Martedì, 03 Novembre 2015 17:58

Noi Siamo Chiesa sulle conclusioni del Sinodo

Scritto da  Gerardo

Nel Sinodo non sono passati i conservatori. L’autorità di papa Francesco è ora più grande di prima. Le soluzioni adottate sono a chiari e scuri, e la riforma è troppo lenta. Ma è iniziata.
I 94 paragrafi della Relazione finale del Sinodo dei vescovi su “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo” meritano di essere letti più volte. Auspichiamo, per il documento conclusivo che firmerà papa Francesco, una maggiore capacità di sintesi.
Trasmettiamo alcune osservazioni di Vittorio Bellavite (NSC).




Il Sinodo
Anzitutto la sua composizione: 270 maschi, celibi e votanti a fronte di un milione di suore rappresentate da tre superiori generali non votanti e nominate. Le donne quasi assenti su una tematica in cui il “vissuto” è anche maschile ma molto femminile. Hervé Janson, superiore dei Piccoli Fratelli del Vangelo era l’unico non prete a votare e ha denunciato, in conferenza stampa, questa assurda composizione del Sinodo che è identica a quella di ogni altra sessione precedente, nonostante papa Francesco.
Altra cosa abnorme e curiosa: nei 94 paragrafi non si ricorda in nessun passaggio (salvo in un accenno semi invisibile) che ben due questionari proposti dalla segreteria del Sinodo hanno fatto discutere in tutto il mondo per mesi sulla famiglia una parte consistente del popolo di Dio.
Altra cosa particolare: nella Relatio la descrizione del magistero della Chiesa nel tempo parte dal Concilio Vaticano II. Dei diciannove secoli precedenti non si dice niente, forse perché, se si fosse detto qualcosa, ci si sarebbe accorti che la dottrina e la pastorale sono ben variate nel tempo e che quindi i conservatori che parlano di verità immutabili scritte nel Vangelo dovrebbero essere più prudenti.
Tutto ciò premesso, questo Sinodo ha avuto “caratteri conciliari”, ben diversi da quelli del passato quando esso sembrava poco di più un semplice incontro di ecclesiastici che si trovavano per conoscersi e discutere su una traccia già definita e dall’esito lasciato alla completa discrezione del papa. La posta in gioco era quest’anno molto alta; lo confermano i diversi attacchi dei nemici del papa (che si sono rivelati però ininfluenti) e l’attenzione inedita dei media. Possiamo dire che, quale che sia il giudizio che si possa dare su di esso, questo Sinodo ha comunque discusso di questioni che l’area “conciliare” della Chiesa aveva sollevato
da tempo e che il sistema ecclesiastico, salvo eccezioni, aveva silenziato per anni.
Dal Sinodo esce molto rafforzata l’autorità di papa Francesco per i seguenti motivi: la sua volontà di percorrere una strada conciliare per la Chiesa (anche se, per ora, con uno strumento del tutto insufficiente) ha avuto successo, gli attacchi dei conservatori non sono serviti a niente e, infine, l’esito delle votazioni e la qualità del documento conclusivo hanno detto che papa Bergoglio non è in minoranza. Ma soprattutto ne esce rafforzata un’idea diversa di Chiesa: meno gerarchica, meno papocentrica, meno occidentale, appunto più sinodale, con tutte le aperture di visione e di comportamenti che questo implica, e che non mancheranno di ampliarsi e di produrre effetti a tutti i livelli, sia nelle gerarchie che nei fedeli.

