Mercoledì, 13 Luglio 2005 18:24

Guido Gonella e Giovanni Gronchi

Scritto da  Gerardo

Nella ricostruzione di Corrado Corghi, la fine degli Anni Cinquanta, vale a dire il periodo che, con questi due personaggi, prelude a una nuova stagione politica per la DC.
Riferimenti storici? La crisi del “centrismo”, la morte di De Gasperi, l’apertura al P.S.I. e al “Centrosinistra”.
Con Fanfani che viene scavalcato a sinistra dal candidato del ben più “moderato” Gonella.
Guido Gonella
(di C. Corghi, a cura di A. Nesti)

A 27 anni era commentatore di politica internazionale all’Osservatore Romano, auspice Montini. Così uscirono dal 1933 al 1940 gli ACTA DIURNA che io lessi con grande interesse - su indicazione di Dossetti - nei tre anni conclusivi della presenza di Gonella nel giornale, malgrado non fosse facile trovare, negli anni del regime fascista, nelle rivendite il quotidiano vaticano. Gonella pubblicherà negli anni seguenti la esegesi dei messaggi pontifici raccolti nel “Presupposti di un ordine internazionale” (1943) e nei “Principi di un ordine sociale” (1944), e collaborerà al Codice di Camaldoli (1943). Questi tre documenti furono fondamentali per la mia preparazione alla vita politica, con accanto come maestri oltre Dossetti, un nipote del Toniolo e mons. Tondelli fautore di studi biblici nella difficile e complessa epoca del modernismo. Poco prima dell’invasione della Polonia Gonella era stato arrestato perché i suoi ACTA con una valutazione negli avvenimenti internazionali avevano irritato i gerarchi, rilasciato venne sottoposto a sorveglianza speciale. Negli anni di guerra uscì il suo volume-raccolta di lezioni di filosofia del diritto tenute nelle Università di Pavia e di Bari dove era stato licenziato nel 1939 per ordine politico. Di fronte alla violazione del diritto internazionale e alla negazione del primariato morale sull’obbligazione giuridica, Gonella indicava un ordine democratico.

A Gonella De Gasperi affidò, nell’ottobre 1943, la direzione clandestina del “IL POPOLO” valutando lo studioso un ponte fra il vecchio personale del partito popolare, la cultura delle nuove generazioni formate dalla FUCI e il movimento neoguelfo lombardo. Con questo foglio le idee della lunga vigilia venivano diffuse innervando l’embrione della futura DC centrista. Sempre a Gonella De Gasperi affidò la relazione sulle garanzie democratiche (Discorso sulle 27 libertà) al primo congresso del partito (Roma, aprile 1946). Espresse principi cristiani che dovevano informare la carta costituzionale nel dibattito con le impostazioni laiche democratiche. Nel secondo governo De Gasperi era stato nominato Ministro della PI dove rimase fino alla caduta del quarto gabinetto nel luglio 1951. Scelse per una riforma scolastica il metodo dell’inchiesta nazionale, ma questo sforzo di indubbio valore naufragò in un mare di carte (per un triennio vissi quella esperienza come membro della segreteria della riforma a palazzo Vidoni, Gonella fu sacrificato al governo mentre il suo interesse culturale avrebbe potuto assicurare alla Costituente contributi di un certo interesse. Durante il periodo del suo ministero partecipò a Roma al primo congresso dell’AIMC. Poco prima era venuto a Reggio su mio invito quale presidente, per inaugurare la risorta associazione magistrale “Tommaseo” e la sua sede.

Nell’aprile del 1950 venne eletto segretario politico della DC con il recupero di Dossetti alla vice segreteria. Rimase al governo ancora un anno senza riuscire a superare il traguardo della riforma della scuola e senza impedire il ritiro di Dossetti dalla vita politica. Affrontò il IV congresso (Roma, 1952) con un discorso sulle “malattie della libertà” ma la caduta della legge elettorale con premio di maggioranza (giugno 1953) diede inizio al declino politico di Gonella. Rientrò nel governo con Segni (luglio 1955) per la riforma aministrativa, e fu presente al congresso socialista di Torino. Gonella intuì che la strada dell’autonomia del PSI era stata imboccata così l’anno seguente capeggiò in Parlamento la “Concentrazione” in contrasto con la corrente maggioritaria della DC che era “Iniziativa Democratica” per far eleggere Gronchi al Quirinale come incoraggiamento all’autonomia socialista. Al congresso di Trento (ottobre 1956) Gonella pose il tema dell’apertura ma interpretando il pensiero di De Gasperi definì il centro come già centro-sinistra senza bisogno di presenza esterne. Il socialismo - disse – indurisce le arterie della democrazia. Alla sinistra democristiana le attese furono frustrate e Gonella uscì dal congresso come un notabile scomodo e superato. Farà parte di altri governi ma il suo pensiero continuerà a manifestarsi nella rivista “Società Nuova” entro una visione europeistica.

