Lunedì, 16 Maggio 2005 21:33

Corrado Corghi ci parla di Fanfani

Scritto da  Gerardo

Abbiamo chiesto a Corrado Corghi di parlarci dei suoi rapporti con Fanfani e della situazione in casa DC tra il Dopoguerra e gli anni ’60.
I ricordi fluiscono copiosi, tanto che ci siamo limitati a delineare un primo quadro, piuttosto generale, del personaggio.
Con la promessa di approfondire in futuro la ricostruzione storica.

Stay tuned!
Nesti: Come e quando ti sei potuto incontrare, per la prima volta, con l’On. Fanfani?
Corghi: ho conosciuto Fanfani durante gli anni della mia permanenza a Roma, negli anni della Costituente, nel tempo in cui avevo frequentazioni nell’abitazione dove si ritrovava il gruppo di “Cronache Sociali”. Da responsabile della Spes Fanfani entra a far parte della Direzione Centrale dopo il I° Congresso (Roma, aprile 1946). Nella Costituente riesce a far approvare l’Art. 3 insistendo sulla pari dignità sociale e sulla uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e sui compiti dello stato di rimuovere gli ostacoli economici e sociali che limitano libertà e uguaglianza, impedendo il pieno sviluppo della persona.
Ho successivamente ritrovato Fanfani nella mia attività, prima periferica e poi nazionale della Democrazia cristiana. Ho avuto modo di verificare nei vari congressi nazionali e poi nei lavori del Consiglio Nazionale, la forte capacità organizzativa. Mi sorprese come fin da subito pose una grande attenzione alla RAI, come veicolo moderno della politica. Così il suo fedelissimo Bernabei passerà ben presto dalla direzione de “Il Popolo” a direttore generale della Rai. Saprà anche conquistare l’agenzia Italia con l’aiuto di Mattei.
Ho vivo il ricordo di come Fanfani durante il settennato del presidente Einaudi puntasse alla conquista del partito. La sconfitta elettorale del 7 giugno 1953 e la morte di De Gasperi consentirono il rafforzamento del gruppo degli Amici di Fanfani, specialmente nelle province. Così il congresso di Napoli del 1954 fece dilagare la corrente di “Iniziativa Democratica” con a capo Fanfani.
Dal 1954 al 1959 la segreteria Fanfani è al massimo della creatività organizzativa: lo sviluppo degli addetti in ogni segreteria provinciale e regionale, i molteplici convegni di categoria di lavoratori, la presenza di giovani democristiani in ogni Ente di Riforma, la formazione degli attivisti, le feste della Libertà (peraltro inventate da Dossetti…)

Nesti: Si può dire che Fanfani avesse un suo modo di concepire la DC, anzi che per certi aspetti Fanfani è il fondatore della DC che abbiamo conosciuto come partito di massa?