Le questioni generali che riguardano la famiglia
Nel Sinodo straordinario dell’ottobre 2014 la società in cui “vive” la famiglia quasi non c’era. Ora la situazione è diversa. Già nell’Instrumentum Laboris, e ancora più in questa relazione finale, i problemi sociali con cui ha a che fare il vissuto della generalità delle famiglie, non solo di quelle cristiane, è venuto a galla. Si è usato un metodo induttivo: nella prima parte di questa Relatio invece di esporre i grandi principi e la dottrina si è esaminata la realtà. Da una parte le situazioni esterne: la povertà, il lavoro, la casa, le migrazioni, l’assenza di politiche per la famiglia, l’esclusione sociale, dall’altra le situazioni interne alla famiglia, la terza età, la vedovanza, i disabili, i bambini e l’educazione dei figli, la condizione della donna, i giovani.
Non si è parlato solo della coppia e si è cercato di confrontarsi coi rapidi cambiamenti degli ultimi anni ancora in corso. Un tale mutamento di approccio e di sensibilità è in parte effetto e in parte causa della consultazione, voluta da papa Francesco, che è stata fatta coi ben noti questionari, anche se le risposte non sono purtroppo mai state comunicate (se non da qualche conferenza episcopale). Questo approccio ha permesso alla maggioranza dei padri sinodali di non usare moduli preconfezionati ma di attingere alla fonte inesauribile della fede e di scavalcare così la barriera costituita dai principi immutabili che sarebbero contenuti nel Vangelo e che è eretta dai custodi del “sabato” contro l’uomo e di discutere anche a partire dall’incontro di Gesù con l’adultera, con la samaritana, con la straniera.
Un’altra osservazione generale: leggendo la Relatio si ha una dimensione della universalità della Chiesa che non si era avuta l’anno scorso perché si comprendono le tante differenze di situazioni e di costume presenti nell’universo cattolico. A questo proposito sarebbe stato ancora meglio che tutti i singoli interventi fossero stati resi pubblici. E’ aumentata la consapevolezza che le culture sono molto diverse tra di loro e che “ogni principio generale ha bisogno di essere inculturato, se vuole essere osservato e applicato …l’inculturazione non indebolisce i valori veri ma dimostra la loro vera forza e la loro autenticità, poiché essi si adattano senza mutarsi, anzi essi trasformano pacificamente a gradualmente le varie culture”(discorso alla fine del Sinodo di papa Francesco).

Divorziati risposati
E’ sostanzialmente prevalsa la cosi detta soluzione tedesca, anche se con un testo complesso e non immediatamente esplicito, per quello che riguarda l’ammissione all’Eucaristia dei divorziati risposati. Si tratta della scelta di affidare al singolo credente, affiancato da un presbitero, il discernimento e la revisione personale, di “coscienza”, della propria vicenda. E’ quella già praticata da un certo numero di credenti che si trovano in questa condizione, accompagnata spesso dalla guida di preti di cui si ha fiducia e che è stata proposta da molto tempo dai cristiani di base, da illustri teologi come Bernard Haring e, in passato nel ‘93, dai vescovi tedeschi Oskar Saier, Karl Lehmann e Walter Kasper ( fu bocciata dal Card. Ratzinger, prefetto dell’ex-S.Uffizio). Essa si appoggia sulla migliore teologia morale che ritiene che ogni atto debba essere eticamente valutato in base alle circostanze concrete in cui esso è avvenuto o avviene, senza però nessuna concessione a forme, dirette o indirette, di lassismo o di comodo soggettivismo.
Questa soluzione, come descritta nella Relatio, ha dei limiti. Non è esplicita nel concedere l’ammissione all’Eucaristia del divorziato risposato e si presta ad interpretazioni rigoriste da parte dei nemici di ogni cambiamento, non prevede il suo accoglimento esplicito nella comunità e tantomeno la benedizione delle nuove nozze (come avviene invece da sempre nella tradizione delle chiese ortodosse, come Giovanni Cereti ha ampiamente documentato). Su questo punto in particolare sarà importante la receptio nell’ambito delle chiese locali per evitare discrepanze nei comportamenti da parte dei ministri. In questo senso nell’Esortazione Apostolica che seguirà papa Francesco potrà sottolineare e precisare la scelta sinodale portandola ad ulteriore chiarezza. Che questa soluzione non sia comunque indolore lo prova la forte opposizione che essa ha incontrato. Contro il capoverso 85, che tratta della questione, si è organizzato nel Sinodo il dissenso, che probabilmente riguarda altri aspetti del pontificato di Bergoglio e che su questa questione aveva l’occasione giusta per contarsi.
La testimonianza che la situazione dei divorziati risposati può iniziare a sbloccarsi, in varie forme e procedure, è data anche dal Motu Proprio “ Mitis Iudex Dominus Iesus “ dello scorso agosto che affida ai vescovi competenze in materia di nullità del vincolo. Questo testo non è stato adeguatamente considerato dall’opinione pubblica cattolica nei suoi aspetti positivi; eppure è una decisione molto importante anche perché indica la volontà di decentrare il potere nella Chiesa per realizzare una reale modifica del modo di esercizio del primato di Pietro.

