Venerdì, 03 Agosto 2012 22:05

Multireligiosi, nostro malgrado

Scritto da  Gerardo

Presentiamo l'articolo di Marco Ventura, dal titolo Multireligiosi, nostro malgrado, apparso in “La Lettura” del 29 luglio 2012, che si apre con la constatazione che "se prima non potevamo non dirci cristiani, ora non possiamo non dirci multireligiosi". Di fatto, "è cambiata profondamente la religione in Italia, tanto da dare al Paese una nuova fisionomia. [...] La trasformazione non ha risparmiato le espressioni più radicate nel Paese, dal cattolicesimo alle Chiese protestanti e all'ebraismo".
Buona lettura!


Multireligiosi, nostro malgrado
di Marco Ventura
in “La Lettura” del 29 luglio 2012

Se prima non potevamo non dirci cristiani, ora non possiamo non dirci multireligiosi. È cambiata profondamente la religione in Italia, tanto da dare al Paese una nuova fisionomia. Si sono affacciate e imposte molte novità: visibili e temute come l'Islam, invisibili e sottovalutate come le Chiese ortodosse, etniche, evangeliche e pentecostali. La trasformazione non ha risparmiato le espressioni più radicate nel Paese, dal cattolicesimo alle Chiese protestanti e all'ebraismo. Brulica di vita, di inquietudini e di tensioni il paesaggio religioso italiano; invano la politica, i media e talvolta le religioni stesse tentano di nascondere la novità.
I 35 autori del Rapporto 2012 sull'Italia delle religioni (Un cantiere senza progetto, Emi) pensano al contrario che questa nuova Italia vada esplicitata e descritta. Per dare il senso dei lavori in corso nel Paese, i curatori del volume Paolo Naso e Brunetto Salvarani ricorrono alla metafora del cantiere: «Riconosciamo ingegneri e architetti, geometri e operai che prendono misure, decidono cambiamenti in corso d'opera, registrano errori di calcolo che provano a correggere, valutano la tenuta delle opere sinora realizzate, mentre pianificano il lavoro ancora da svolgere».
Di fronte a tanta operosità, si provano due impressioni contrastanti. Da un lato si avverte il dinamismo del cantiere religioso italiano, si colgono le potenzialità, le aperture, le sperimentazioni. Non solo all'interno delle singole comunità di fede, grandi o piccole, ma anche nell'inedita religione plurale che si fa largo nella scuola, nei media, nel sociale, sul territorio. Nel cantiere religioso l'Italia cura le proprie ferite e si fa migliore: le fedi infondono energia, rispondono alla sofferenza sociale, costruiscono coesione e prospettive. A questa impressione se ne contrappone una opposta, densa di inquietudine per il cambiamento, di frustrazioni e paure. Il volume indaga le zone d'ombra, i fallimenti, le incapacità dei credenti e dei loro leader. Emergono i nodi irrisolti di una religione compromessa con la criminalità organizzata, la violenza domestica, la pedofilia e il terrorismo internazionale. Si delineano comunità di fede chiuse in se stesse, definite per opposizione all'altro; comunità in cui il Paese vede rispecchiati i propri vizi: il particolarismo, l'opacità, il tatticismo. Il chiaroscuro attraversa le fedi e le confessioni.
Alberto Melloni racconta le sofferte traiettorie di un cattolicesimo tanto impacciato davanti alla fine del ventennio berlusconiano quanto spaventato dal tramonto del monopolio di Roma sul cristianesimo e sul religioso in Italia. Nel cantiere del cattolicesimo, o meglio dei «cattolicesimi», come preferiscono i curatori del volume, si decide della capacità dei cattolici italiani, scrive Melloni, «di riavviare il motore morale della democrazia, il senso dello Stato, la forza del consorzio civile — anche a scapito della morale del sé». È una sfida complessa, su cui pesano l'avvento di una generazione come mai prima estranea alla fede, che Armando Matteo definisce «la prima generazione incredula», e la «valanga carismatica» raccontata da Marco Marzano.