Corghi: Indubbiamente compito di Fanfani è stato quello di trasformare una confederazione elettorale in un partito utilizzando l’apparato dello Stato non scalfito dall’epurazione post-bellica. Fanfani era convinto che una democrazia sia efficiente se sa rispettare la piramide non solo dei valori ma anche delle gerarchie sociali. Dossetti non mancherà di riconoscere che “Fanfani è un impaziente operatore”.
E’ utile riandare a quanto Togliatti ebbe a scrivere di lui su “Rinascita” nell’analisi della figura di De Gasperi. "La figura di De Gasperi per l’aspetto antifascista si distacca da quello degli altri dirigenti DC come Fanfani che, forse per non essere mai stato capace di criticare e superare l’analogia fra alcuni aspetti del pensiero sociale cristiano e la dottrina corporativa del fascismo, finirono per agire nell’ambito del fascismo, precisamente come teorici del corporativismo” (1° giugno 1956).
Una critica contro Fanfani l’ascoltai anche da Tambroni al tempo Ministro degli Interni il 6 febbraio 1950. “Fanfani con tutto il suo attivismo è vuoto di contenuto politico. Bisogna distaccarsi da lui e non permettergli una supremazia”. In una distinta circostanza mi dirà che “anche il mio predecessore Scelba governò un pugno di mosche con i servizi segreti. (Tambroni teneva a dichiarare che aveva creato un ufficio psicologico ed una polizia strumentale ai fini elettorali, avvalendosi anche di quelli lasciati dalla gestione fascista). Nel 1954 quando Trieste ritornerà all’Amministrazione italiana, d’accordo con Fanfani segretario politico, ricordo che organizzammo una grande autocolonna tricolore per consegnare al sindaco di Trieste il vessillo della repubblica Cispadana. Enorme fu l’accoglienza popolare dei triestini. Dopo il tentativo di Pellai di formare il governo, Fanfani con un esuberante programma non passò, lasciando il via libera a Scelba con il suo forte anticomunismo. Fanfani si gettò a capofitto a formare quadri periferici del partito. Anch’io mi prestai a dare una mano in varie parti d’Italia. Si avviava rapidamente lo sviluppo economico - il boom sarà fra il 1958 e il 1963, con l’affermazione del neocapitalismo. Questo sviluppo, però, venne concepito senza un chiaro indirizzo ideologico ma come un esclusivo esercizio di potere. Di quel periodo è l’emarginazione di Piccioni, al tempo ministro degli esteri, per l’implicazione del figlio nell’affare Montesi.
Su invito di Fanfani sarò l’unico consigliere nazionale a richiedere le dimissioni dal governo di Piccioni per rendere trasparente il rapporto con la magistratura. Nessuno si alzò a contrastare il mio intervento. Iniziativa democratica, corrente avviata da Dossetti, con la sua scomparsa dalla vita politica, sarà guidata da Fanfani e da Rumor ma era composta da ex dossettiani maturati nel periodo fascista, da clerico-moderati e da taluni notabili come Segni, da antichi cristiano-sociali del movimento di Bruni come Taviani e Bo. Il centrismo degasperiano, abbandonato da De Gasperi al finale della vita, era capeggiata da Piccioni. La corrente di sinistra (Base, sorta a Milano finanziata da Mattei) è sostenitrice dello schema Vanoni di programmazione economica. Al di fuori del partito stava Sturzo fautore della libera concorrenza e pertanto avversario della politica statalista di Fanfani e di Mattei.

Nesti: Ripensando a quegli anni, quali furono i principali ostacoli incontrati sul suo cammino politico?
Corghi: E’ importante considerare quanto accade contro Fanfani da parte dei vecchi notabili. Nel 1959 ordivano in parlamento una manovra capeggiata da Andreotti e da Gonella. Riconfermare Einaudi a presidente della Repubblica o scegliere il presidente del Senato Merzagora come era proposto da Fanfani? La maggioranza pareva orientata per Segni. Gonella invece, tirò dal suo sacco, la candidatura di Gronghi. Contrariamente ai giochi di Fanfani con 658 voti sarà eletto l’11 maggio Gronchi. Precedentemente nel 1956, in occasione delle elezioni amministrative, Fanfani si impegna a fare giunte con i partiti alleati di governo. Con l’occasione convince anche La Pira a non tentare esperimenti nuovi. A Venezia però veniva costituita una giunta con l’appoggio socialista. Un mese prima il patriarca Roncalli, a suo modo, aveva avvertito di saper resistere ad un’atmosfera socialistofila.
Oppositori di Fanfani erano i vespisti legati a Carmine De Martino, quelli legati a doppio filo a gruppi finanziari ed economici, ma anche altri variamente disseminati nel paesaggio DC.

Nesti: A che si deve il sostegno di Fanfani ad una presidenza Merzagora? Perché alla fine Fanfani non ha mai potuto realizzare la sua aspirazione diventare il Capo dello stato?
Corghi: Innanzi tutto l’opzione di Fanfani per Merzagora significava garantirsi un tranquillità per il suo governo e l’avvicinamento del mondo capitalista alla DC. Mentre si muoveva in questa direzione si rafforzavano, però, posizioni antifanfaniane all’interno della DC. L’elezione di Gronchi da parte di Fanfani fu considerata una pericolosa sventura con il delinearsi di un’interferenza- dominio del Quirinale sulla DC. Tutto ciò era contro la concezione fanfaniana del partito. Il messaggio presidenziale di Gronchi, poi, affascinò molti per l’apertura in campo interno e internazionale. Per Gronchi votarono tutti quelli che volevano umiliare Fanfani ridimensionandone il prestigio nel partito. L’operazione fu condotta sotto la guida di Gonella.