Omosessuali
La moderata apertura della Relatio post disceptazionem del sinodo precedente è finita nel cestino. Nessuna modifica alla linea precedente è passata. Il Card. Schönborn ha detto esplicitamente, in conferenza stampa, che le differenze di posizione erano troppe e che non restava che rimanere fermi. Tutte le elaborazioni e proposte che da anni sono state elaborate dai gruppi di omosessuali credenti e condivise da tanti altri sono state ignorate. La sbrigativa conferma della non equiparazione delle unioni omosessuali col matrimonio dovrà comunque confrontarsi con un’opinione contraria che si va diffondendo ovunque. Potevamo sperare almeno che la coppia omosessuale stabile fosse considerata come positiva (o non negativa) o almeno che si lasciasse, alle situazioni ecclesiastiche locali, la possibilità di un approccio pastorale diverso.
Discutibile è anche la chiusura alla possibilità di adozioni da parte di coppie omosessuali. Comunque ci sembra che almeno il problema delle persone omosessuali nella Chiesa ora sia stato posto con molta forza e siamo abbastanza sicuri che esso sarà ancora oggetto di necessaria contraddizione nella vita delle nostre comunità cristiane. Esse si dovranno confrontare con il vissuto di tante sorelle e fratelli, iniziando a praticare per davvero una posizione di completa accoglienza e di attivo intervento contro ogni discriminazione all’interno della Chiesa ed anche all’esterno. Le sorelle e i fratelli omosessuali manterranno la speranza che le cose cambino perché sanno che le parole del Vangelo di accoglienza e di fraternità si faranno strada per modificare le posizioni ufficiali che non sono accettabili. Dove è finito il “Chi sono io per giudicare di papa Francesco? ”.

Humanae Vitae
Non pare che si sia discusso molto di questa enciclica e non sappiamo i motivi. Forse per l’imbarazzo di dover riconoscere che essa è ormai di fatto fuori dal magistero credibile ed accettato dal popolo di Dio, almeno nella sua principale prescrizione normativa contraria ai contraccettivi artificiali. Viene citata tre volte (ai paragrafi 43, 50 e 63) ma non nei passaggi contestati. Speriamo che essa venga progressivamente e ufficialmente superata e che il criterio dell’accettazione completa delle sue indicazioni non venga più, come nel recente passato, usato come criterio discriminante per attestare l’ortodossia piena di chi fosse destinato a funzioni magisteriali, per esempio per la nomina a vescovo o per la docenza nelle facoltà teologiche.

Coppie di fatto, matrimonio civile
La Relatio di quest’anno ripete quanto già scritto positivamente in quella del precedente Sinodo. La consultazione di base ha sicuramente confermato e facilitato questo passo in avanti. Al paragrafo 70 si dice esplicitamente che queste situazioni devono essere affrontate in modo costruttivo cercando di trasformarle in opportunità verso la pienezza del matrimonio e della famiglia alla luce del Vangelo. In tempi relativamente recenti i conviventi more uxorio o sposati solo civilmente venivano definiti “pubblici peccatori” e nei documenti del Concilio non esiste alcun riferimento alle coppie di fatto. Vorremmo ricordare tutto ciò a chi continua a parlare di dottrina e di pastorale immutabili nel tempo e nello spazio.

La donna nella Chiesa
L’analisi della condizione della donna viene descritta, sopratutto nel par.27, con una certa efficacia. Non ha però una sufficiente evidenza in relazione alla sua importanza e alla gravità delle situazioni difficili in cui la donna è coinvolta in gran parte dei paesi del mondo, anche in quelli dove esiste una diffusa presenza della Chiesa. Le riflessioni e le proposte avrebbero potuto essere diverse e più ricche con una presenza diretta al Sinodo di rappresentanti dell’universo femminile, che dovunque sostiene nel mondo, in modo determinante, la vita delle comunità cristiane. Alla fine del paragrafo si auspica “una maggiore valorizzazione delle loro responsabilità nella Chiesa…”. Saranno le solite parole al vento? Anche papa Francesco fino ad ora non ha fatto niente di concreto in questa direzione.

