Lunedì, 09 Maggio 2011 21:18

Il Paraguay di Lugo nell'editoriale di Religioni e Società

Scritto da  Gerardo

RELIGIONI E SOCIETÀ - Rivista di scienze sociali della religione
Fabrizio Serra editore, Pisa · Roma - Anno XXV, n. 69 – Gennaio-Aprile 2011
Il Paraguay di Fernando Lugo nel mutamento sud-americano
Nel seguito, l'editoriale del Direttore.
Si ricorda che per abbonamenti e altre informazioni, si può visitare il sito dell’editore.
Presto sarà online l'indice completo.


Editoriale.
Fra Paradiso terrestre ed esilio.
Il Paraguay di Fernando Lugo nel mutamento sud-americano

Arnaldo Nesti

Questo numero di « Religioni e Società » appare all’inizio del nuovo anno 2011, ma è stato pensato da tempo all’interno di un persistente interesse della rivista al mondo latino-americano nel quadro dei rapporti Europa e continente latino-americano. Ottavio Paz, dopo la pubblicazione del suo Fantasmi sul Messico, affermava nel 1992:

"Credo che in America latina vi sia una democrazia solo formalmente. Il problema di fondo di questi paesi non è la mancanza di identità. America latina è un’espressione priva di senso. Il nostro è un crogiuolo di nazioni. Paesi e culture differenti fra loro, un po’ come in Europa. Abbiamo fin troppe identità : il problema invece è assumere responsabilità di fronte all’urgenza dei problemi. ... È necessaria una riforma delle idee che parta da noi stessi. … Noi siamo una porzione eccentrica dell’Europa: la lingua, la religione, le ideologie hanno matrice europea. ... Gli spagnoli del secolo sedicesimo portavano come retaggio la mentalità delle crociate ed erano campioni della Controriforma, della lotta contro ogni modernità. L’incapacità di essere moderni è una memoria ricca di fantasmi. ... Gli Aztechi, Cortez, la Conquista. ... Sento il peso di due eredità : l’isolamento precolombiano e l’oscurantismo iberico. Io mi identifico nella piramide azteca : è una montagna di pietra che congiunge il cielo con la terra, la vita con la morte, i quattro punti cardinali. ... Da ciò l’incapacità di essere moderni ed una memoria piena di ombre."

