Venerdì, 29 Marzo 2013 18:57

Il vento di papa Francesco a Napoli (di Domenico Pizzuti)

Scritto da  Gerardo

Il vento del gesuita argentino Jorge Mario Bergoglio, papa Francesco, acclamato dalla folla fin dal suo primo saluto, arriva, arriverà in quest'altro mondo, a Napoli, dall'altro continente? Questo vento sulla chiesa sperato ma inatteso, si è manifestato nell'approccio informale, nel linguaggio e nel contatto immediato con i fedeli, nella liturgia spogliata di pomposità, nella bianca talare come uniforme, e nella stessa dimora abbandonando i palazzi pontefici. Ha colmato con il suo tratto e gesti la distanza tra il trono pontificio ed il popolo dei credenti e non, riscoprendo lo stile di sermplicità ed umiltà del santo di Assisi. Tutto qui?

Di fronte allo stupore dei media di fronte a gesti di umanità ed informalità del successore di Pietro, quasi si direbbe che Bergoglio è sceso da cavallo per rivestire i panni del vescovo di Roma, del pastore della chiesa universale. Al di là delle aspettative di riforma della Curia romana e di richieste nord-occidentali riguardanti il campo della sessualità e della partecipazione delle donne alla vita e decisioni della chiesa, questa è la vera novità teologica ed ecclesiale perchè continuamente nelle parole e nei gesti ha detto di essere il "vescovo di Roma" e mai il "Pontefice", cioè si concepisce come un "primus inter pares", che avrà grandissime ripercussioni nei rapporti tra le confessioni cristiane divise. Nello stesso tempo, a partire dal primo discorso ai cardinali, si fa paladino di una "chiesa confessante", confessante nella liturgia e nella vita il suo Fondatore, Il Cristo della passione e della Pasqua di resurrezione, e non dei suoi fastigi pontificali mondani. Al di là dell'accento necessario su una chiesa povera e per i poveri, il contributo da parte della confessione cattolica alla nostra società nella presente congiuntura storico-sociale, a nostro avviso, investe prioritariamente la ricomposizione dei "legami sociali" disciolti tra individui, tra gruppi sociali, tra nazioni culture e religioni, secondo lo stesso etimo di religione, cioè re-ligare.

Papa Francesco, riformatore o rivoluzionario, è presto per dirlo. Pensiamo che la sua elezione sia il frutto di un discernimento in Conclave dei Cardinali, di una strategia ecclesiastica intesa a restaurare il volto pubblico della Chiesa deturpato e diviso, secondo le chiare affermazioni del Papa emerito, Benedetto XVI, anch'egli per scelta personale, sceso da cavallo. La scelta dei cardinali si è portato sul vescovo di Buonos Aires per il suo stile vita, che poteva meglio incarnare l' esigenza in dilazionabile di riforma della chiesa cattolica che vive nel mondo. Il Conclave, la sua elezione significata dal fumo bianco di un cammino d'altri tempi, la sua prima apparizione ed gesti successivi sono diventati, a nostro avviso, uno show globale nell'epoca della cmunicazione.

Questo vento gesuita e francescano, o meglio cristiano liberato da incrostazioni e barocchismi, arriverà anche a Napoli nella vita della chiesa in alto ed in basso, o finita la festa e "gabbato il santo", tutto ritornerà come prima? Papa Francesco ha certo conquistato il cuore dei napoletani di ogni strato sociale per la sua umiltà e semplicità, ma non basta se non si innesta una pratica trasformativa dell' esistenza individuale e sociale secondo le esigenze di una religione non puramente terrena. Non è in questione solo la liberazione da un clericalismo di ritorno da parte non solo dei chierici e dei loro accoliti, ma della platea dei fedeli che per troppo tempo si sono accomodati ad un cristianesimo del culto e dei sacramenti, con poca influenza nella vita quotidiana e sociale. Nelle comunità cristiane e negli stessi movimenti religiosi si è impiantata una comoda 'afasia, un mutismo impressionante ma temperato gesti di partecipazione nella stessa liturgia domenicale che da voce ai partecipanti. Nei rapporti tra clero e fedeli si rivela poi un certo "clericalismo affiliativo", che non è fatto di solo di baci ed abbracci post festum , ma di condivisione di una stessa visione di chiesa "religiosa" ma separata dalla vita quotidiana e sociale e non incidente in essa. Non partecipativa ed innovativa. Bisogna ulteriormente porsi la domanda rispetto alla celebrata "religiosità popolare" napoletana e meridionale, che cosa può mutuare dalla religiosità delle comunità cristiane di base latino-americane, con venature anche di liberazione sociale.

E' nostra convinzione che il vero rivolgimento da realizzare non riguarda solo in alto un papa "francescano" nello stile, che non è poco rispetto ai fasti ecclesiastici del passato, ma una riproposizione conciliare della centralità del "popolo di Dio", con diversi ministeri e carismi. L'informazione ed osservazione sociale non deve privilegiare solo il papa o vescovo di Roma di turno, ma le comunità cristiane nei diversi luoghi e territori animate dalla fede e guida del vescovo di Roma.

C'è una via napoletana alla riforma della chiesa, secondo la testimonianza di papa Francesco, che raccolga ed inveri questo vento che viene dall'altra parte del mondo?

Letto 321 volte
Vota questo articolo
(0 Voti)
Devi effettuare il login per inviare commenti