Domenico Pizzuti, in seguito all'installazione di un muro divisorio dal campo attrezzato dei rom nella zona ASI di Giugliano, per indignazione ed ispirazione ha inviato una Lettera aperta inedita ad autorità civili e religiose interessate, pregando anche noi di darne diffusione.
Buona lettura!
LETTERA APERTA
Di P. Domenico Pizzuti a
Dott. Andrea De Martino, Prefetto di Napoli, Mons Angelo Spinillo, Vescovo di Aversa, On.le Luigi Cesaro, Presidente Provincia di Napoli, Dott, Giovanni Pianese, Sindaco di Giugliano
Non comprendiamo, senza alcun intento polemico, perché la messa in sicurezza della zona ASI di Giugliano con un muro di grandi proporzioni (finanziato con 300.000 euro dalla Provincia di Napoli) che la isola dall’accampamento realizzato con 700.000 euro dal Comune di Giugliano per un centinaia e passa rom ivi stanziati da decenni, sia celebrata con la presenza di rappresentanti delle istituzioni e ci auguriamo non con la benedizione del Vescovo di Aversa. E’ chiara la rivincita delle ragioni delle imprese della zona in vista di un loro sviluppo nel gioco con i topi roditori rappresentanti dai rom (quali e quanti?) per danneggiamenti evocati negli anni, e che finalmente il 12 aprile sono stati sgomberati o meglio espulsi con donne bambini vaganti ora nel territorio alla ricerca di una sopravvivenza possibile. Non si può non mettere in evidenza la portata simbolica di questa muraglia che isola per difendere, e che tutta l’operazione finisca per rivestire un significato di esclusione e non inclusione di essere umani a loro modo cittadini di Giugliano.
Non occorre richiamare ad ogni mente aperta ed onesta che sul piano dei valori le priorità da rispettare sono quelle della vita da assicurare agli insediamenti umani di napoletani o rom che siano sulle ragioni degli insediamenti industriali e del loro sviluppo. Ci fa male ricordare queste cose nel ventunesimo secolo per le condizioni di abbandono e degrado in cui sono stati buttati centinaia di rom con donne e bambini costretti di nuovo al nomadismo, che bisognerebbe verificare di persona da autorità civili e religiose, e che abbiamo più volte documentato su questo giornale insieme a P. Zanotelli. Con questa lettera aperta che ci è nata dal cuore per indignazione ed ispirazione in una veglia notturna intendiamo fare appello alle coscienze e chiamare ad una corresponsabilità istituzioni civili e religiose, associazioni del Terzo settore, comunità religiose, e popolazioni indifferenti se non ostili agli stili di vita dei rom, per soluzioni possibili anche minimali nel senso dell’accoglienza di chi è senza casa, acqua e luce in questo torrido caldo agostano.
Siamo coscienti della complessità del problema, perché abbiamo partecipato a tavoli di consultazione nella Prefettura di Napoli alla ricerca di soluzioni per le popolazioni rom non accolte nel campo realizzato dal Comune di Giugliano, con diverse soluzioni di là da venire ed alcune rigidità da parte degli stessi rom che intendono rimanere nell’area di Giugliano. Tuttavia la conclusione della vicenda ancora aperta ci ha convinto della giustezza di una richiesta ribadita da oltre un decennio da Comitati di associazioni e gruppi pro rom non solo locali, che non si effettuino cioè sgomberi senza disporre di soluzioni alloggiative alternative perché non si tratta di pedine di un gioco da spostare da un campo ad un altro ma di essere umani alla ricerca di una sopravvivenza con le loro famiglie. Quale legalità ha avuto la priorità in questa vicenda giuglianese, quella formale del rispetto anche se tardivo di disposizioni della Magistratura o sostanziale nel compromesso anche degli interessi? Ed allora, a parte alcuni danni subiti, che cosa hanno messo di tasca loro gli industriali del luogo per facilitare nuovi insediamenti di inquilini non desiderabili, come usa in tutte le transazioni, aspettando che altri liberassero il tavolo. Corre l’obbligo ricordare che la più avveduta imprenditoria italiana ha sempre rispettato la funzione sociale della proprietà privata a vantaggio di dipendenti ed abitanti del territorio.
Ci rendiamo conto di alcune variabili o meglio costanti che intervengono anche in questa vicenda, al di là del fondamentale problema dello status giuridico dei rom comunitari o extracomunitari, che non sono solo la mancanza di una cultura amministrativa e politica dell’accoglienza di migranti e rifugiati politici, l’ignoranza di modelli alternativi ai campi esistenti in Italia ed in Europa, la scarsa conoscenza della cultura e degli stili di vita dei rom immigrati nel nostro paese ma anche di alcune loro rigidità, i pregiudizi e l’ostilità immotivata delle popolazioni circostanti che hanno chiuso gli occhi sul problema fuori porta, e l’indifferenza delle comunità religiose del territorio a parte alcuni volonterosi.
Si tratta a nostro avviso di un’ emergenza umanitaria che non può andare in vacanze e da non delegare solo alle istituzioni pubbliche (Prefettura di Napoli, Provincia di Napoli, Comune di Giugliano) o ad alcuni volenterosi per lavarsi le mani. A questo proposito la Chiesa che è in Aversa e le comunità cristiane del territorio non possono non interrogarsi sulle risposte da dare a questa emergenza umanitaria mettendo a disposizione per l’accoglienza delle famiglie rom beni e strutture in concertazione con le pubbliche istituzioni, secondo l’insegnamento della pagina evangelica letta in tutte le chiese domenica scorsa sul Cristo compassionevole verso le folle senza tetto e senza cibo, che accoglie e sfama. E’ chieder troppo a cristiani più devoti che servitori degli uomini?
L’indignazione e la delusione per questa vicenda è grande, ma non siamo privi di speranza che l’intelligenza e la concertazione degli sforzi delle istituzioni e delle espressioni attente della società civile abbia la meglio per una ragione di civiltà a cui non si può abdicare.
Napoli, 4 agosto 2011