Venerdì, 13 Gennaio 2012 22:41

Bertone, a fronda dei vescovi e gli altri cardinali. il San Raffaele e la CEI

Scritto da  Gerardo

La crescita numerica dei cardinali italiani decisa all'ultimo Concistoro non è destinata a pesare più di tanto sul prossimo Conclave. E la vittoria del segretario di Stato Tarcisio Bertone insieme con la Curia sta provocando una scia di polemiche velenose. Il cardinale è accusato di avere monopolizzato il potere finanziario del Vaticano.
Sullo sfondo, l'uscita di scena della cordata bertoniana dal San Raffaele e i contrasti con la Conferenza episcopale italiana.



Il potere di Bertone e la fronda dei vescovi
di Massimo Franco


La crescita numerica dei cardinali italiani decisa all'ultimo Concistoro non è destinata a pesare più di tanto sul prossimo Conclave. E la vittoria del segretario di Stato Tarcisio Bertone insieme con la Curia sta provocando una scia di polemiche velenose. Il cardinale è accusato di avere monopolizzato il potere finanziario del Vaticano.
Sullo sfondo, l'uscita di scena della cordata bertoniana dal San Raffaele e i contrasti con la Conferenza episcopale italiana.

L'idea di un «partito italiano» destinato a contare di più nel prossimo Conclave è suggestiva ma forse un po' azzardata. L'aumento numerico dei cardinali tricolori (30 su 120) prodotto dal Concistoro dell'Epifania ha lasciato dietro di sé una scia di frustrazioni e di veleni che contraddicono l'impressione iniziale. Fra Vaticano e Cei, uno dei pochi giudizi unanimi riguarda la realtà di un episcopato dell'Italia diviso, senza un leader; e incapace di imporre un proprio candidato se il problema della successione a Benedetto XVI dovesse aprirsi in tempi brevi. Dopo i sette «cappelli» cardinalizi su diciotto distribuiti ad italiani il 6 gennaio, l'unica novità vistosa è l'ennesima vittoria della Curia romana.

Soprattutto, si indovina la rivincita del segretario di Stato, Tarcisio Bertone, sul vertice dei vescovi e sui propri avversari. Intanto, la troika che controlla l'economia e le finanze vaticane è sua. Domenico Calcagno, presidente dell'Apsa, amministra il patrimonio della Santa Sede; Giuseppe Versaldi è presidente della Prefettura degli affari economici; e Giuseppe Bertello presiede il Governatorato: tre neo-cardinali suoi fedelissimi. Ma proprio da qui, le valutazioni comuni diventano analisi in qualche caso demolitorie di quanto è successo. È come se esistessero due poteri, in urto e quasi impermeabili l'uno all'altro: quello del Segretario di stato e quello di chi lo detesta. Con Benedetto XVI in alto, molto in alto rispetto a queste beghe.

Eppure, il risultato del conflitto ormai pluriennale nelle gerarchie cattoliche italiane è una difficoltà che si scarica sul governo della Chiesa; e che nemmeno il pontefice è riuscito a placare del tutto, nonostante i richiami e gli ammonimenti, pubblici e privati. L'ultimo Concistoro è diventato una sorta di controprova dell'impossibilità di una tregua duratura. Gli avversari di Bertone dicono che i nomi dei nuovi cardinali italiani sono frutto di una forzatura: un gesto di potere per monopolizzare una roccaforte strategica della Curia come i «ministeri economici», eliminando qualunque contrappeso; un passo indietro rispetto alla globalizzazione dell'episcopato; e un'arbitraria promozione dei «suoi».

Si parla di cardinali «imbufaliti» per l'operazione bertoniana. È circolata perfino la voce secondo la quale alcune eminenze di peso vorrebbero mandare una mozione riservata al papa per chiedere che Bertone sia sostituito. L'intenzione sarebbe quella di proteggere Benedetto XVI dalla «prepotenza» del suo collaboratore. In realtà, un tentativo del genere fu già fatto in passato, inutilmente. Il rapporto fra il pontefice e il «primo ministro» vaticano è consolidato e indiscusso. E gli uomini più vicini al segretario di Stato presentano il Concistoro come una sorta di atto conclusivo del rinnovamento della Curia: «In piena sintonia con Benedetto XVI», precisano. Sostengono che il prossimo Conclave è un convitato di pietra usato strumentalmente. E confutano la tesi di un Bertone che promuove chi può assecondare le sue ambizioni future.

