Mercoledì, 12 Settembre 2012 01:05

Faida a Scampia. Un caffè che costa una vita. Fino a quando?

Scritto da  Gerardo

Riceviamo e pubblichiamo l'intervento di Domenico Pizzuti, sul piano straordinario con polizia e carabinieri per il controllo della periferia nord, cioè Scampia-Secondigliano-Miano, con l’intento di evitare una faida sanguinosa.




Un caffè che costa una vita. Fino a quando?
di Domenico Pizzuti


Più volte in questi giorni abbiamo sentito volteggiare in cielo gli elicotteri a supporto del piano straordinario deciso dal Prefetto Andrea De Martino con 200 uomini di rinforzo a polizia e carabinieri per il controllo della periferia nord, cioè Scampia-Secondigliano-Miano, con l’intento di evitare una faida sanguinosa, - come quella terribile degli anni 2004-2005 - , tra gli Scissionisti e i “Vanella Grassi” che prendono il nome dalla strada del rione “Terzo mondo” presidiati dai “Girati”.

Anche ieri (sabato) a mezzogiorno abbiamo seguito il volteggiare di un elicottero tra la Vela celeste ed i fabbricati del Lotto G, mentre nel sottostante spiazzo del Parco dei Postali i ragazzini continuavano a giocare a pallone. Nello stesso tempo abbiamo riscontrato, dall’altra parte della strada, un più deciso controllo delle entrate e delle uscite del Lotto P, noto luogo di smercio ed assunzione della droga, da parte delle gazzelle della Polizia e dei carabinieri con alcuni bliz all’interno armi alla mano. Controllo del territorio che è in atto da mesi con le gazzelle della polizia e dei carabinieri che girano giorno e notte.

A parte il plauso degli abitanti di Scampia per finalmente un deciso e massiccio intervento repressivo da parte delle forze dell’ordine nelle piazze di spaccio della droga, secondo il metodo Caserta che ha sortito buoni risultati nel contrasto al clan dei casalesi, l’interpretazione che si poteva dare di questo massiccio dispiegamento di forze, in seguito a sei morti ammazzati nello scontro tra due gruppi rivali, era di non dare respiro, di fare terra bruciata intorno ai clan della droga per evitare ulteriore spargimento di sangue. A nostro avviso non si trattava solo di “azioni dimostrative”, visti i risultati di smantellamento dei bunker della droga e di sequestro di armi anche sotto sacre icone, anche se non risolutive per la liberazione dai gruppi della criminalità organizzata e dai perversi circuiti di risoluzione dei conflitti con l’eliminazione dell’avversario, che non appartengono alla modernità statuale cui spetta l’erogazione della violenza legittima. Certo non sono bastati i forti controlli del territorio messi in atto per fermare l’ultimo agguato, nella notte di domenica. Oltre che criminale per la repressione dei reati ed illegalità dei gruppi della criminalità organizzata (organized crime), il problema è sociale di prevenzione dell’uso degli stupefacenti, cioè di influire sulle cause della guerra: il consumo ed il traffico della droga. A nostro avviso, questa considerazione riguarda il caso specifico scatenante la guerra, ma è noto che il crimine organizzato opera su più mercati legali ed illegali, nazionali ed internazionali.

Domenica mattina sui siti web dei giornali abbiamo letto con preoccupazione dell’agguato notturno teso a Raffaele Abete all’uscita dalla caffetteria Zeus dove aveva preso un caffè, in uno snodo di traffico importante come quello di via Roma verso Scampia a quell’ora non presidiato. Il fatto sanguinoso forse inaspettato rinfocola nei cittadini in una mattinata domenicale l’allarme sociale per una ripresa della faida sanguinosa all’interno del Gruppo degli Scissionisti. Non si tratta di un episodio senza regole, perché l’eliminazione dell’Abete mira a pareggiare quello di Marino a Terraccina, cioè di personaggi della mala di pari grado nella gerarchia criminale. Inoltre colpisce la freddezza, spietatezza e tecnica di esecuzione con tre colpi sulla nuca, e questa esecuzione presuppone una conoscenza dei percorsi dell’avversario costantemente seguito che cade nell’agguato.

Due aspetti, a nostro avviso, meritano attenzione per darsi una ragione di questi circuiti perversi di morte. L’uso delle armi, che presuppone un commercio non tanto oscuro di armi di vario tipo, e soprattutto l’addestramento all’ uso di esse da parte degli affiliati in sotterranei o luoghi aperti non frequentati, come nell’allenamento dei poliziotti americani nei polizieschi televisivi americani. In secondo luogo, occorre riconoscere che all’interno di questi gruppi criminali si sviluppa una socializzazione esplicita ed implicita dei familiari e degli affiliati al superamento delle contese con l’eliminazione fisica dell’avversario, e quindi una riproduzione preoccupante di questo modelli anche nel ventunesimo secolo a pochi passi dalle nostre case. È chiaro che la posta in gioco dell’occupazione delle piazze di smercio della droga è altissimo per la lucrosità dei proventi, che hanno la prevalenza sulla vita delle persone che possono essere facilmente eliminate.

È in gioco la vita nella corsa verso la morte per mano assassina. Un noto parroco di Scampia, in occasione di morti ammazzati nel suo rione, già alcuni decenni fa soleva scrivere sul registro dei defunti “Morto ammazzato per mano di Caino”. Ancora più pertinente è un passo della sequenza che si recita nella Messa di Pasqua: “Morte e Vita si sono affrontati in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa” per il significato tragico di questo duello sulle nostre strade e la prospettiva pasquale che riguarda tutti i mortali in un letto o per mano di Caino.

Scampia non è “fuoricentro” o luogo segnato da uno stigma negativo da evitare per una criminalità violenta e sanguinosa insediatasi, se non altro per il mercato della droga cui accedono appartenenti a tutte le classi sociali non solo della città e regione. Il risultato visibile sono i numerosi “morti viventi” che giorno e notte accorrono a frotte sotto i nostri occhi verso i luoghi tristi di assunzione della droga, che nel Lotto P ora sono stati smantellati.


Napoli 9 settembre 2012

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