Nesti: Sulla fine degli anni cinquanta come leggere la complessa operazione che porterà al centro-sinistra?
Corghi: Una questione cruciale, per molti aspetti ed anche per i suoi risvolti politici e religiosi. Per la campagna elettorale per le regionali in Sardegna su insistenza di Fanfani e di Segni avevo accettato di dirigere l’azione della DC a condizione di poter trattare con gli altri partiti per la formazione degli organi regionali. Furono sconfitti i monarchici di Lauro e si giunse ad un accordo di centro-sinistra. Ma tutto il mio lavorio sarà bloccato dall’intervento romano.
Mentre Morandi tendeva a costruire l’unità nel PSI al Congresso di Venezia, Fanfani agevola l’intervento dello Stato nell’economia, rafforzando fra l’altro la posizione di Mattei con la legge sugli idrocarburi e la formazione dell’ENI. Ciò avrà come conseguenza nella politica estera (il filoarabismo di Gronchi e… di Fanfani) la sfiducia del PSDI e la morte del ministro Vanoni porta alla crisi il governo Segni (maggio 1957). Subentrerà Adone Zoli un ex esponente del PPI amico di Fanfani. Ebbe la fiducia anche dei voti di destra, ma con il compito di addivenire l’anno successivo alle elezioni politiche. Fanfani moltiplica le sue energie girando per l’Italia per garantire alla DC la maggioranza assoluta e utilizzando lo schieramento statalista progressista del mondo cattolico e i gruppi clerico-moderati. Tutto ciò provocò l’immobilismo politico della DC. La mediazione non era nel carattere di Fanfani. Al riguardo occorrerà aspettare Moro. Gronchi premeva per il superamento del centrismo, mentre Fanfani dichiarava il suo convincimento che l’apertura al PSI sarebbe stata possibile con la riunificazione dei due partiti socialisti (PSI+PSDI) e quindi con l’ancoraggio anticomunista. “Progresso senza avventure” fu lo slogan di Fanfani nelle elezioni del 1958. La DC recupera rispetto al 1953 ma non ha l’attesa maggioranza assoluta. Fanfani sarà incaricato di formare il governo, mantenendo la segreteria politica della DC ed occupando anche il Ministero degli Esteri dove creerà un gruppo diplomatico (detto dalla stampa mano nera) a lui fedele, come avrò modo di constatare nei miei viaggi in America latina e in Europa. Durante questo governo avverrà lo sganciamento della industria di stato dalla Confindustria, con la costituzione dell’Intersind, ad opera del Ministro Bo. Utilizza al massimo la Tv con una periodica informazione ai cittadini (si ricordi i suoi messaggi “ai babbi e alle mamme d’Italia”).

Nesti: Quale sarà la posizione di Fanfani di fronte ai fatti dell’Ungheria?
Corghi: E’ opportuno ripensare a quella vicenda perché permette di capire come Fanfani andasse accentuando la sua posizione anticomunista, mentre si faceva sempre più incalzante un avvicinamento con i socialisti. Cito quanto mi accadde a Reggio Emilia. In quel periodo presi l’iniziativa di raccogliere medicinali e generi alimentari da portare in sostegno della resistenza ungherese di fronte all’invasione militare del Patto di Varsavia. Da Reggio si formò un lungo corteo di autocarri. Fanfani informato dell’iniziativa mi fece sapere tutta la sua contrarietà. Mi accusò di essere responsabile di un gesto pericoloso con ripercussione sulla politica internazionale. A suo avviso davanti al mondo comunista non bisognava indulgere. Il mio gesto avrebbe rappresentato un segnale di debolezza e di cedimento alla prepotenza russa. Gli feci presente che si sbagliava e che invece era opportuno essere vicini a quanti in quel momento rischiavano di essere travolti dai carri armati senza alcuna solidarietà occidentale. Il corteo arrivò in territorio ungherese dovendo affrontare mille ostacoli per gli sbarramenti trovati alle frontiere. Fanfani frappose mille marchingegni per ostacolare il buon esito della mia operazione. Riuscimmo, comunque ad assicurare medicinali e alimenti proprio là dove infuriava la lotta. Alla fine, esaurite le risorse ci trovammo dei carri armati dinanzi. Ho vivo negli occhi, ancora, i tanti feriti e con loro anche alcuni grandi proprietari terrieri che attendevano di riprendere i loro antichi domini.

