quella di via del Riposo, in cui le condizioni di vita degli abitanti con numerose donne e bambini sono tra le più gravi ed inumane, per i servizi sanitari opera la Comunità di S. Egidio. Non sarebbe il caso di adoperarsi anche per questi vivi sepolti in questi campi nell’indifferenza circostante? O ognuno cura la propria nicchia arciconfraternale per una buona morte?

Un’ultima riflessione di natura fideistica, che non è indifferente per il vivere terreno, riguarda la Speranza cristiana di resurrezione e vita dopo la morte secondo il credo cristiano, su cui poco si insiste da qualche tempo dagli stessi operatori religiosi senza scadere in ingenuità, che dovrebbe animare la concezione orizzontale, familistica e drammatizzata della morte, diffusa non solo nei ceti popolari della città. Essa è fonte di dignità di vita per tutti anche nell’aldiquà.
In questo senso una Speranza attiva non muore.

Napoli 31 ottobre 2011

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