L'idea che i cardinali ubbidiscano a chi li ha aiutati è effettivamente tutta da dimostrare. E finora, fra i «papabili» Bertone non appare mai. Una delle critiche più frequenti che gli vengono rivolte, tuttavia, è di avere provocato una mutazione del ruolo di segretario di Stato, facendolo diventare una sorta di «vice-papa». Il fenomeno si era già notato col predecessore, Angelo Sodano, negli anni della malattia di Giovanni Paolo II. Si ripete ora, al settimo anno di pontificato dell'ottantaquattrenne Joseph Ratzinger. Ma, per quanto contestata, è un'evoluzione o involuzione del ruolo considerata quasi inevitabile. Fotografa rapporti di forza che nessuno è riuscito a scalfire. E i «bertoniani» non escludono a priori che il segretario di Stato possa succedere a Benedetto XVI: sebbene lo giudichino improbabile.

In quanto Camerlengo, ricordano, amministrerebbe la sede vacante in caso di morte del papa.
Aggiungono che è ben visto in Spagna e Sud America ed ha un curriculum sia curiale che «pastorale», come ex arcivescovo di Genova. Ma la sola ipotesi fa inorridire gli avversari. Per il modo in cui si muove, Bertone non riscuote grandi applausi. I sostenitori attribuiscono l'ostilità che si tira addosso al fatto che sarebbe il parafulmine degli attacchi al papa; che non ha «immagine»; e che sta riformando in profondità la Curia. Gli avversari più severi lo bollano invece come uno dei peggiori segretari di Stato che il Vaticano abbia avuto. Lo accusano di provincialismo, e di avere abbassato il profilo e l'agenda internazionale della Chiesa cattolica.

Il fatto che all'ultimo concistoro non sia emerso nessun cardinale africano o sudamericano (tranne il brasiliano di Curia, Joio Braz de Aviz), è portato a conferma di questa analisi. La stessa Oceania, forse, si aspettava un riconoscimento, dopo il successo della Giornata mondiale della gioventù nel 2008 a Sidney, in Australia. E la mancata promozione dell'arcivescovo di Bruxelles, André-Joseph Leonard, è vista dai critici come un errore di sottovalutazione della capitale belga: sia perché ospita la Commissione Ue, sia per gli scandali sulla pedofilia che hanno colpito quell'episcopato. È difficile dire quanto pesino su giudizi così duri la delusione degli esclusi, o i contrasti per il primato in Italia fra Cei e Bertone.

È stato notato maliziosamente che Versaldi era il candidato del segretario di Stato per la sede di Torino. La Cei gli ha preferito un altro. Ma Bertone lo ha portato in Curia e l'ha fatto diventare cardinale: prima dell'attuale arcivescovo di Torino. Non solo. A prima vista, l'esito del Concistoro bilancia la sconfitta del segretario di Stato per la nomina di Angelo Scola a Milano: l'ex Patriarca di Venezia era infatti osteggiato da Bertone. Ma il versante più scivoloso, per lui, rischia di diventare quello del potere economico all'interno della Chiesa: da tempo un motivo di sarcasmi e di poco pie stilettate. L'ultimo episodio è stato la scelta di affidare allo Ior, la banca vaticana, il salvataggio dell'ospedale San Raffaele di don Luigi Verzé: una vicenda vissuta fin dall'inizio con perplessità. Quando nei giorni scorsi la cordata vaticana si è sfilata da un intrico costosissimo e dai contorni inquietanti, a molti è parso di essere riemersi da un potenziale incubo; e allo stesso Bertone, sebbene avesse appoggiato l'operazione. L'opzione di abbandonare l'impresa è stata suggerita al papa dal cardinale Attilio Nicora, che da alcuni mesi presiede l'authority sull'attività finanziaria degli enti del Vaticano. Ma promette di avere una coda di polemiche, con il segretario di Stato nell'occhio del ciclone. «Meno male che ne siamo usciti», avrebbe detto qualche giorno fa un cardinale tedesco. «Altrimenti, se mi avessero chiesto soldi per l'obolo di San Pietro, avrei risposto: "Perché non vendete il San Raffaele?"...»

(Fonte: “Corriere della Sera” del 12 gennaio 2012)

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