Nesti: La fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta, nonostante tutto, si rivelano abbastanza movimentate. Quali ritieni gli episodi più significativi di quella stagione “fanfaniana”?
Corghi: Direi innanzi tutto che, nonostante l’organizzativismo fanfaniano nel novembre 1958 scoppia il caso Milazzo, un ex popolare vincerà in Sicilia contro il fanfaniano La Loggia presidente della Regione. Nel dicembre 1958 Fanfani, sdegnato, si dimette da segretario. La periferia che lo aveva sostenuto chiedeva che rientrasse nell’agone per una decisa battaglia antidorotea. In questo quadro lo raggiunsi a Milano, alla Università Cattolica, e dopo due ore di conversazione riuscii ad ottenere che avrebbe ripreso i contatti con la sinistra del partito. Riuscii a condurlo in molte assemblee gremite di iscritti che gli permisero una ripresa di attenzione all’articolarsi del mondo Doroteo-moroteo. E viene eletto segretario Aldo Moro. Fanfani restò scontroso, mostrando segni di autoritarismo. Mi trovo a seguire le vicende politiche da una postazione particolare in quanto entrerò nella direzione centrale della DC dopo essere stato eletto nella lista formata da fanfaniani e sindacalisti. Poco prima del congresso di Firenze, nel 1959, Flaminio Piccoli mi scrisse una lettera in cui fra l’altro mi diceva: “Fanfani da una settimana all’altra gioca con gli italiani, mutando linguaggio, costruendo arabeschi e teoremi impossibili, cambiando atteggiamento, ascoltando cattivi consiglieri e tu, gli corri dietro. Dì ai tuoi amici di un tempo che vuoi buttare a soqquadro la DC insieme a lui”. Nel 1960 chiare le spinte per una politica di collaborazione fra DC e socialisti, in gergo si diceva fra cattolici e socialisti.

Nesti: Come si arrivò agli scontri di piazza con i “Morti di Reggio Emilia …”
Corghi: Nel marzo 1960 il governo Segni rassegna le dimissioni, lasciando intravedere lo stato di malessere che si manifestava nei rapporti fra DC e mondo della gerarchia ecclesiastica. Un segnale di questa tensione fu rappresentato da un editoriale apparso sull’”Osservatore Romano” del 18 maggio, dal titolo”Punti Fermi”. Veniva preclusa ogni tipo di apertura democratica ai socialisti. Il presidente Gronchi pensando di poter pilotare l’apertura a sinistra incaricò l’On. Tambroni - che aveva a suo tempo abdicato al PPI per accedere al PNF di formare un governo di affari. Subito gli fu manifestato il favore dei parlamentari del MSI. In seguito all’autorizzazione a Genova dei lavori congressuali del MSI ci fu una larga reazione che portò a scontri durissimi con la polizia. Sul terreno rimasero delle vittime. Solamente a Reggio Emilia ci furono cinque morti, senza dire dei feriti. Su quella vicenda è ben nota la traduzione di una nota canzone di Fausto Amodei sui “Morti di Reggio Emilia”.
Fu Moro, allora segretario ad avvertirmi dell’eccidio, mentre mi trovavo a Roma.
Partecipai ai funerali in rappresentanza della DC, con Parri, Togliatti. Da parte ecclesiastica fui oggetto di denuncia al Santo Uffizio.
Nella seduta della direzione centrale della DC, presente Tambroni - con un braccio coperto di amuleti - denunciai il Presidente del Consiglio di aperta violazione dei valori sui quali si fondava la DC e di violazione costituzionale. Fu un momento difficile. Dovetti per qualche notte cambiare domicilio. Gronchi chiamerà Fanfani a formare il governo. Devo precisare che Gronchi mi invitò al Quirinale per un colloquio privato. In tale occasione cercò di distinguere la scelta di Tambroni (era nella lista fanfaniana al Congresso di Firenze) e il suo obbligo a non far mancare un governo, per quanto provvisorio, dopo l’improvvisa decisione di Segni a rassegnare le dimissioni. Inoltre gli stava a cuore la riaffermazione dei diritti dei cattolici nella politica senza sudditanza. Ricordai a Gronchi, da parte mia, la gravità dell’eccidio di Reggio Emilia ed anche gli dissi delle strane operazioni di schedatura dei politici in atto nel ministero degli interni ad opera di Tambroni. In quel lungo colloquio ebbi chiara la sensazione della solitudine del capo dello stato e di come si era allontanato dall’entusiasmante messaggio iniziale: “Chi sposa Nenni trova Togliatti a letto!”

