Che dire di queste svolte mistiche?
Nel seguito riportiamo l'articolo di Candida Morvillo, pubblicato sul Corriere della Sera.
Schettino ai domiciliari, preghiere e letture
Siamo andati nel paese dove il comandante è recluso in casa esattamente da tre mesi. E abbiamo scoperto che trova conforto nella fede e conosce persino il gioco Acchiappaschettino. Nel quale viene bastonato
Francesco Schettino prega e si affida al Signore. Ha visto il parroco e il viceparroco. In media, un incontro ogni dieci giorni, considerato che è agli arresti domiciliari dal 17 gennaio scorso, tre mesi esatti. Da allora, nel suo appartamento senza vista mare in un vecchio palazzo dei vicoli di Meta di Sorrento, il comandante della Costa Concordia naufragata al Giglio il 13 gennaio trova conforto nei colloqui con Don Gennaro e DonFrancesco, che hanno ottenuto il permesso di visita dal Tribunale di Grosseto. «Ho trovato un uomo addolorato per i morti di quella notte, in particolare per la bambina. Un uomo provato, ma valido, che affronta il dolore con forza», dice il viceparroco di Santa Maria del Lauro, Don Francesco.
I primi giorni, riferisce l'amico di famiglia ed ex sindaco Carlo Sassi, Schettino non faceva che ripetersi: "Che cosa ho combinato?", poi sono arrivati la preghiera e le parole di Susy Albertini, la mamma di Dayana Arlotti, l'unica bambina scomparsa nel naufragio. La signora aveva detto al settimanale Oggi: "Non odio Schettino. Anche lui è padre e sono convinta che sappia come si sentirebbe se succedesse qualcosa di irreparabile a sua figlia". Parole che avrebbero un po' lenito i dolori del comandante. Don Francesco, poi, gli ha portato libri “sul perdono di Dio, sulla speranza, sulla resurrezione dei morti”. Ma non vuole dire quali. Non vuole forse che titoli di libri di fede diventino titoli di giornali. Troppi ne ha visti di titoli privi di carità cristiana e troppi giornalisti, perfino danesi, perfino americani, e se ora dice qualcosa è solo per spiegare che il paese è vicino a Schettino, ma umanamente, “secondo la logica cristiana del Vangelo”.
Precisazione doverosa, perché un conto è l'inchiesta, un altro la solidarietà umana. Don Francesco non lo dice ma in paese c'è persino chi vaneggia che quegli scogli davanti al Giglio non c'erano mai stati e che ce li ha messi chissà chi e chissà perché. Ma se ne dicono tante. E Don Gennaro, il parroco col fare burbero da vecchio pastore che ne ha viste tante, non vuole dire se ha confessato o no Schettino, e a domanda specifica scuote la testa e borbotta che insomma la confessione è il suo mestiere e quindi queste che domande sono? Poi, però, spiega bene che non è che il paese è omertoso, ma in ogni famiglia c'è un marittimo ed è per questo che tutti possono solo sentirsi vicini a Schettino, perché tutti sbagliano e nessuno vorrebbe trovarsi lapidato come è successo a lui. E nessuno, aggiungono i comandanti della Casina dei Capitani, vorrebbe trovarsi scaricato dal proprio armatore, senza assistenza legale, in un frangente come questo.
Alla messa di Pasqua, il viceparroco Don Francesco ha autorizzato la lettura di un messaggio della famiglia Schettino. Un grazie “perché non ci avete lasciati soli ad affrontare questi giorni segnati da una sofferenza sconosciuta, improvvisa, devastante per tutti noi”. Un grazie perché è solo merito dell'abbraccio del paese “se oggi abbiamo ancora la forza di sperare, sperare di poter credere ancora nell'umana partecipazione alle sofferenze altrui”. Parole che Don Francesco ha introdotto ribadendo il rispetto del percorso della magistratura e invitando a pregare per le vittime e per i loro familiari. Dunque, a quanto si apprende a Meta, Schettino avrebbe alti e bassi d'umore, ma non sarebbe depresso e non prenderebbe psicofarmaci né avrebbe mai chiesto uno psicologo. Non è ingrassato né dimagrito, sta attento al mangiare, prediligerebbe le mozzarelle del vicino caseificio Perrusio e la specialità locale: il provolone del Monaco.
