Domenica, 26 Febbraio 2012 19:55

Cause di beatificazione più e meno note: Oscar Romero e don Giussani

Scritto da  Gerardo

A sette anni dalla scomparsa, don Giussani verso gli altari?
Non si dimentichi Oscar Arnulfo Romero, già santo per il popolo
Nel seguito, un breve profilo sulla figura dell'arcivescovo di San Salvador, ucciso mentre celebrava la messa.



24 marzo 1980. Una mano assassina uccise monsignor Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador, mentre celebrava la Messa. A trent’anni dalla sua morte, Raitre propone, all’interno de La Grande Storia (oggi, 3 gennaio, alle 23.05), Romero Voce dei senza Voce, documentario di Maite Carpio. Realizzato da Anthos Produzioni in collaborazione con Raitre, Romero Voce dei senza Voce ha già vinto il premio come miglior documentario storico all’International Film Festival in California ed è stato selezionato per la 28ª edizione del Festival de Cine de Bogotà (2011) e per il Bari International Film&Tv Festival (2011).

Attraverso immagini, interviste, discorsi e omelie provenienti dai più grandi archivi mondiali, il documentario ripercorre la vita di colui che si definiva semplicemente «un pastore» ma che, invece, è stato una figura assai controversa che ha suscitato, e continua a suscitare, accese polemiche. Nato nel 1917, secondo di otto fratelli e con un padre dispotico, a soli quattro anni Romero venne colpito dalla poliomelite; la malattia lo segnò per sempre dandogli, da un lato, un carattere molto nervoso e, dall’altro, la consapevolezza di poter spaziare nella dimensione spirituale a dispetto della sua debolezza fisica. Durante la sua attività pastorale decise persino di appoggiarsi ad uno psicologo, ma la scelta venne utilizzata dai suoi detrattori come prova del suo squilibrio.

«Romero era un moderato» ricorda nel documentario il cardinale Achille Silvestrini, segretario per le Relazioni con gli Stati. Tuttavia, la sua nomina ad arcivescovo del Salvador riuscì a dividere persino il clero: «Da un lato, quello locale, legato alle potenti famiglie, dall’altro quello missionario, che ve­niva dall’Europa e favoriva i movimenti di liberazione» spiega Silvestrini.

Fu proprio la sua attenzione agli ultimi, ai 'senza voce', la sua decisione di prendere una posizione netta contro l’ingiustizia sociale e ogni forma di abuso militare e politico, che gli costò l’accusa di essere marxista: «Non ci devono essere uomini di prima e di seconda classe» diceva. E ogni settimana dava conto del numero preciso di morti e desaparecidos del suo Paese. Non a caso, il popolo lo considerò santo il giorno stesso del suo assassinio anche se, in realtà, la causa di beatificazione è in corso solo dal 1997 e non è ancora conclusa.


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