Nesti: Quali furono i connotati della politica negli anni ’60?
Corghi: Fanfani non abbandonò l’anticomunismo con lo slogan: “Chi sposa Nenni trova Togliatti a letto” anche se avvertiva che il prossimo governo avrebbe ottenuto l’astensione del PSI. Sarà Moro a presiederlo. A fine gennaio 1962 la proposta di Moro al Congresso di Napoli è l’apertura a sinistra che viene presentata come “allargamento dell’area democratica” senza nascondere rischi e ostacoli. A differenza di Fanfani Moro era giunto al traguardo nell’unità del partito e l’integrità del potere. Nello stesso anno come contrappeso allo spostamento dell’asse governativo a sinistra il capo dei dorotei Segni veniva eletto al 9° scrutinio Presidente della Repubblica. Il tentativo di Fanfani di ottenere voti sufficienti per la presidenza della repubblica non riesce, per troppe opposizioni. Il cammino per la formazione del centro sinistra conobbe non poche difficoltà anche in campo socialista. Ero presente al Congresso del PSI. In quell’occasione fu proprio Nenni che mi pregò di informare direttamente Moro che si sentisse rassicurato del sostegno promesso, malgrado talune forti opposizioni a collaborare con la DC. Informai Moro. Il primo governo di centro sinistra organico venne presieduto da Moro che durò dal dicembre 1963 al luglio 1964. Moro, comunque sarà premier fino al giugno 1968. Nel 1964 per un ictus cerebrale Segni dovrà rinunciare alla presidenza. Ci fu una tormentata elezione per la successione. Nei confronti di Fanfani ci fu un veto anche da parte delle autorità ecclesiastiche. Sarà eletto Saragat che cedette il ministero degli esteri. Nel 1966 in occasione della visita all’ONU di Paolo VI Fanfani fu presidente di turno dell’Assemblea dell’Onu.


La difficile militanza DC

Nesti: Quale fu la tua posizione a metà degli anni 60?
Corghi: Al IX congresso di Roma respinsi la linea di convergenza tra fanfaniani e dorotei e pertanto non entrai nella lista fanfaniana, ma restai nel Consiglio Nazionale come rappresentante dell’Emilia Romagna a norma di statuto.La mia posizione era per l’unità delle sinistre DC per poter così avviare un totale rinnovamento del partito e un più maturo sviluppo del Centro Sinistra. Fanfani diede mandato a Forlani per agevolare la convergenza col moderatismo che conduceva, nella logica di spartizione del potere e quindi all’agonia del partito.In questo senso scrivevo a Fanfani augurando il sorgere entro o fuori la DC di una rivolta morale e politica.
Andava maturando infatti la stagione del dialogo e del dissenso con la formazione di gruppi di cristiani al di fuori degli schemi tradizionali sotto l’impulso del Concilio Vaticani II°. Nell’aprile 1967 a Lucca si svolgeva un convegno nazionale DC. In quell’occasione l’On. Maria Badaloni presidente dell’AIMC mi parlò di un suo incontro con il Papa che le chiese, come prima cosa, informazioni di Corghi e in particolare le domandò: “Ma Corghi è sempre a sinistra nella DC?”. L’interesse montiniano aveva molto meravigliato la onorevole democristiana. Puoi immaginare quanto mi ha fatto piacere essere ricordato, a distanza di anni da Montini!
Fanfani resta comunque al centro della vita politica.Il 7 dicembre 1966 “Il Borghese” un settimanale di destra,pubblicò un’intervista-trabocchetto a La Pira avvenuta in casa Fanfani che ventilava l’ipotesi di un golpe all’Italiana. Fanfani rassegnò le dimissioni da ministro degli esteri dichiarando alla stampa di non essere stato partecipe” della improvvida iniziative di un famigliare” (La moglia) e di non condividere “i giudizi ingiusti e ingiustificati di un amico (La Pira). Contro l’operazione non esitai a prendere pubblicamente la difesa di Fanfani di La Pira, criticando gli Usa che avevano divulgato il carteggio Fanfani - Johnson sulla missione di La Pira in Vietnam..