Molte altre questioni importanti
Il Sinodo su altre questioni che sono connesse con la vita della famiglia e che sono di grande rilevanza etica e sociale dice poche parole, confermando la posizione tradizionale della Chiesa; così è per l’aborto (paragrafo 64), per l’utero in affitto e il mercato dei gameti e degli embrioni (par.27), per l’eutanasia e il suicidio assistito (par. 20, questa è una questione che non può essere risolta sbrigativamente).
Per quanto riguarda la procreazione assistita il paragrafo 33 descrive la situazione di fronte alla quale la Chiesa “avverte la necessità di dire una parola di verità e di speranza”. A sorpresa non dice niente altro. Forse i padri sinodali non si sentono ancora all’altezza di parlare su questa realtà così difficile e in rapido sviluppo, che incombe sulla famiglia e diciamolo pure – su tutta l’umanità.
Sulla pedofilia (par. 26 e 78) dopo aver detto parole ovvie si dice “Nella Chiesa sia mantenuta la tolleranza zero in questi casi, insieme all’accompagnamento delle famiglie”. Tutto qui. Che significa “sia mantenuta” ? Significa che in passato c’era questa tolleranza zero ed ora si tratta solo di continuare a mantenerla? Chi ha scritto questa frase? E la pedofilia del clero con il sistema, ovunque diffuso negli episcopati, di insabbiare in varie forme le denunce a carico del clero? Ma non ci si ricorda della realtà nel mondo e in Italia? Noi avevamo chiesto che il Sinodo fosse l’occasione perché la Chiesa, da parte dei suoi massimi responsabili nel mondo, esprimesse un atto di profondo pentimento per quanto è successo e chiedesse perdono alle vittime e alle loro famiglie. Questo non è successo.
Infine il Sinodo denuncia al par.8 l’esistenza “dell’ideologia del “gender” che nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e di donna. Essa prospetta una società senza differenze di sesso e svuota la base antropologica della famiglia”. Siamo d’accordo che alcuni aspetti della cultura della cosi detta secolarizzazione abbia aspetti negativi. Ma questa questione è tutt’altra cosa. Questa paura del gender ci sembra quasi solamente frutto di una enfatizzazione, da parte di movimenti fondamentalisti, di aspetti del tutto marginali e isolati di alcuni frammenti della cultura femminista e queer. Essi hanno trovato nella campagna contro il fantasma del gender motivo di identità e di scontro contro un non esistente complotto della cultura “radicalgay”, in assenza delle loro precedenti campagne a difesa dei famosi “valori non negoziabili” che non piacciono a papa Francesco (e a noi). Questo passaggio della Relatio sul gender sembra copiata dalla relazione del gruppo Italicus C della prima settimana del sinodo, ispirato dal vertice della Cei, che da mesi non manca di battere su questo punto, contribuendo a creare ansie ingiustificate nei genitori delle nostre scuole e a ingenerare le condizioni per un atteggiamento discriminante nei confronti dei giovani che abbiano tendenze omosessuali.

Il discorso finale di papa Francesco
Consigliamo la lettura integrale del discorso finale, la sera del 24 ottobre, di papa Francesco perché vi emerge, con particolare chiarezza, il punto di vista nuovo con cui egli vuole guidare la Chiesa. Ci ricorda i migliori interventi di papa Giovanni. Ci sono tante gemme: “Il Vangelo rimane per la Chiesa la fonte viva di eterna novità, contro chi vuole ‘indottrinarlo’, in pietre morte da scagliare contro gli altri”, la Chiesa vuole “difendere e diffondere la libertà dei figli di Dio, per trasmettere la Novità cristiana, qualche volta coperta dalla ruggine di un linguaggio arcaico o semplicemente non comprensibile”, “i veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera ma lo spirito; non le idee ma l’uomo; non le formule ma la gratuità dell’amore di Dio e del suo perdono”. Le parole di papa Francesco continuano a darci molta speranza per il futuro.


Roma, 26 ottobre 2015

NOI SIAMO CHIESA
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