Giovedì, 21 Aprile 2005 21:19

Dossetti: un personaggio singolare nella storia della DC (parte seconda)

Scritto da  Gerardo

“Cronache Sociali”, le divergenze con De Gasperi e l'abbandono della DC
Un'intervista a Corrado Corghi

L’intervista che presentiamo ha il valore di un prezioso documento che ci consente, a 60 anni dalla Resistenza, di ridare valore e senso alla memoria a una vicenda politica di un partito e soprattutto a un passato collettivo che non passa.
Il documento ci permette, in altri termini, di riandare direttamente alla storia politica e anche ai nodi della storia religiosa e morale della società italiana del ‘900.
Nesti: La personalità dell’On. Dossetti emergerà ben presto, durante i lavori della Costituente. Quale a suo parere, l’intervento più significativo?

Corghi: Per Rossetti dopo la caduta del fascismo l’Italia non aveva bisogno di una ricostruzione formale ma soprattutto di uno spirito morale che trovasse espressione in un documento costituzionale. A questo proposito Dossetti non concordò mai con la proposta di creare due Camere paritarie di poteri come pure con la proposta di potere legislativo alle Regioni, né con la costituzione di una Corte Costituzionale per evitare il pericolo di ostacolare, con cavilli giuridici, le riforme. Per una concordata divisione del lavoro, alla Costituente, comunque, Dossetti non si occupò della II parte, lasciando a Moro, Mortati, Tosato l’elaborazione delle norme dei primi tre titoli. Dossetti invece interviene contro il metodo elettorale a collegio uninominale per il Senato che era stato dominante nell’Italia prefascista. Dopo molte discussioni il sistema prevalse ma con una correzione: per vincere occorreva raggiungere il 65% dei voti, altrimenti si sarebbe applicato il proporzionale. In molte occasioni traspare la preoccupazione di Dossetti di porre le premesse ad uno stato democratico diverso e distinto da quello pre-fascista.
Senza dubbio, fra i molti discorsi, va ricordato il discorso per inserire nella Costituzione l’atto concordatario fra Stato e Chiesa e il Trattata del Laterano. Ci fu un dibattito ampio con significative resistenze di personalità quali Basso, Calamandrei. Ritengo, comunque che con il notevolissimo intervento di Togliatti si creò un intreccio politico-parlamentare che porterà all’accordo fra DC e PCI per l’inserimento dell’art. 7 nella Costituzione.

Nesti: Con Dossetti, collaboravano il gruppo che viene chiamato dei “professorini” e poi “del Porcellino”. Lei che si trovava a Roma alla fine degli anni ’40 e frequentava l’abitazione delle sorelle Portoghesi come molti del gruppo dei dossettiano, quale ricordo conserva di quella stagione?

Corghi: Il centro del gruppo dossettiano nel periodo costituente e fino al ritiro di Dossetti dalla vita politica, era in un vecchio edificio posto in via della Chiesa Nuova, di fianco alla Chiesa degli Oratoriani di S. Filippo. Vi facevano parte oltre a Dossetti, La Pira, Moro, Laura Bianchini, Amorth, G. Glisenti, Lazzati. Ogni mattina Dossetti si recava in quella Chiesa dove anch’io ho incontrato fra i banchi, J. Maritain e sua moglie Rissa che abitavano a poca distanza nel palazzo Taverna sede dell’Ambasciata di Francia presso la S. Sede. Nell’abitazione delle sorelle Portoghesi c’era un via vai continuo di amici. Anch’io ho trovato alloggio e ospitalità nel tempo in cui ero impegnato a Roma alla guida del Movimento Maestri di Azione Cattolica. Un giorno si è trovato qui anche Emanuel Mounier direttore di “Esprit”. La conversazione trovò in Glisenti, direttore di “Cronache Sociali” il traduttore. Fra parentesi, mi fu detto, pur non essendo presente io direttamente, fra i dossettiani che non parlavano molto le lingue e Mounier ci fu una difficile sintonia. La comunità del Porcellino, così chiamata per un porcellino di porcellana donato da Fanfani e che troneggiava nella sala da pranzo, aveva le sue radici nel 1940 a Milano, quando nell’abitazione di Lazzati, si riunivano altri docenti della Cattolica. Nel 1945 Lazzati ritornato dal campo di concentramento con Lanfani, La Pira e Rossetti riprendono il discorso interrotto. Nel settembre 1946 a Roma dettero vita al movimento Civitas humana. In una riunione plenaria del novembre 1946 Dossetti intervenne ponendo di fronte la difficile situazione della Chiesa, appesantita dagli errori compiuti durante gli anni del fascismo, indebolita da un laicato teologicamente impreparato di fronte “alle realtà terrestri”. A favore di un impegno di natura spirituale intervennero, fra gli altri, Gui e Moro. Sul primato dell’intervento operativo, avvalendosi delle tecniche moderne, si espressero Fanfani e Pastore. Tre mesi dopo nasceva il primo numero di “Cronache Sociali” con direttore G. Glisenti.