La secolarizzazione ha del resto cambiato in profondità il significato dell'identificazione con una fede, una religione o una chiesa. Enzo Pace descrive un'Italia in cui 1'86 per cento si dice ancora cattolico, ma solo il 64 ha fiducia nella Chiesa di Roma, mentre il 65 è critico verso l'influenza della Chiesa nelle vicende italiane. Solo il 22 per cento degli italiani riconosce alla Chiesa cattolica il monopolio della verità di fede e meno del 30 va regolarmente a messa la domenica. Quasi metà degli italiani è contro il celibato ecclesiastico e solo il 27 per cento rifiuta il sacerdozio femminile; mentre il 45 ritiene non ci sia bisogno «della Chiesa e dei preti». I1 sociologo padovano dipinge il ritratto di un credente che «si è modernamente messo in proprio»: un «credente autonomo» che «si sente rassicurato nel definirsi ancora oggi cattolico, ci tiene alla propria identità culturale religiosa, ma ritiene di non dover osservare per filo e per segno ciò che la Chiesa insegna in campo morale».
Non è meno turbolento il paesaggio di un Islam italiano che ha ormai largamente superato il milione di credenti stranieri, un terzo circa delle presenze immigrate, cui va aggiunta un'ulteriore quota di circa centomila, tra coloro che hanno acquisito la cittadinanza e gli italiani convertiti. Stefano Allievi vede un Islam italiano statico e dinamico insieme, «che cambia e non cambia». I1 dinamismo maggiore, suggerisce l'autore, si avverte nel cambio generazionale e nell'emergere di nuovi attori sociali, in particolare nella diaspora marocchina. Analoghe tensioni tra appartenenza religiosa, identità italiana e origini culturali si ripropongono in quella che Giampiero Comolli definisce «la crisi dell'Oriente italiano» (cioè delle comunità indù e buddiste), nelle pratiche sinti e rom raccontate da Cristina Simonelli e nel fenomeno delle chiese etniche descritto da Messia Passarelli.
Nonostante l'effervescente cantiere raccontato nel Rapporto, il Paese rimane in gran parte restio a guardarsi allo specchio. Egoismi e pregiudizi religiosi alimentano la reticenza. Chi proclama che il rafforzamento delle identità genera il dialogo tra diversi non ha il coraggio di guardare ai frutti della propria retorica, a cominciare dagli stenti del dialogo ecumenico e interreligioso fotografati da Gaëlle Courtens. Il cantiere delle religioni italiane è operoso, ma gira a vuoto: «lavora senza progetto», denunciano i curatori del volume, «senza un chiaro obiettivo e un trasparente e condiviso modello cui guardare».
Gli attori politici e sociali, e la stessa informazione, sono responsabili di questo «cantiere senza progetto». Ma la mancanza di un progetto che trasformi il dato della pluralità religiosa in «progetto organico del pluralismo religioso», scrivono a ragione Naso e Salvarani, dipende anzitutto da «coloro che ne dovrebbero essere gli attori principali», ovvero dalle nuove religioni del Paese. Il cantiere non può costruire alcunché senza un progetto. Definirne uno che riunisca i credenti, e che includa i non credenti. è la sfida più grande dell'Italia che siamo diventati.

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Il rapporto
Paolo Naso e Brunetto Salvarani sono i curatori del volume «Un cantiere senza progetto. L'Italia delle religioni. Rapporto 2012» (Editrice missionaria italiana, pagine 368, € 18), che contiene vari contributi sulle confessioni presenti nel nostro Paese. Tra gli autori dei saggi: Stefano Allievi, Paolo Bertezzolo, Giancarlo Bosetti, Giampiero Comolli, Marco Dal Corso, Renzo Gattegna, Marco Marzano, Armando Matteo, Alberto Melloni.

Le statistiche
Dai dati contenuti nel libro risulta che attualmente risiedono in Italia circa 660 mila cristiani evangelici (tra cui 250 mila immigrati), 900 mila cristiani ortodossi, 400 mila testimoni di Geova, 25 mila mormoni, 40 mila ebrei, un milione e 300 mila musulmani, 100 mila buddhisti, 100 mila induisti, 25 mila sikh. I cattolici in Italia, secondo le stime più recenti, sono poco più di 50 milioni.

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