Il sud, ovvero le montagne, l'acqua e i ghiacciai. E quella freddezza, nei suoi riguardi, che caratterizza il governo centrale, da sempre.
Dalla campagna del deserto al Proyecto 42, dal petrolio al turismo. Cronaca di una ricchezza enorme, che si dà. E di un popolo mediamente assai colto, a cui oggi più che mai si torna rivelare la mancanza di una classe dirigente politica all'altezza della situazione.
Does it sound familiar? Certo, qui i motivi sono ben più tragici, ma questa è forse un'altra storia.
Lettere dalla fine del mondo.
V. Argentina e Patagonia tra malanni antichi e voglia di futuro
Negli anni Settanta il governo argentino, in una delle ricorrenti azioni promosse centralmente, volte a favorire la "colonizzazione" della Patagonia (abbiamo già visto quanto cruenta fu quella della seconda metà dell'Ottocento con la famigerata "campagna del deserto" che aveva per motto: un indio per un patagone - intesa come moneta), dichiarò la zona sotto il quarantaduesimo parallelo, tax free. E' il famoso Proyecto 42.
Molte multinazionali, soprattutto nordamericane, vi insediarono loro fabbriche e ci fu un decennio di sviluppo e relativo benessere in Patagonia. Purtroppo durò, appunto, solo un decennio. Quando il governo introdusse le tasse, come da accordi iniziali, le multinazionali smantellarono le loro fabbriche e se ne andarono: Tranne la Coca Cola a onor del vero.
Il tonfo fu piuttosto brusco ed ancora oggi se ne risentono le conseguenze. Si tentò un ritorno alla agricoltura, secondo il modello gallese, guardando alla floridezza dei Gaiman e dintorni, nonostante le crisi periodiche del mercato agricolo. Ma i risultati furono scarsi.
Neppure la scoperta del petrolio nella valle del Chubut è riuscita a risollevare le sorti della regione. Il petrolio, come dicono con rabbia e rassegnazione i patagoni, "Non è in mano nostra". I giacimenti infatti sono controllati dalla RAPSOL, una company formata da capitali brasiliani (Petrobras e capitali privati) più capitali USA. E la Patagonia si vede passare sotto il naso il graggio e se lo vede ritornare raffinato a carissimo prezzo.
Un innegabile impedimento allo sviluppo è il contrasto perenne tra il potere centrale e il potere locale. Lungi dal coordinare insieme politiche di sviluppo, interventi sovrastrutturali e politiche di appoggio alla agricoltura, i due poteri sono occupati quasi quotidianamente a farsi sgambetti.
Insomma, è l'eterna guerra in Argentina fra unitarios e federales! Inoltre occorre tenere presente il contesto economico nazionale fatto di ricorrenti e spaventose crisi economiche e finanziarie.
Quale quella del '55 che mostrò la scarsa consistenza e la sostanza demagogica e propagandistica della politica economica peronista, fino a giungere al recente default, prima causato dalla politica reazionaria dei generali golpìsti (l'indebitamento si sestuplicò in pochi anni), quindi dal risorto peronismo in salsa Menem.
Oggi l'Argentina si sta leccando le ferite e la Patagonia sta cercando di battere nuove strade per lo sviluppo. Il turismo sembra essere una risorsa fondamentale in questo senso. Ma il turismo da solo ha il fiato corto. Lo dimostra esemplarmente El Calafate, la cittadina dalla quale stiamo scrivendo.
Sorta da qualche decennio sul lago Argentino nella provincia di Santa Cruz (una delle cinque provincie in cui è divisa la Patagonia argentina), El Calafate è la porta turistica dei ghiacciai che nati sulle Ande terminano la loro corsa sul lago. In particolare del più famoso di tutti: il Perito Moreno.
Migliaia e migliaia di turisti vi giungono in quasi tutte le stagioni, ma massimamente in quelle estive. Ma El Calafate, paesone di ventimila abitanti, a parte i servizi turistici, non produce niente altro. Infatti è una cattedrale nel deserto. Certo, sorge nella meseta patagonica più arida e fiaccata dai venti. I quali vi giungono dal Pacifico dopo aver scaricato l'umidità sulle Ande e quindi sostanzialmente asciutti. Ma l'acqua c'è, indubbiamente.
Alle spalle di El Calafate c'è la terza riserva idrica del mondo. La meseta non aspetterebbe altro. Ma mancano capitali e soprattutto politiche adeguate. Ed El Calafate continua a restare una cattedrale nel deserto.
Insomma, Patagonia e Argentina potrebbero mirare più in alto. L'Argentina dispone di materie prime e risorse naturali tali da essere potenzialmente uno dei paesi più ricchi del mondo. Si dice che ha le stesse potenzialità della Australia. Ma l'Australia si appresta a divenire una protagonista dell'economia mondiale. L'Argentina resta al palo. Nonostante il popolo argentino sia uno dei più istruiti dell'America Latina (e non solo). Purtroppo, al momento, non esprime una classe politica capace di sfruttare queste potenzialità.