Nesti: Dopo la caduta del tripartito (DC, PCI, PSI) e le elezioni del 18 aprile 1948, con il grande successo della Democrazia Cristiana, quale la linea dell’On. Dossetti? Come si delinea la prospettiva dossettiana?

Corghi: Una risposta a domande come queste mi è difficile formularla in poche battute. C’è però un episodio che mi pare significativo e utile a rispondere al quesito. Nel maggio 1948, si deve eleggere il nuovo capo dello Stato. Dossetti si impegna al successo della candidatura di Luigi Einaudi per togliere dalle sue mani la gestione della politica economica. Peraltro nel primo semestre 1949 i dossettiani si adoperarono per approvare i patti agrari, come primo passo del rinnovamento sociale.

Nesti: Quale giudizio dunque ti senti di dare sulla sua figura di politico nella DC, quali le ragioni di fondo che lo porteranno a rassegnare le dimissioni? In che termini si pone il suo rapporto con De Gasperi?

Corghi: Se l’elaborazione del testo costituzionale, dalla seconda metà del 1946 al 1947, fu il maggior impegno di Dossetti e dei suoi amici, altrettanto impegno pose il leader emiliano a tentare di “dare una anima” alla DC. Tale vitalizzazione non poteva procedere per puro processo organizzativo (che sarà sperimentato da Fanfani) ma attraverso la formazione di un laicato cristiano più cosciente della teologia delle realtà terrestri. Questo discorso risaliva a monte e cioè alla Chiesa e alla Azione Cattolica.
Distruggere le basi su cui si era edificato il fascismo significò per Dossetti accettare la sfida del marxismo, del quale respingeva la dimensione atea, la dittatura del proletariato e la dialettica materialistica, ma significò anche rovesciare le posizioni concettuali e pratiche della società borghese. Così lo Stato dissociato dalla concezione individualistica doveva ritrovare nel riconoscimento dei diritti della persona e delle strutture in cui essa si integra, una società nella quale si risolvono, nel pluralismo, i termini di libertà, giustizia, solidarietà e democrazia. Doveva nascere un contratto per unire e non per separare i cittadini. Il mantenimento della solidarietà popolare era considerato un patrimonio positivo da conservare come eredità preziosa del moto resistenziale.
Il tentativo di Dossetti di far crescere nella DC i valori che la Resistenza aveva posto in luce e che esigevano una forte collaborazione fra i grandi partiti per incarnare nella realtà storica la carta costituzionale, incontrò il maggiore ostacolo nel sistema governativo incamminato a recepire strutture e politiche del pre-fascismo. Dossetti farà parte del direttivo del gruppo DC alla Camera (dopo il 18 aprile 1948), accetterà la vice segreteria politica del partito (dall’aprile al luglio 1950) e darà il massimo impulso per l’approvazione di leggi di riforma. Certamente ci fu rispetto di Dossetti verso il Presidente del Consiglio On. De Gasperi ma non ci fu sintonia nella linea politica.
Lo si desume anche da una lettera che il deputato rossetti mi inviò, nel gennaio 1950, al tempo in cui ero segretario provinciale della DC di Reggio Emilia:
“Non dovete parlare (a Reggio Emilia) di un mio ministero. Il problema non si è mai posto e non si pone. Io non potrei impegnarmi con una massima responsabilità nel governo senza che siano visibilmente mutati i perni della politica estera e della politica economica. Sino ad oggi De Gasperi non ha dato nessun segno di voler dare seguito ai suoi accenni al congresso di Venezia (giugno 1949 “quelli che pungolano scendano dal carro e si mettano anch’essi alla stanga”). Forse vorrebbe darmi qualcosa, ma non sa nemmeno lui. Comunque in Consiglio dei Ministri non mi vuole

