Martedì, 30 Ottobre 2012 15:13

Post factum. Scambio di crocifissi o di una stretta di mano?

Scritto da  Gerardo

Pubblichiamo una fine riflessione di Domenico Pizzuti in merito alla vicenda, amplificata dai media, che allora merita qualche ulteriore approfondimento. Don Patriciello ha avuto il suo daffare; d’altronde la materia è incandescente in relazione agli attentati alla salute dei cittadini da parte dei roghi e fumi tossici.




Con lo scambio di due crocifissi tra un rappresentante dello Stato ed un parroco della “terra dei fuochi”, che sa di altri tempi, è stata siglata la riconciliazione tra un parroco oggetto di un rimprovero non usuale per aver chiamato “signora” il Prefetto di Caserta ed il Prefetto di Napoli reo di questo affronto. Non bastava una stretta di mano, anche sotto i riflettori? Tra parentesi, dobbiamo confessare che siamo con il prefetto di Napoli anche con un’esternazione sopra le righe, perché nella barbarie dei nostri tempi si è perso il senso del corretto riferirsi ai rappresentanti di ruoli pubblici ma non solo (papà non viene appellato con il suo nome?), non è in questione un cerimoniale che ha le sue rubriche per usare un linguaggio liturgico. Pace fatta, ma la vicenda amplificata dai media merita qualche ulteriore approfondimento per rendersi ragione di una vicenda che non va personalizzata, perché la materia è incandescente in relazione agli attentati alla salute dei cittadini da parte dei roghi e fumi tossici.

In primo luogo, la diffusione del battibecco in sede istituzionale sui social network e poi su giornali e televisioni, ha avuto il suo peso. Non bisogna dimenticare per comprendere l’exploit di don Patriciello, parroco di Caivano in un area avvelenata dai roghi tossici circostanti, che don Maurizio aveva iniziato una campagna di denuncia con scritti sul giornale “Avvenire” che l’ha proseguita nei mesi estivi con numerosi articoli e reportages. Questi interventi hanno riportato l’attenzione dell’opinione pubblica sulla devastazione di una terra con intombamenti di rifiuti tossici prodotti e trasferiti dalle imprese del nord-Italia, e l’attenzione dello stesso mondo cattolico e della diocesi di Aversa che ha sposato questa campagna anche se tardivamente. E’ merito di questo sacerdote aver colto il problema degli attentati alla salute degli abitanti facendosene portavoce ed attivista, anche se non tutti i sacerdoti della zona hanno caldeggiato alla stesso modo la campagna a difesa della salute di donne e bambini, firmando una denuncia alla Procura della Repubblica per omissione di atti d’ufficio da parte delle diverse Amministrazioni interessate, promossa da un Comitato che raggruppa più di 40 Associazioni ed ha raccolto circa 30.000 firme.

In secondo luogo, al di là delle pertinenti richieste da parte del Comitato di associazioni, occorre focalizzare l’obiettivo della mobilitazione di gruppi, associazioni, comitati e clero impegnato rispetto alle forze perverse in campo: è primariamente l’eliminazione dei roghi tossici con opportune misure preventive e repressive da parte delle varie istituzioni pubbliche preposte o nel contempo delle cause ed agenti del traffico di materiali tossici da sversare nelle campagne aversane, intombati e poi date alle fiamme intossicando l’ambiente? L’azione per l’eliminazione dei roghi e fumi tossici non può trascurare il contrasto ai traffici perversi dei gruppi della criminalità organizzata come sfondo ed obiettivo degli interventi richiesti per la “salute pubblica”. La gestione dei rifiuti tossici o meno costituisce una delle partite più lucrose dei profitti della criminalità organizzata casertana. E’ da decenni che questo traffico prosegue lungo l’asse Veneto-Campania, con processi condotti anche da parte della Magistratura, ed è noto che in centri della stessa area quando nottetempo arrivano i camion con “l’oro dei rifiuti”, vige il coprifuoco imposto dai gruppi della criminalità organizzata locale.

Se la memoria non falla, non consta che nei due/tre decenni passati ci siano state per paura o convenienza reazioni e mobilitazioni significative da parte della società civile e chiesa locale. La mobilitazione di gruppi, associazioni e poi Comitati è recente e risale a cinque o sei anni fa, a cui si è aggiunta la sensibilità e l’impegno di componenti del mondo cattolico. Suo malgrado (di don Patriciello), il Comitato si è riconosciuto quest’estate nell’entusiasmo ed impegno di questo parroco che rimane tale anche nell’azione sociale e nei rapporti con le Istituzioni, che non può e non deve essere suppletiva dei mancati interventi delle pubbliche amministrazioni e del risveglio della società civile.

Il risultato di questo “affaire” al di là dei protagonisti ha consentito di portare all’attenzione di Prefettura e Ministero dell’interno le richieste del Comitato per l’adozione di opportune ed urgenti misure per tutelare la salute dei cittadini. Non vorremmo che si esaurisse in una sorta di telenovela per la durata della serie, mentre la terra dei fuochi attende l’arrivo di camion di pompieri e la popolazione non può stare solo a guardare gli uomini all’opera. Ci sembra che la posta in gioco sia più alta della restituzione di aria pulita per il groviglio di traffici ed interessi non solo della criminalità organizzata in combutta con amministratori, politici, professionisti, imprese anche locali e non ultimo di coloro che sostituiscono l’esercito locale di riserva. E’ urgente un’ azione concertata di bonifica morale dell’intero tessuto sociale, non guidata da capi-popolo.


Napoli, 27 ottobre 2012


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