Che pensare del Paraguay ?
In un memoriale del 1528 scritto da Luis Ramirez si menziona per la prima volta il Paraguay. Le entusiastiche descrizioni del paesaggio, delle presunte risorse che in esso vi sarebbero state giustificano l’idea che di questo paese si ebbe in Europa. Ma la terra dei Guaranì non era ricca d’oro. Per i colonizzatori, comunque, ebbe il fascino del proibito : la poligamia praticata permise di legittimare la convinzione di trovarsi in una terra della libertà sessuale, della trasgressione (cfr. B. Potthast-Jukeit, Paraiso de Mahoma o pais de las mujeres ?, Asunción, 1996). Nelle pagine seguenti avremo modo di riscoprire eventi e persone della vicenda storica del Paraguay. Vorrei immediatamente rifarmi a quanto osserva Augusto Roa Bastos, il massimo scrittore paraguaiano contemporaneo e uno dei più significativi dell’America latina : strutturando la ‘storia’ come un insieme di eventi e il discorso come espressione della vita dei personaggi, si ricostruisce la ‘intrahistoria’ del Paese alla ricerca del suo riscatto. Questa scelta di cantare le speranze di riscatto degli oppressi e degli emarginati Roa Bastos la pagò a caro prezzo : quasi mezzo secolo d’esilio. Il suo credo coincideva con il presupposto della teologia della liberazione ispano-americana. Negli anni Quaranta si collocano i suoi esordi di scrittore. Ma il grande successo venne coi romanzi Figlio d’uomo del 1960 e Io, il Supremo del 1974, editi in Italia da Feltrinelli.
La nostra attenzione sarà rivolta soprattutto al Paraguay. Altre volte ci siamo soffermati sul Messico, sul Brasile, e in genere su aspetti complessivi del continente. La ragione non è di carattere politologico, né storico-economico. Abbiamo deciso di richiamare l’attenzione su un paese che ha conosciuto, oltre a una situazione di povertà e di ritardi, una decennale dittatura. Josefina Pla include fra le ragioni del ritardo il mancato sviluppo economico durante il periodo coloniale, che ha implicato un debole processo di formazione della borghesia. Terra di meticciato ispano-guaranì e multietnico, il Paraguay risulta costruito su una progressiva sovrapposizione di elementi endogeni ed esogeni, dando di sé le più disparate immagini. Con gli anni diventerà la terra delle Reducciones gesuitiche, fra il 1609 e il 1768. Sarà la terra promessa per la creazione di società utopiche in vista di un nuovo mondo. Il pensiero va immediatamente alle famose colonie tedesche sorte a partire dal 1870. Una menzione particolare merita il prussiano Bernhard Foester, cognato di F. Nietsche, per l’esperienza di una nuova società di tipo socialista aperta a tedeschi purchè non ebrei.
Il forte tasso di analfabetismo, ancora oggi, specialmente nelle zone rurali, ha assicurato ai vari politici l’arresto di ogni politica di espansione culturale nei settori medio-bassi della popolazione, con il conseguente scopo di ottenere il più ampio consenso politico. La lingua guaranì e quella spagnola, di fatto e volutamente, sono rimaste il mezzo di espressione delle due componenti principali del tessuto sociale, accentuando la divaricazione fra la realtà urbana e quella rurale.
La sconfitta della guerra del Chaco contro la Bolivia costò ai paraguayani trentamila morti. Per colmare il vuoto ideologico esistente nella nazione si rivalutò un’ideologia militarista e nazionalista, ricercando in un passato di dolore la forza per superare un presente instabile. Facendo leva su una situazione di debolezza, anni dopo, nel 1954, Alfredo Stroessner guidò il colpo di stato che gli assicurò il potere fino al 1989. Il Paraguay divenne, in breve, un ‘paradiso’ del narcotraffico e del contrabbando, giustificato da Stroessner come « il prezzo della pace ». Il paese divenne altresì un rifugio dei criminali di guerra nazisti, tra cui Josef Mengele, il medico autore degli esperimenti operati sui detenuti del campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Il dittatore riuscì a rimanere al potere per trentacinque anni, fino a quando le forze dell’opposizione, anche per la profonda crisi economica e l’isolamento internazionale, riuscirono ad avviare un processo di rinnovamento democratico.
A S. Pedro tutti si ricordano il giorno di agosto del 1992 in cui il vescovo della città Fernando Lugo si rifiuta di partecipare alla solenne inaugurazione del moderno aeroporto militare, costato allora cinque milioni di dollari. Al presidente J. C. Wasmosy, seduto al tavolo d’onore del banchetto per celebrare la nuova opera, il vescovo manda a dire la sua indisponibilità a benedire una cattedrale nel deserto. Alla popolazione contadina serviva altro : una strada asfaltata per portare i prodotti al mercato della città ed un ospedale, per non dover morire di parto e/o di dissenteria. Di quell’aeroporto ora rimangono soltanto rovine. Quel vescovo dava voce ad un’istanza sociale che coagulava tutta una presenza di istanze democratiche e di riscatto, oltre che politico, culturale e religioso. Hugh O’Shaughnessy (The Priest of Paraguay. Fernando Lugo and the Making of a Nation, London-New York, Zed Books, 2009) con grande rigore permette come pochi altri di ripercorrere il cammino di Lugo dentro un regime dittatoriale e corrotto in una situzione di compromesso della Chiesa. Accanto, però, a uomini come il tradizionalista Geraldo Sigaud, un sodale di mons. Castro Meyer, uomini del movimento Famiglia, tradizione, proprietà, vincolati ai grandi proprietari terrieri e ai governi dittatoriali del tempo nei diversi paesi latino-americani, ci sono uomini di Chiesa come Angelelli, Medina e i sostenitori della linea postconciliare che sosterranno una dura battaglia, facendosi forti di una bandiera per la quale Esto non es marxismo, es Evangelio.
Lugo, optando per la politica, sarà sostenuto, in modo singolare, da un’alleanza eterogenea e sarà appoggiato anche dal movimento di cittadinanza Tekoja, che in guaranì significa uguaglianza. Nel 2008 Lugo diventa presidente : « Would Lugo’s victory be a turning point in his country’s painful history ? ». Ne sono convinto. Ho incontrato in Paraguay ecclesiastici ferocemente anti Lugo, e non sono riuscito a stabilire modi per dialogare sul futuro del Paraguay a partire dal fatto della presenza del presidente Lugo.
Abbiamo deciso di dedicare un’attenzione a questo paese perché ci sembra che, nella sua modestia, rappresenti un singolare spazio per cogliere quanto sta accadendo proprio adesso, in una stagione di disincanto, ... un paradigma del mutamento della realtà sudamericana. Abbiamo incontrato persone e visitato luoghi emblematici del Paraguay, come la centrale idroelettrica di Itaipù, sul fiume Paranà, ai confini con il Brasile. Abbiamo, in particolare, potuto incontrare il presidente Lugo. Siamo usciti dall’incontro-intervista con la convinzione che Lugo, senza fare appello ai miracoli, avrebbe riavviato il processo della vita democratica in un paese oltremodo degradato. Ci è dispiaciuto di trovare ancora persone che procedono per pregiudizi e avanzano costanti ostacoli nel rapporto sociale, pur coprendosi di sante parole in cui compaiono, sfigurate, le parole tolleranza, dialogo etc. Altro è rivendicare il valore della laicità, altro è l’impegno personale per evitare il rischio di un processo di decomposizione del tessuto sociale, unendo forze diverse.
È in atto un grande esperimento democratico da seguire con attenzione. Devo dire, però, che mi ha letteralmente sconvolto apprendere la notizia del cancro al sistema linfatico di Lugo. Mi è sembrato commovente che la Conferenza dei vescovi abbia invitato ad una giornata di preghiera la popolazione per la salute del presidente. I giorni e le settimane ormai sono trascorse lente con alternative di notizie. Finalmente pochi giorni fa si è appreso che « il presidente Lugo ha celebrato la conclusione delle sessioni chemioterapiche sostenute in Brasile per combattere il cancro ». Finalmente si viene a sapere che il Capo dello Stato ha lasciato l’ospedale sirio-libanese di S. Paolo ed è rientrato ad Asunción, pronto a guidare il paese. La foto dimostra l’effetto delle dure terapie subite. « Questo cambiamento a livello fisico provocato dalla malattia » ha detto Lugo « deve far riflettere anche sul cambio profondo da operare all’interno di tutti noi ».
Auguri presidente ! Viva il Paraguay !
N.B.: Ringraziamo l’ambasciata del Paraguay di Roma per la collaborazione alla realizzazione di questo numero.

Aprile 2011

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