Pochi giorni dopo il ritrovamento del corpo di Moro, usciva alle stampe “Luci e ombre delle esperienze costituenti” in cui Gonella ritornava al riesame dell’architettura dello Stato guardando in faccia errori e lacune e accusando partitocrazia e pansindacalismo per i danni arrecati alo Stato. Fu il suo testamento politico. Morì il 19 agosto 1982 alla soglia dei 77 anni.


Giovanni Gronchi
(di C. Corghi, a cura di A. Nesti)

Si era occupato di sindacalismo al fianco di Achille Grandi, era stato sottosegretario all’industria nel primo ministero Mussolini, per tutto il ventennio era rimasto al di fuori della politica con posizioni in netto rifiuto del fascismo, e dopo la Resistenza si era fermato ai temi del laburismo. Fautore come Grandi dell’unità sindacale si impegnò nelle battaglie parlamentari differenziandosi dalle posizioni dossettiane. Quando Dossetti abbandonerà la politica (1952) Grandi cercò di essere riconosciuto come leader di tutta la sinistra DC col suo messaggio “torniamo alle origini”, cioè l’opposizione al centrismo che impoveriva le istanze costituzionali. Per il leader pisano occorreva avviare una più ampia partecipazione alla vita democratica aprendo alle istanze del mondo. Gronchi guardava avanti opponendo al moderatismo degasperiano una rigorosa applicazione del pensiero sociale cristiano. Fu sempre nel partito in assoluta minoranza tollerato (in forma palese) da De Gasperi. Venne a Reggio Emilia quando era presidente della Camera dei Deputati alla vigilia del congresso di Napoli (1954) per un applaudito discorso al teatro municipale gremito oltre misura. A cena, nella casa di un giovane industriale iscritto alla DC, mi chiese di appoggiare nel congresso la sua mozione per eleggere gli organi col sistema proporzionale e non più col maggioritario, proprio per assicurare la presenza nel consiglio nazionale di tutte le minoranze. Gli risposi che avrei fatto la scelta ascoltando il dibattito congressuale. Avendo poi io optato per il maggioritario Gronchi mi inviò una lettera di accusa che investiva tutta la corrente di maggioranza di Iniziativa Democratica.

La corrente gronchiana si esaurì quando Gronchi fu eletto Presidente della Repubblica nell’aprile 1955 e il grande messaggio di insediamento al Quirinale venne sommerso dal movimento popolare contro Tambroni che pure era stato con Forlani organizzatore dell’unico convegno della sua corrente a Pesaro. Mentre avvenivano assurdi eccidi fra la folla in protesta venni invitato al Quirinale per un incontro riservato col Presidente Gronchi. Come era noto dalla stampa avevo assunto una posizione di accusa nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri. Fu un lungo colloquio durante il quale constatai la solitudine di un politico. Ebbe una derivazione dal murrismo della prima democrazia cristiana, una militanza sindacale, una collaborazione col programma de “guelfi” (1942) così da differenziare notevolmente la sua interpretazione della realtà politica da quella di De Gasperi sia nel Partito Popolare, sia nella DC. Qualcuno ha scritto che Gronchi fu “l’attraente irregolare della DC, il simbolo di vaghe e affascinanti possibilità” Preferisco sottolineare l’ambiguità di gruppi e di uomini che si mossero intorno a Gronchi. Non furono infatti ambigue né la sua polemica antiliberale, né la critica ai monopoli, né l’appello alla democratizzazione dei partiti, né l’opposizione all’atlantismo, e neppure l’apertura sociale innestata nell’apertura politica.

Gronchi vide nel pensiero e nella realtà sociale del cattolicesimo la base di un originaria ed autonoma esperienza democratica. Dopo il settennato si iscriverà nel gruppo misto del Senato come aveva fatto Sturzo. Il 17 ottobre 1978 questo cattolico assertore della laicità dello Stato e dell’autonomia della politica prenderà commiato dalla storia del nostro paese.
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