Venerdì, 06 Maggio 2005 21:42

Quali i rapporti fra il Vaticano e il Patriarcato di Mosca?

Scritto da  Gerardo

Ringraziandolo, pubblichiamo con piacere l’intervista che Anatolij Andreevič Krasikov rilasciò, per “Religioni e Società”, a Valerij Emel’janov.
Krasikov, già corrispondente della TASS da Roma, dal 1955 al 1992, è stato direttore del servizio stampa del Presidente della Russia negli anni della Presidenza Eltsyn.
Ringraziamo il prof. Risaliti per la traduzione.
D. Quanto, secondo Lei, è giustificato “il freddo ecumenico” nei rapporti fra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa Russa, maturato negli anni Novanta e che è proseguito fino ad oggi?

R. Non posso essere d’accordo con coloro che ancora all’inizio degli anni Novanta accusavano il Vaticano di “imporre l’unione” nell’ex URSS. La crisi in Ucraina, in particolare nell’Ucraina occidentale, era prevedibile. La feroce violenza con cui Stalin ed i suoi servizi segreti repressero nel 1946-47 la Chiesa greco cattolica, inevitabilmente doveva portare ad un riflusso massiccio dei credenti in senso contrario. E’ triste, naturalmente, che il processo di differenziazione, iniziato subito dopo la proclamazione della libertà di coscienza, è stato accompagnato da eccessi, e qua e là anche dal sangue, ma si deve riconoscere che la sua parte di colpa per quello che è avvenuto alla fine degli anni Ottanta – inizio dei Novanta, appartiene anche ai vescovi locali della C.O.R. L’episcopato ortodosso formato al tempo di Stalin era pieno di persone che servivano non tanto la Chiesa quanto il regime ateo.

In quaranta anni di possesso monopolistico del gregge questi pastori non hanno convinto gli ex uniati del fatto che Mosca era per loro una madre, e non una matrigna, indifferente ai pensieri e sentimenti dei sui figli, che i vescovi inviati da un nuovo “centro” erano d’accordo senza fiatare con la chiusura di massa dei templi e monasteri e lo scatenamento della propaganda atea. E voltarono le spalle alla prima possibilità.

Ancor meno è giustificato il chiasso che è stato sollevato da noi negli ultimi anni in collegamento col “proselitismo”, a quel che si dice praticato dai cattolici fra gli ortodossi russi. Iniziando dal II Concilio Vaticano i cattolici non solo rigettano, ma condannano il proselitismo come metodo per attirare nuovi membri nella Chiesa Cattolica Romana con pressioni sulla loro coscienza, costrizioni oppure qualsiasi altro sotterfugio. Nello stesso tempo la C.O.R. parte dal riconoscimento di libertà di scelta religiosa che appartiene ad ogni uomo. Da noi considerano ortodossi tutti persino i non credenti appena che le bisnonne o i bisnonni fossero stati battezzati nell’ortodossia ai tempi in cui era religione di stato e il passaggio ad un’altra fede oppure all’incredulità veniva parificato ad un delitto penale.

L’anno scorso si sono svolte due sedute del Gruppo di lavoro comune per esaminare i problemi esistenti nei rapporti reciproci fra la C.O.R. e la Chiesa Cattolica Romana. Inoltre in essi si è parlato del “proselitismo”. Si è svolto persino un viaggio in luoghi distanti da Mosca. E allora? Nessuna “attrazione massiccia” nel cattolicesimo di “persone di famiglie ortodosse” è stata rinvenuta. Solo singoli casi di scelta cosciente di singoli russi. Incommensurabilmente più rari , ad esempio, dell’ingresso in comunità religiose di denominazione protestante. Altrettanto artificiali paiono le accuse lanciate contro i cattolici in seguito alla recente trasformazione di quattro amministrazioni cattoliche in Russia in vescovati. Realmente nella vita dei cattolici russi non è cambiato nulla.


