Giovedì, 14 Febbraio 2013 02:23

La responsabilità di Benedetto XVI

Scritto da  Gerardo

Da “PENSIERI IN LIBERTA’ N. 32”, riportiamo alcune considerazioni di Domenico Pizzuti, in prima e seconda battuta, sul gesto di dimissioni o di rinuncia di Benedetto XVI.




ONORE A BENEDETTO XVI PER IL SUO GESTO RESPONSABILE
Domenico Pizzuti

Mezz’ora dopo la diffusione della notizia delle c.d. “dimissioni” di Benedetto XVI da papa, una giornalista di “Repubblica Napoli” mi sollecita qualche considerazione in merito a questo evento inatteso, riportata oggi su questo giornale e che affido anche a questo blog. In seconda battuta aggiungo altre riflessioni maturate nel mio vagare oggi per la città di Napoli”.

1. “Umanità e onestà”, riscontra il gesuita Domenico Pizzuti nell’inatteso gesto del pontefice, non certo da paragonare a quello di Celestino V, che sa di rinuncia. Papa Ratzinger non è un rinunciatario, mostra invece una grande consapevolezza per l’età, per le turbolenze che vi sono state durante il suo mandato. È una persona non solo responsabile ma anche razionale: si è reso conto dello stato della chiesa, l’ha raffrontato con la forza di cui è in possesso. Questo però pone gravissimi problemi anche per l’organizzazione gerarchica della chiesa: deve essere affidata ad un solo o deve procedere verso quella che si chiama una struttura sinodale (assemblea dei vescovi)”.
Cambia qualcosa negli equilibri del clero napoletano? “Ci vogliono dei pastori veri, teologi, vescovi che siano uomini spirituali”. A breve un nuovo conclave, e il cardinale Sepe nel 2005 venne considerato papabile? “Non credo. Quello che ci dobbiamo augurare è un’altra cosa, che il popolo di Dio prenda in mano la Chiesa e non lasci soli i sacerdoti nel loro ministero. Quello di Papa Benedetto è un gesto straordinario, soprattutto nella Chiesa che, sia detto con tutto il rispetto, è anche gerontocratica, oltre che gerarchica. Farei santo più questo pontefice che il suo predecessore Giovanni Paolo II.
È da sottolineare la diversificazione se non frammentazione che vive la Chiesa: c’è quella di Martini, quella dell’attuale vescovo di Milano Angelo Scola, dei carismatici ecc.: quante chiese abbiamo? La chiesa è vivere insieme ai cristiani il cristianesimo. Il centro, affermatosi dopo il Concilio Vaticano II, è la parrocchia a livello territoriale, e questa autoreferenzialità ha messo in secondo piano gli ordini religiosi. In inglese “parochial” vuol dire particolarismo in confronto all’universalismo. Il grande merito di Benedetto XVI è stato aver capito che doveva combattere la pedofilia dei preti, insieme a una religione che coniugava fede e ragione. L’ho visto il 29 dicembre scorso in occasione delle giornate di preghiera di Taizè: invitava tra l’altro i giovani ad avere “attenzione a una più equa ripartizione dei beni della terra” (Vedi “Il Capodanno di Taizé visto da un 20enne e un 80enne).

2. Nel colloquio telefonico con la giornalista era emersa un’espressione non più ripresa ed approfondita rispetto al gesto dell’attuale pontefice: ROTTURA. Senza rincorrere a dietrologie laiche o religiose, rottura, certo, di una tradizione di un pontefice a vita o meglio di una concezione sacrale e sacrificale del ministero pontificio. Più in profondità si può pensare a una rottura rispetto a resistenze incontrate nelle strutture istituzionali dell’organizzazione ecclesiastica per attuare un programma di riforme. Al di là delle sfide sociali, etiche e culturali che incontra la Chiesa nella modernità nei paesi occidentali o meno, si ravvisa anche un distanziamento da un cristianesimo accomodante e accomodato, Riteniamo che, secondo categorie storico-religiose. si possa invocare e sollecitare un processo collettivo di RIFORMA DELLE STRUTTURE ECCLESIASTICHE E DELLA VITA CRISTIANA, senza impancarsi a maestri, ma seguaci seri e coerenti del Profeta Gesù di Nazareth.

3. Non sono da prendersi alla leggera espressioni raccolte a una fermata degli autobus o in un negozio di alimentari da parte di donne del popolo: “Non lo doveva fare!”. Perché? Per una concezione sacrale e sacrificale del pontificato, o perché il peso di un mandato si deve portare fino alla fine come nell’esperienza personale e familiare con tutte le sue pene e difficoltà? Affiora anche il dubbio che dietro le motivazioni di questo gesto ci sia qualcosa d’altro.
IL SIGNORE SIA CON NOI!

Napoli, martedì 12 febbraio 2013

Letto 1631 volte
Vota questo articolo
(0 Voti)
Devi effettuare il login per inviare commenti