Da
Domenico Pizzuti riceviamo una recensione della recentissima e voluminosa pubblicazione della "Città di Dio", ad opera di Domenico Marafioti, gesuita che insegna alla Facoltà teologica dell'Italia Meridionale, sezione S. Luigi.
Il volume è Sant’Agostino, "La città di Dio", a cura di Domenico Marafioti, Oscar Mondadori, voll. 2, Milano 2011, € 40,00.
Nella collana Grandi Classici degli Oscar Mondadori è uscita la prima traduzione di questo Terzo Millennio del "De civitate Dei" di sant’Agostino. E appare giusto alla vigilia del XVI centenario dell’opera agostiniana: è certo infatti che nel settembre del 413 i primi tre libri erano stati composti e inviati al “notaio e tribuno” Marcellino, a cui l’opera è dedicata.
Il curatore dell’introduzione, traduzione e note è Domenico Marafioti, un gesuita che insegna teologia nella Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, Sezione S. Luigi, Napoli. Questi i dati dell’opera: quasi 1800 le pagine complessive; 138 quelle dell’introduzione, 250 quelle delle oltre 2000 note di carattere storico, geografico, letterario, filologico, mitologico, filosofico e teologico; un’Appendice riporta il testo delle "Ritrattazioni" e le due "Lettere a Fermo", importanti per la comprensione dell’opera; gli indici, biblico, dei nomi, dei luoghi e degli autori citati da Agostino, oltre l’elenco delle abbreviazioni, corredano i due volumi rilegati, riuniti in un elegante cofanetto disponibile nelle librerie a un costo relativamente contenuto di € 40,00.
La traduzione è stata condotta sull’edizione critica del testo latino curata da B. Dombart e A. Kalb, senza trascurare alcune lezioni dei Maurini. Si distingue per la chiarezza, leggibilità, precisione filologica e fedeltà alla terminologia usata da Agostino. Ad esempio, le «due città» sono tra loro «intrecciate e mescolate» (perplexae et permixtae, civ. 1,35; 10,32), ma non “confuse”, come qualche volta è stato tradotto.
L’introduzione ripercorre la genesi dell’opera, provocata dalle polemiche successive al sacco di Roma, perpetrato dai Visigoti di Alarico nel 410. Per rispondere ai pagani, che accusavano i cristiani di essere la rovina dell’impero, e per sostenere i cristiani, che non capivano come mai questo disastro fosse capitato proprio nei “tempi cristiani”, quando Roma si era convertita, Agostino scrive questa “immensa opera” e s’impegna a spiegare il rapporto Chiesa-Mondo, il valore sociale della fede, la sua dimensione storica e la tensione escatologica che deve animare ogni credente.
I temi fondamentali sono noti. La Chiesa è pellegrina sulla terra; i beni e i mali nel corso del tempo sono comuni a buoni e cattivi, mentre Dio riserva per l’eternità il premio per i buoni. Adesso giusti ed empi formano «due città mistiche», che si conoscono mediante la fede, secondo l’insegnamento di san Paolo e della Scrittura (cf. Rm 8,4-9). A livello storico queste due città sono visibili nei cristiani che vivono secondo il vangelo, e negli uomini che vivono nella prospettiva terrena, secondo la logica del mondo. Perciò le due città si chiamano «città di Dio» e «città terrena» o «città di questo mondo». È famosa la definizione: «Due amori hanno fatto due città: l’amore di sé fino al disprezzo di Dio ha fatto la città terrena, l’amore di Dio fino al disprezzo di sé ha fatto la città celeste» (civ. 14,28). Nel tempo le due città vivono nella “mescolanza”, e i cittadini della città di Dio devono esercitare la “tolleranza” verso gli altri, nell’attesa paziente della fine dei tempi, quando ci sarà la separazione tra buoni e cattivi. In questo tempo intermedio anche la città di Dio deve collaborare con la città terrena per costruire la pace, che è un bene comune per tutti (libro 19°).
Per dire questo Agostino analizza tutta la civiltà antica, attraverso le vicende di Roma: riflette sulla storia, la religione, la filosofia, la politica, la cultura, senza trascurare l’arte, la poesia e la vita quotidiana. Nei primi dieci, dei ventidue libri che compongono la "Città di Dio", egli confuta il paganesimo e la sua pretesa di offrire agli uomini la felicità sia su questa terra, sia nell’altra vita; nei dodici libri successivi espone l’origine, lo sviluppo e i rispettivi fini delle «due città» nella visione cristiana della storia, per capire l’esistenza dei singoli e dei popoli, distesa tra il tempo e l’eternità.
Quest’opera letta in tutti i tempi, può aiutare gli uomini di oggi, soprattutto i cristiani, a comprendere il senso della vita nel tempo, la precarietà di tutte le costruzioni umane, il destino eterno dell’uomo, il rapporto tra la vera religione e le religioni non-cristiane, la ricerca della verità, il valore della cultura, il contributo dato dalla filosofia alla soluzione dei problemi dell’esistenza, il significato dell’impegno nel mondo e il desiderio della vita immortale. Sant’Agostino infatti vuole guidare tutti alla gloria e alla felicità della celeste città di Dio, dove «riposeremo e vedremo, vedremo e ameremo, ameremo e loderemo» (civ. 22,30).
«La città di Dio, scrive D. Marafioti, è uno di quei libri che non passano con il tempo, ma attraversano i tempi e illuminano il futuro… Scritto in un momento di passaggio tra l’Antichità e il Medioevo, può ancora insegnare qualcosa al nostro tempo, in cui forse si vive un analogo trapasso di civiltà» (p. IX). Se la grandezza dell’opera intimidisce, il sicuro progresso culturale incoraggia a iniziare e continuare la lettura. Auguriamo a questa bella edizione tipografica e felice traduzione italiana un buon successo per l’apprezzamento degli specialisti e dei lettori comuni.