Anche sul terreno dei rapporti internazionali, Dossetti aveva una sua distinta linea ben diversa da quella degasperiana. Egli sosteneva il ruolo mediatore dell’Europa fra i due blocchi e all’interno di questo mondo europeo l’Italia doveva far valere le sue risorse spirituali, demografiche e geopolitiche.
Perché dunque l’abbandono?
Dunque, tutto sta a dimostrare che il suo disegno per la costruzione di uno stato democratico e solidarista si scontrava con una maggioranza del partito DC che accettava l’indirizzo degasperiano volto alla ricostituzione della struttura dello stato prefascista. La volontà di Dossetti era quella di potersi dedicare ad un’azione di rinnovamento dello Stato, in sintonia con le attese maturate durante i mesi della Resistenza. De Gasperi non gli lasciò spazio, perché temeva che mettesse in pericolo l’unità del partito. Lo scontro dunque era innanzi tutto a livello politico, ma anche in ordine al senso di un partito di cattolici nella società. Come dare un’anima?
In questa situazione, non riuscendo a scorgere un cammino percorribile, Dossetti rassegna le dimissioni.
Nell’ottobre il Consiglio Nazionale DC accolse le dimissioni di Dossetti da Consigliere. Il distacco inevitabile dalla DC venne sancito nell’incontro al castello di Rossena (nelle colline reggiane) nell’agosto 1951 con la fine della corrente dossettiana.
Disse Dossetti “ è necessario evitare che la nostra corrente finisca per avere una funzione di esca nei confronti della classe lavoratrice a favore degli attuali detentori del potere politico”.
Coloro che fra gli ex dossettiani vollero continuare la vita politica nella DC costruirono una corrente sociale nel dominante centrismo chiamata“Iniziativa democratica”. Altri come il movimento giovanile e Baget Bozzo si uniranno alla sperimentazione del filosofo Felice Balbo dando poi vita nel 1953 alla rivista “terza generazione”. Già il 31 ottobre 1951 si era chiusa la rivista dossettiana “Cronache sociali” diretta da Giuseppe Glisenti. Il 9 luglio 1952 il Parlamento aveva accolto le dimissioni di Dossetti che, nel frattempo, avviava a Bologna il Centro di Documentazione che avrà una notevole influenza durante e dopo il Concilio Ecumenico.
Negli anni, anche come Segretario Regionale della DC dell’Emilia Romagna ho seguito le vicende di Dossetti. Lo ricordo nel 1956 nella campagna elettorale per la conquista del Comune di Bologna, in seguito alla sua candidatura nata per sollecitazione del Cardinale Lercaro, e nei due anni seguenti i suoi interventi in Consiglio Comunale. Mi sono incontrato varie volte con Rossetti, con grande rispetto e attenzione, mentre dava avvio alla Famiglia all’Annunziata e al suo sacerdozio. Mi sono inchinato sulla sua tomba all’inizio del 1997 in un cimitero dell’Appennino bolognese dove la violenza nazista aveva portato al martirio della povera gente.

Nesti: Ti ringrazio di quanto ci hai ricordato. Da tutto ciò, proprio a 60 anni dalle giornate della Resistenza appare confermato come Dossetti abbandonò la vita politica a seguito dello scontro con De Gasperi al quale rimproverava di aver assecondato il paese nel perseguimento di una politica di basso profilo, a scapito di una politica con grandi slanci morali. Per non indebolire il leader DC e favorire così la destra cattolica di Gedda, Dossetti si ritirò dalla politica attiva, dedicandosi alla “riforma” della Chiesa. In un momento di precari equilibri internazionali. Ancora non era apparso Giovanni XXIII.

Il filosofo francese Jacques Maritain - in basso, la sua dedica a Corrado Corghi

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