D. Può definire l’elezione del Papa Benedetto XVI (Joseph Ratzinger) come passo un indietro nella storia dell’evoluzione spirituale della Chiesa Cattolica?

R. Oggi è chiara una cosa: a dirigere la Chiesa Cattolica Romana e lo stato Vaticano è giunto un fermo e risoluto fautore della disciplina interna e della conservazione delle tradizioni della storia multisecolare del cattolicesimo. Il nuovo primo vescovo romano molto prima della sua elezione al trono si è dimostrato un uomo che cerca a suo modo di mettere l’accento sulla politica dell’ecumenismo cristiano proclamato 40 anni fa dal Secondo Concilio Vaticano. E’ sufficiente ricordare i documenti pubblicati nell’estate 2000 “Sull’espressione di ‘Chiesa sorella’” e “Domunus Jesus”. Questi furono elaborati dalla congregazione per le questioni della fede diretta dall’allora Cardinale Ratzinger, e in essi si diceva che “sorelle” sono solo le chiese locali di Roma e Mosca. Le Chiese Cattolica e Ortodossa non sono strutture eguali. La pienezza di Chiesa la possiede solo la Chiesa Cattolica perciò è più giusto chiamarla chiesa madre, e non sorella.

L’elezione di Ratzinger, a mio giudizio, in una certa misura esprime gli umori di quella parte dell’episcopato cattolico che si considera umiliata dal “no” dimostrativo che è seguito ad ogni dichiarazione di Giovanni Paolo II sul suo sogno di andare in Russia, entrare in contatto diretto con il suo popolo, venire a contatto con l’esperienza spirituale dell’ortodossia. Da noi si è come dimenticato che il cattolicesimo, oltre a tutto il resto, è un miliardo di persone del pianeta..


D. E quali sono a questo proposito le prospettive del dialogo intercristiano e interreligioso?

R: Tralascio, naturalmente, molto. Così in una delle sue encicliche (Ut unum sint), firmata il 25 maggio 1995, Giovanni Paolo II proponeva di incominciare un esame comune della questione della missione del Pontefice Romano, per “trovare assieme forme per assolvere a questa missione in cui si sarebbe potuto realizzare il servizio di amore riconosciuto dagli uni e dagli altri”. “Questo grandissimo compito da cui noi non abbiamo il diritto di rifuggire e di assolvere da solo per il quale non ho le forze” – scrisse Papa Woytila.
Ebbene, il Santo Sinodo della C.O.R. respinse la mano che gli era stata offerta. Non c’è stato nessun esame comune.

Benedetto XVI non imperverserà, copiandoci, per l’esistenza oltre i confini della Federazione Russa e della C.S.I. di nove eparchie e persino di alcune chiese autocefale e autonome, create dalla C.O.R. sul “territorio canonico” dei cattolici e protestanti (essi da molto tempo hanno rinunciato alla divisione degli stati secondo il principio religioso). Poco probabilmente il Papa farà attenzione anche alle dichiarazioni sulla presenza sui diversi continenti di un particolare “mondo russo”, i cui rappresentanti, come ha dichiarato il presidente del O.V.C.S. il metropolita Kirill, sono chiamati ad essere “i nostri alleati in quei paesi ove vivono”. E molto probabilmente corrugherà la fronte con sdegno, apprendendo che il giornale della sezione militare della C.O.R. quasi in ogni numero chiama i cristiani non ortodossi nati e cresciuti in Russia, “la quinta colonna” dell’Occidente.

E tuttavia sono ottimista. Malgrado tutto, siamo destinati a dialogare sia fra cristiani sia nel dialogo interreligioso. Naturalmente avvengono e avverranno salti indietro, ma fermare il movimento in avanti verso un dialogo sempre più ampio, è ormai impossibile. E’ vero, ad attendere questa volta, probabilmente toccherà al Kremlino e al Sinodo della C.O.R.


Mosca, Maggio 2005
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