Stando ai sondaggi, l'ex-vescovo Fernando Lugo potrebbe vincere le elezioni presidenziali di oggi in Paraguay. Ma lo scenario è più confuso di quanto sembri, gli indecisi sono ancora molti e le urne potrebbero riservare sorprese.
Si vota in Paraguay e Fernando Lugo, ex vescovo di Roma, dovrebbe diventare presidente. Ogni inchiesta gli assegna sei punti di vantaggio su un altro ex, il generale golpista Lino Oviedo, in bilico per il secondo posto con Blanca Ovelar candidata del partito Colorado del dittatore Stroessner: governa da 61 anni un Paese sfinito dall'ultimo medioevo dell'America Latina. Il dubbio non contempla il ripensamento degli elettori ma le manipolazioni e le alleanze segrete tra gli aspiranti che sembrano sconfitti. Ovideo s'appoggia alla classe media affascinata dal decisionismo di un militare che ha lasciato il partito Colorado per tentare l'avventura di un golpe finita male: esilio e carcere e un'improvvisa liberazione mai motivata. Il governo alle corde sta forse pensando al gioco estremo: coalizzarsi con Oviedo contro Lugo per non perdere il potere. Simbiosi complicata perché i dissapori tra il generale e i colorados restano profondi, ma è la sola alternativa rimasta a chi vuol difendere i privilegi di poche famiglie e la fame del 90% della gente.
Il programma di Lugo non lascia dubbi: cambiare il paese riorganizzandolo dal basso con la riforma agraria; spogliare il latifondo, umanizzare il lavoro delle campagne impedendo alla soia transgenica di estirpare i contadini trasformando colture di grano, cotone, frutta e caffè in uno sterminato deserto verde. Proprietà immense di pochi. Stanno arrivando gli stranieri non solo dall'altra America, soprattutto del Brasile. L'angoscia dei contadini ormai nomadi e affamati sulla strada della clandestinità ( due milioni di esuli in Argentina, un terzo della popolazione ); questa angoscia, pretende riforme sociali destinate a rovesciare le gerarchie del Paraguay. Si accampano nelle villas miserias che allargano ogni centro urbano. Rappresentano la protesta nelle piazze della capitale. Immiseriscono l'immagine del Paraguay il cui prodotto lordo resta l'orgoglio delle statistiche, ma solo delle statistiche: un piccolo paese diventato quarto esportatore al mondo di soya. Paraguay che confina col Brasile di Lula, l'Argentina della signora Kirchner, la Bolivia di Evo Morales. Ecco perché l'inquietudine non agita solo i notabili di Asuncion: allarma gli Stati Uniti. Hanno riaperto una base militare quasi dimenticata. Guardano al cono sud come a una polveriera che incombe sugli affari di Wall Street adesso che il Brasile ha scoperto un mare di petrolio.
Il Brasile é grande vicino scomodo storicamente del Paraguay. La prima urgenza di Lugo sarà trattare la commercializzazione della centrale elettrica di Itaipù, sul confine segnato dal fiume Paranà. È una delle sette meraviglie del mondo, si dice sempre così. Ma la meraviglia è come viene regolata la divisione dell'energia prodotta. Nel trattato dei generali Medici e Stroessner. Erano capi di stato quando nel 1973 hanno stabilito di ripartirsi al 50 per cento l'elettricità di Itaipù ma se uno dei due paesi consuma meno dell'altro, l'eccedenza non può essere venduta a un paese terzo. Obbligo di cederla al partner a prezzi di costo di produzione. Spiccioli. Accordo capestro. Il Paraguay consuma dal 2 al 5% dell'elettricità, mentre al Brasile va il 90% e il popolo degli stracci perde 3 miliardi e 600 milioni di dollari e altri 600 milioni con la diga condivisa con l'argentina a Yacreta e congelata dallo stesso trattato. Il Paraguay resta in fondo al mondo per un elenco infinito di ritardi. Paese senza catasto: impossibile risalire alle proprietà dentro le scatole cinesi dei notai. Paese delle febbre gialla, lo stato trascura ogni vaccinazione: medici e farmaci arrivano solo nei giorni che precedono le elezioni. E spariscono. Insomma, un paese che Lugo vuole rendere normale.
È andato a Brasilia a trovare Lula. Abbracci, non solo col presidente soprattutto col suo partito dei lavoratori. Lula ha promesso di riscrivere il trattato di Itaipù. E il movimento Sem Terra gli ha offerto collaborazione e assistenza nella ricostruzione sociale ormai urgente.
Le speranze dei sei milioni di diseredati non pesano nella grande politica che sta trasformando il continente, ma sono sei milioni di figli della gleba e la loro affermazione può influenzare il panorama latino. Tanto per capire la loro vita quotidiana. Sta per uscire «Appunti sul Paraguay» di Ines Cainer: la vita della gente raccontata da chi l'ha condivisa. «Tra il giorno 7 e il giorno 19 ottobre, 14 ragazzi con meno di 20 anni si sono tolti la vita. La loro tragedia non appare nelle statistiche. Nessun ne parla eppure migliaia di persone ogni anno muoiono per "autoeliminazioni" come spiegano i documenti ufficiali. Disillusi da una situazione sempre più difficile, senza speranza e senza vie d'uscita, braccia da soma e non persone, scappano dalla fatica con la morte».
Fernando Lugo rappresenta la prima speranza dopo 60 anni. Ma incarna il pericolo di una destabilizzazione che può travolgere le piramidi del potere Colorado. La campagna elettorale è tormentata da piccole e grandi violenze. Dieci giorni fa le squadre del governo hanno ucciso la moglie e ferito a morte il leader di uno dei movimenti contadini che sostengono l'ex vescovo. Arresti e carcerazioni senza un'accusa. Impossibile parlare al telefono con chi fa propaganda. Ricevitori fissi muti. E cellulari disturbati da rumori che rendono incomprensibili le conversazioni. L'ultimo provvedimento ufficiale ha spento i cellulari dei rappresentanti di Lugo che accompagnano gli osservatori stranieri. Si vuol impedire denunce e segnalazioni di irregolarità. Ecco perché malgrado i sei punti di vantaggio il risultato resta sospeso da troppi sospetti. (Maurizio Chierici)