Mercoledì, 28 Maggio 2008 18:06

I vespri napoletani di Ponticelli

Scritto da  Gerardo

Nel seguito, abbiamo il piacere di presentare una ricostruzione, ad opera di Domenico Pizzuti, delle vicende dello sgombero violento dei campi Rom di Ponticelli.
Ci auguriamo che si renda ragione dei fatti e delle diverse responsabilità.


I vespri napoletani di Ponticelli
Di Domenico Pizzuti


Le vicende dello sgombero forzato dei campi di romeni dal quartiere napoletano di Ponticelli sotto la pressione di gruppi della popolazione esasperata e manovrata da nascosti fili ma non tanto costituiscono un‘autentico affaire che va disvelato con una corretta informazione ed interpretazione per cogliere la posta in gioco, gli attori secondo una regia nascosta ma reale, ed il concorso di fattori e disfunzioni che emergono alla prova dei fatti.

In primo luogo, la posta in gioco era la disponibilità di un’area occupata da campi abusivi di famiglie di rom per la costruzione di abitazioni, servizi privati e pubblici come il Palaponticelli, per la quale secondo il Programma di Recupero Urbano (PRU) approvato dalla Giunta Comunale erano destinati 67 milioni di euro. Se entro il 4 agosto 2008 non iniziavano i lavori dei cantieri per gli edifici previsti venivano revocati i finanziamenti ministeriali con una perdita non solo per le imprese edili. Questo è il primo fatto ma altrettanto scatenante nella situazione di crescente degrado del quartiere è stato, a nostro avviso, il recupero di una sicurezza esistenziale minacciata non solo dai rom “ladri di bambini” - secondo uno stereotipo diffuso e confermato da un presunto rapimento di un bambino - e più in generale dal diverso che disturba per stile di vita e manifestazioni di devianza da standard sociali (sporcizia, roghi di copertoni per estrarne il rame, accattonaggio, ecc.). Quindi disponibilità di un’area da acquisire con modalità civili e così per il rapporto con il diverso da accogliere civilmente in vista di una possibile inclusione sociale.

Attore, non immediatamente delle aggressioni e dei roghi, è la rappresentanza della Municipalità che a più riprese aveva chiesto lo sgombero dei campi dall’area per l’attuazione del PRU con l’appoggio pubblico negli ultimi giorni anche di componenti del PD con un manifesto anti-rom, senza che per responsabilità non chiare si trovassero soluzioni abitative alternative per i rom romeni nell’ambito del quartiere o nelle vicinanze. Lo sgombero dei campi era stato d’altra parte programmato dalla Prefettura di Napoli, ma è stata preceduta stranamente dai moti popolari anche sotto l’onda di un presunto rapimento di un bimbo da parte di una giovane rom da accertare dalla Magistratura. Sul fronte delle aggressioni ai vari campi sono state in prima fila donne vocianti contro i rom “ ladri di bambini” ed i facinorosi scorazzanti con moto a lanciare bombe molotov per incendiare le baracche ed impedire il ritorno dei rom alle baracche di legno e latta. Quale il ruolo della camorra o dei clan locali normalmente interessati ad infiltrarsi nei settori dell’edilizia e dei lavori pubblici? Secondo i Servizi dietro i raid ed i roghi non ci sarebbe la regia dei boss, ma un secondo alla livello della malavita fatto di focolai più o meno spontanei, esasperazione popolare e trame, a nostro avviso secondo una “giustizia fai da te” di gruppi usi alla violenza per la soluzione dei conflitti di una gravità non sottolineata abbastanza (La Repubblica Napoli, 17 maggio 2008, p.V). Risulta in parte smentita l’interpretazione corrente per certi versi assolutoria che attribuiva raid e roghi mitica camorra e la responsabilità di tutta la triste vicenda, mettendo in ombra altre responsabilità, ritardi e disfunzioni istituzionali e sociali. Tutta la vicenda svoltasi nei “Vespri di Ponticelli” con i raid progressivi contro i diversi campi fino all’ eliminazione di tutti i rom dal quartiere dimostra senza ombra di dubbio un disegno concertato mirante alla cacciata di tutti i Rom dal quartiere con primari e comprimari per un intreccio di interessi politico-affaristici e criminali che va disvelato. E’ quindi un affaire orchestrato sulle vite delle famiglie rom di Ponticelli, di cui alcune tra l’altro portavano le ferite di precedenti espulsioni da Casoria e dal Frullone, che rischiano di essere trattati come rifiuti umani da espellere dalla vista.

Né si possono tacere i ritardi e l’inconcludenza dell’amministrazione comunale napoletana nei riguardi di sistemazioni vivibili di rom romeni o meno, anche se non si riscontra come in altre realtà del paese un pregiudiziale atteggiamento di ostilità, e progetti ventilati di strutture di prima accoglienza per rom romeni da parte dell’Assessorato alle politiche sociali come la Scuola “Deledda” non hanno avuto finora attuazione. Per onestà culturale, a parte alcuni pochi gruppi volontari operanti a favore dei diritti delle popolazioni rom, bisogna altresì interrogarsi sulla latenza ed indifferenza della società civile ed in particolare del Terzo settore per quanto riguarda iniziative di accoglienza e di integrazione di rom e simili, per non gettare la croce solo su alcuni. In questo campo si nota un ritardo culturale prima che politico nei riguardi delle politiche di accoglienza ed integrazione sociali di immigrati e rom.

I “Vespri di Ponticelli” non debbono facilmente essere archiviati ma approfonditi negli studi perché ci sono ancora aspetti che debbono essere chiariti. Essi sono stati una sconfitta non solo per un quartiere, ma per un’intera città con la sua classe dirigente politico-amministrativa alle prese con i roghi dei rifiuti che nuovamente si accumulano nelle strade e soprattutto per l’umanità dei napoletani subissata dalle voci delle donne scatenate contro altre donne e dai fumi delle baracche incendiate. E per la stessa cristianità che non sempre riesce a modellare un ethos di accoglienza in situazioni di disagio sociale.
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