Lunedì, 04 Febbraio 2008 00:55

In nome della religione

Scritto da  Gerardo

Sayed Parwez Kaambakhsh, 23 anni, studente afgano di giornalismo, è stato condannato a morte in primo grado a Mazar-i-Sharif, nel Nord del Paese, con l'accusa di aver scaricato da Internet e diffuso materiale ritenuto "blasfemo", in particolare un articolo in cui si metteva in discussione il divieto del "profeta", contenuto nel Corano, alle donne ad avere quattro mariti, a fronte del diritto riconosciuto all'uomo di avere quattro mogli (continua…).


In Afghanistan può ancora capitare a un giornalista oltre sei anni dopo la caduta del regime talebano.
Il condannato ha davanti a sé altri due gradi di giudizio e lo stesso presidente dell'Afghanistan, Karzai, ha in ultima istanza il potere di modificare la sentenza di condanna a morte, prevista dalla Costituzione per i reati di blasfemia.
Il senato afgano ha chiesto per lui la pena capitale, salvo annunciare poi di aver ritirato la conferma della condanna a morte pronunciata dal tribunale di Mazar-i-Sharif, definendo un “errore tecnico” la sua precedente decisione. E’ probabile che su questo ripensamento abbia influito la mobilitazione e l’appello della comunità internazionale al presidente Karzai in atto da settimane a favore del giornalista.
La decisione del senato non significa, tuttavia, che Sayed Parwez Kaambakhsh sarà rimesso in libertà, ma le probabilità che questo avvenga sono aumentate.
L’appello per salvare la vita del giovane afgano continua.

(A.F)
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