È uscito a Pasqua, per pranzare dalla sorella Giulia. A tavola, agnello e poi pastiera di grano e ricotta. Non sarebbe vero che è stato dal barbiere, anche se la voce s'era sparsa. I capelli sarebbero dunque più lunghi e fluenti. A casa, le giornate sono lunghe, ma piene. Schettino, dicono, si veste ogni mattina di tutto punto, jeans e maglione, soffre a non poter aprire le finestre, come da disposizioni, ma si adegua. I primi tempi, mandava a fare incetta di quotidiani e settimanali nell'edicola di Piazza Casale, ora continua a seguire le notizie che lo riguardano, ma in televisione e da Internet. Di solito, sono arrabbiature, poi si placa. E sì, avrebbe visto anche l'Acchiappaschettino, l'applicazione Android in cui spuntano dalle buche o Schettino o il capitano De Falco, quello del “ca...o Schettino, torni a bordo” e vince chi bastona Schettino, appunto. Inutile dire che l'interessato non si è divertito. E per quanto i suoi legali si rifiutino di confermare, pare proprio che sia partita una denuncia.
A casa, Schettino scrive molto. Memorie difensive e non memorie per un libro con il fantomatico editore americano di cui si è favoleggiato. «Non sono mai arrivate offerte di editori né americani né cinesi né italiani né di nessun altro Paese», assicura l'avvocato Paolo Bastianini, il civilista che lo segue insieme al penalista Bruno Leporatti. Eppure, i cachet milionari sarebbero serviti, eccome, in previsione di un processo che si preannuncia lungo e impervio. Pare che lo stesso Schettino abbia sospirato un “magari” a sentir queste notizie. Non ci sarebbero svaghi particolari nelle sue giornate, né ginnastica né hobby, tantomeno il comandante si dedicherebbe ai fornelli: non sa cucinare e non avrebbe intenzione di imparare. È stato autorizzato, però, a ricevere le visite dei parenti più stretti: il fratello Salvatore, la sorella Giulia, la madre Rosa, la zia materna Laura, il cognato Francesco Russo. La casa non è mai vuota, ma i parenti non parlano con nessuno di ciò che succede in via San Cristoforo, tantomeno coi giornalisti. Al via vai di parenti si aggiunge poi quello degli avvocati, che finora sono arrivati dalla Toscana tutti i weekend, alloggiando al vicino Hotel Panorama. E deve far fatica a Schettino non poter fare quei cento passi che lo separano dall'albergo col belvedere più bello di Meta.
«Il comandante veniva di tanto in tanto a farsi un succo di pesca della casa e mai vino o simili, lo scriva perché c'è chi ha detto che quella notte era ubriaco, ma io non gli ho mai visto bere un alcolico», dice il maitre del bar, che non vuole dire il suo nome “per non farsi pubblicità sulle tragedie”. Da chi gli è vicino, trapela che Schettino soffrirebbe anche perché vede davanti a sé una carriera finita. A caldo, aveva detto di non voler navigare più, ma non si sa che cosa potrà fare a processo concluso, e quando sarà libero, perché ha sempre solo navigato e alla pensione manca parecchio. C'è chi azzarda l'ipotesi che possa unirsi al fratello, che è un ex marittimo ora dedito a un'agenzia nautica.
Ventiquattr'ore su 24, con Francesco Schettino c'è la moglie Fabiola, che è casalinga, e anche se a Meta c'è chi chiacchiera che fossero separati in casa da anni, i due risultano legatissimi e sembra che a lei, sulle prime, sia andata di traverso la storia della moldava, quella Domnica Cemortan con la valigia nella cabina del marito che prima ha detto che col comandante c'è stato un bacio, poi che non c'è stato ma che poteva esserci. Ma la signora Fabiola si sarebbe presto persuasa che la ragazza è solo a caccia di pubblicità. Oggi chi è vicino alla famiglia dice che Fabiola è una donna troppo pratica e forte per scatenare in casa un altro inferno, per non risparmiare al consorte in difficoltà, e alla figlia adolescente, almeno le liti su una presunta scappatella. E in definitiva, per usare la sintesi di un amico di famiglia, a casa Schettino hanno ben altro di cui occuparsi che dei bikini della moldava.
di Candida Morvillo