Nesti: Quali furono gli ultimi episodi della tua militanza DC?
Corghi: Premetto che Fanfani tenterà la scalata al Quirinale, ancora, nel dicembre 1971 ma dovrà cedere al XII° scrutinio negativo. Ancora nel dicembre 1982 formerà un governo che si concluderà nell’aprile 1983. La mia stagione da democristiano è messa a dura prova al Congresso DC di Milano nel novembre 1967, essendo segretario politico M. Rumor.
Questo fu il testo che lessi al congresso. “Non è quella di Rumor la linea politica che nasce nel meditato confronto con i nuovi valori emergenti da una umanità che tende alla pace e alla libertà. Io non credo che il quadro politico italiano sia destinato a resistere, così come è oggi configurato, in un tempo lungo. Fuori dagli schemi politici tradizionali, è in movimento un popolo di giovani che intendono cambiare la storia, cancellare guerre, miseria, violenza del denaro, cultura di asservimento. Il loro cammino è più rapido di quello che pensiamo, i loro discorsi rompono i nostri schemi. Ritengo compito della sinistra DC di interpretare con estrema correttezza questa complessa e grande rivoluzione che si è mossa nel mondo come nel paese, portando avanti una linea che modifica nella sostanza la posizione moderata del partito. Una sinistra che rinuncia ad ogni possibilità di potere per porsi al servizio dei diritti del mondo nuovo che sta avanzando. Se invece la sinistra DC volesse confluire in operazioni di potere per puntellare segreteria e governo vedrei distrutta ogni possibilità di dialogo costruttivo, con il mondo giovane che ci è davanti. Allora sarà la parabola discendente del partito?”. Mi trovai assai isolato.
Il 1° settembre 1968 inviai al segretario M. Rumor una lettera di dimissioni dal partito. Una copia la feci pervenire anche a Fanfani.

Nesti: Quali gli incontri successivi con Fanfani, specialmente dopo la separazione politica dalla DC?
Corghi: Ho avuto una sola occasione negli anni seguenti di incontrare Fanfani ad una cerimonia: all’Istituto italo-latino-americano da lui fondato unitamente al Presidente del Cile Frei. Strinse la mano a tutti i presenti, ma dimenticò la mia mano che pur gli avevo teso.
Fanfani, come Luigi Gedda, non dimenticherà mai il mio rifiuto a loro rivolto. Fanfani non dimenticherà la mia presa di distanza da lui dopo De Gasperi e Dossetti. Pensa che Gedda, riporta il mio nome in modo inesatto nel suo libro 18 aprile 1948, Memorie inedite dell’artefice della sconfitta del Fronte Popolare, Milano, Mondadori, 1998: quasi avesse rimosso la frequentazione di anni ed anni nella presidenza centrale dell’Azione cattolica..
Quando era in atto la candidatura di Fanfani al Quirinale La Pira mi disse scherzando: Fanfani sarà un grande presidente, ma poi, attenti, metterà te e me in carcere!”. La Pira Scherzava ma si esprimeva con non poche briciole di verità

(Intervista effettuata da Arnaldo Nesti, il 10 maggio 2005).

Fanfani durante un comizio


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