Sabato, 10 Dicembre 2011 11:52

Il boss e il parroco di Casapesenna

Scritto da  Gerardo

Domenico Pizzuti ci propone una serie di riflessioni inedite sulle affermazioni del parroco di Casapesenna, in occasione dell'arresto del boss Michele Zagaria, riportate dai giornali.






Le affermazioni raccolte dall’anziano parroco di Casapesenna come testimone privilegiato, in seguito all’arresto del latitante boss Michele Zagaria nascosto in un bunker tecnologicamente sofisticato nel suo stesso paese, risultano fuori coro ma anche rivelative di un sentire diffuso nell’ambiente. Ha affermato con una formula stereotipa che lo Zagaria era una dei fedeli della sua parrocchia, a cui portare il Vangelo, un parrocchiano come gli altri. A parte il fatto della conoscenza del latitante come appartenente alla sua parrocchia, in tutti i casi un buon pastore deve ammonire i suoi fedeli sui pascoli velenosi, i pozzi inquinati, gli agnelli vestiti da lupi o da benefattori e protettori.

A scusante di una certa omertà, adduce gli errori compiuti dallo stato che non è stato presente e protettore nel territorio, e l’ammissione che nel suo ambiente “siamo nati senza legge”, a rilevare un lunga socializzazione e legittimazione dell’illegalità, che è consapevole e contro cui non si è lottato. Risulta appropriato anche in questo caso l’appello di Roberto Saviano all’on. Cosentino, nel corso della tempestiva trasmissione di TV 7 “Bersaglio mobile”, al di là dell’accertamento della Magistratura di reati penali, di non aver contrastato patentemente le organizzazioni criminali del territorio. E’ una domanda che può essere legittimamente rivolta non solo al parroco ma anche a tutta la comunità civile e religiosa del territorio.

Il problema allora riguarda l’atteggiamento di abitanti del territorio, che nascono e vivono e prosperano se del caso in un regime di illegalità per i traffici lucrativi dei clan criminali al di là delle leggi e regole civili, che inquinano le transazioni economiche e le amministrazioni locali per i loro affari, e distribuiscono briciole anche a lavoranti nelle loro imprese. Non si tratta solo di un impero temuto, di ricatti espliciti, di dominio del territorio manu militari, ma anche di convenienze per benefici ottenuti per esplicita ammissione non solo con la partecipazione al lavoro nelle imprese legali/illegali e prestiti di denaro. Ci sia consentito esprimerci in questo modo: Zagaria si manifesta una sorta di Sindaco sotterraneo di Casapesenna. In tutti i casi, si rivela una cappa iniqua di dominio, ma anche di sottomissione, se non di consenso e legittimazione sociale dei soggetti e delle attività dei clan criminali, cioè del loro potere o terminologicamente della loro “potenza” per la capacità di condizionamento di attività economiche, amministrative, comunicative. A questo riguardo più di ogni altro elemento, risulta preoccupante la rivelazione del magistrato Cafiero de Raho, nel corso della citata trasmissione TV7, che nel giorno dei funerali del di Don Peppino Diana la piazza del paese era vuota e le abitazioni con le finestre chiuse, ma anche l’interno della chiesa con la salma del coraggioso sacerdote. L’atto criminale aveva creato il vuoto per l’avvertimento dato, e quindi disgregato la comunità civile e religiosa.

Per pareggiare i conti, bisogna richiamare altresì la chiara affermazione del Procuratore Generale della Repubblica Grasso che, nel plauso per la riuscita operazione di cattura di uno dei più ricercati latitanti, dichiarava che non sarebbe stato contento finché non sia assicurato alla giustizia l’ingegnere che ha disegnato e realizzato il bunker tecnologicamente sofisticato per nascondere lo Zagaria, perché questi criminali hanno bisogno della cooperazione di ingegneri e professionisti per le loro intraprese, cioè di quella che è stata denominata “Borghesia camorristica” dal sociologo napoletano Giacomo Di Gennaro in un fortunato volume di studio ormai alla terza edizione, curato anche dal sottoscritto, «Dire camorra oggi», Guida, Napoli 2009, che con un certo disappunto non abbiamo trovato tra le letture preferite dal nostro nel suo bunker.

Lo Stato ha riaffermato con questo blitz la sua presenza anche se sotto il profilo repressivo con l’applauso di cittadini che circondavano la polizia di stato, si tratta di ricostruire un’ economia liberata da inquinamenti e vicina a giovani e donne, ma soprattutto un tessuto sociale confidante in uno stato amico e nella legalità. Anche la comunità cristiana del territorio, con i suoi sacerdoti ed il vescovo sono chiamati ad un’intesa opera educativa alla civile convivenza ed al vangelo della giustizia, memori della testimonianza di Don Peppino Diana che nel documento diffuso del natale del 1991 sosteneva: «La camorra oggi è una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta diventare una componente endemica della società campana».

Dio ce ne liberi, ma anche i cittadini

Napoli, 8 dicembre 2011
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