Giovedì, 26 Aprile 2012 18:02

Le profanazioni di Casal di Principe

Scritto da  Gerardo

Da Domenico Pizzuti riceviamo una nota di riflessione su alcuni episodi verificatisi a Casal di Principe con il furto e la restituzione di una targa dorata sulla tomba di don Giuseppe Diana.





Scomunica anche da parte della società civile per le profanazioni di Casal di Principe

Sembra quasi (ma non lo è) una marachella di ragazzini che, pressati, restituiscono il maltolto, o l’impresa di qualche balordo che ha rubato nel posto sbagliato e deve restituire la refurtiva, perché si è fatto troppo rumore nell’ambiente. Ed intercetta dinamiche territoriali, perché disturba qualche controllore del territorio. E’ stata restituita domenica mattina la mano d'oro che era stata rubata giovedì scorso sulla tomba a Casal di Principe di don Giuseppe Diana, il sacerdote ucciso dai casalesi il 19 marzo del 1994, rinvenuta a terra all’ingresso pedonale del cimitero, presumibilmente lanciata dall’esterno da improvvidi mariuoli.

L’informazione corretta dei fatti per fare chiarezza specialmente in terre di camorra è importante, ma la narrazione non si può limitare al dolore materno, familiare per la profanazione della tomba di don Giuseppe Diana, ed al sollievo per la restituzione della mano d’oro simbolo di libertà e di pace. Il fratello di don Giuseppe, d’altra parte, si è dato premura di dichiarare che il furto era certo da attribuire a qualche balordo e a distinguerlo dalla profanazione di cose sacre nella chiesa dove aveva officiato don Giuseppe. Chi non voleva coinvolgere in queste due vicende che hanno sollevato indignazione e preoccupazione? Non si può ipotizzare che i maldestri che hanno effettuato il furto della targa siano stati indotti con le buone e/o cattive maniere, da parte di chi si preoccupava per il clamore sollevato da questa profanazione, a restituire il maltolto.

Ed allora bisogna prendere maggiormente in considerazione il contesto locale per capire cosa è accaduto, con i soggetti di potere legittimo ed illegittimo, di illegalità nelle operazioni economiche e talvolta anche da parte di burocrazie della pubblica amministrazione, di intimidazione con la violenza a cose e persone. Un segnale dello spadroneggiare di gruppi della criminalità organizzata a Casal di Principe e dintorni è riportato quest’oggi nel sito web de Il Mattino, che si riferisce ad un episodio non del tutto chiarito di un avvertimento dato ad un imprenditore nella ristrutturazione dei beni culturali in una forma inconsueta. Alcuni individui entrano in casa in pieno giorno, si dirigono verso la figlia quindicenne, che in quel momento era sola nell’abitazione, la immobilizzano e le tagliano i capelli. Con un avvertimento preoccupante:«La prossima volta non ci limiteremo a questo, dillo a tuo padre».

Intanto tra Casal di Principe, San Cipriano e Casapesenna si avverte un clima di preoccupazione per la nuova escalation camorristica sul territorio che si subisce. Dopo l’arresto del capo clan Michele Zagaria, il 7 dicembre scorso, a Casapesenna a pochi passi dal centro del paese e ad un paio di chilometri dalla sua abitazione, in molti speravano in una rinascita sociale. Invece, tolto di mezzo un capo, ne nascono altri, come si vocifera. La gente è stanca: «Non siamo in condizione di sopportare altri sacrifici per dar da vivere ai camorristi e alle loro famiglie. Se accettassimo di stare zitti ora non avremmo più nessun’altra occasione per riprenderci».

La reazione pronta da parte di rappresentanti delle istituzioni, di movimenti come Libera, della popolazione c’è stata anche con la veglia di preghiera di sabato scorso, ma soprattutto con il clamore suscitato dai mass media per la ferita apportata ad una figura simbolo del contrasto alla criminalità organizzata, che forse ha impensierito qualcuno. La stessa chiesa locale ha reagito con il vescovo di Aversa che ha impartito – cosa rara ai nostri tempi - la “scomunica” agli autori degli episodi di profanazione della tomba di un martire e di cose sacre nella chiesa parrocchiale. Non sarebbe il caso, secondo l’accezione originale di “scomunica”, mettere fuori dalla comunità anche da parte della società civile questi potentati locali, sottraendo il consenso e la legittimazione sociale, per onorare la testimonianza di don Giuseppe Diana che non va dimenticato.

Napoli, 23 aprile 2012
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