Sabato, 13 Settembre 2014 23:06

Ripubblicato il Dostoevskij di André Gide

Scritto da  Gerardo

L’editore Medusa, con la traduzione di M. Maraschini, per la collana “Le porpore”, ha ristampato una celebre raccolta di scritti e interventi in traduzione italiana, con un saggio introduttivo di A. Colasanti.
Nel seguito, una presentazione del lavoro, gli estremi della pubblicazione e la quarta di copertina.




Fin dagli anni ‘80 dell’800 l’opera di Dostoevskij venne offerta ai lettori francesi in numerose (anche se non sempre ottime) traduzioni, che la resero accessibile anche al resto dell’Occidente. Dostoevskij fu presentato dapprima come un romanziere profondamente «impastato» di cultura europea, ma non abbastanza vicino alla mentalità razionalistica occidentale per essere compreso appieno. Inizialmente in Francia di lui si apprezzarono gli aspetti più «europei», come la religiosità o la profondità psicologica dei personaggi, mentre si cercò di edulcorare se non addirittura censurare quelli più antinomici. Con lo spiritualismo si inaugura una nuova fase della cultura francese, meglio disposta a riconoscersi nella complessità del mondo russo e dell’animo umano, così come Dostoevskij li presenta. In questa scia si colloca il Nobel André Gide, di cui nel presente volume viene proposta una celebre raccolta di scritti e interventi in traduzione italiana con un saggio introduttivo di A. Colasanti. Gide percepisce una sintonia eccezionale con Do­stoevskij, respinge le accuse mosse al romanziere di scrivere in modo «sciatto», di essere incoerente o addirittura cattivo maestro di moralità. Esalta invece l’indomabile speranza con cui il grande russo affronta fino all’ultimo la contraddittorietà della vita grazie alla sua visione dell’uomo non ridotta all’aspetto razionale e pianificabile ma «allargata» all’infinito. Successiva­mente altri studiosi, fra cui i pensatori russi emigrati dopo il 1917, porteranno nuovi contributi alla conoscenza di Dostoevskij in Francia: l’opera di Gide costituisce comunque un “must” per chi vuole inoltrarsi in questo dibattito vivace, affascinante e non ancora concluso.


André Gide, Dostoevskij, Medusa, 2013, pp. 160, Euro 18,00
Trad. it. M. Maraschini
Medusa Edizioni (collana Le porpore)
http://www.medusaeditrice.it


"Acconsentire alla sofferenza e al peccato; abnegare alla pura diversità: accettare dunque la 'lingua', la revoca dentro ogni parola scritta e letta, sapendo che ogni parola, ogni sillaba, sono vere e assolute, il bene e il male, l'estraneità terribile e insieme innocente, come quel suggello che stringe in un abbraccio senza respiro Fédor ad André, Dostoevskij alla nuova modernità: Stavrogin. Quelle sere qualcuno assistette a una malattia che, attimo dopo attimo, creava il pensiero, rilanciando la letteratura nella assoluta profondità dell'uomo. Al Vieux-Colombier andò in scena il doppio dell'umanità; ma un doppio come fosse visto per la prima volta e con compassione, senza esotismo o esoterismo, nemmeno più terrore, nel vuoto della stenografia recitata. Come fosse stato un discorso epilettico: la malattia, la curva d'ombra che riporta l'uomo dentro l'uomo, oltre le convenienze e le bugie. 'Myskin è epilettico - conclude Gide -Kirillov è epilettico, Smerdiakov lo è. C'è un epilettico in ciascuno dei grandi libri di Dostoevskij'. L'epilessia è il male sacro; così come dichiara un proverbio di Blake: 'Se altri non fossero stati pazzi, ci toccherebbe a noi di esserlo'. Il Dostoevskij di Gide non significa altro che l'esaltazione di se stessi attraverso un colpo secco che non spiega eppure decide l'identità come alterità da tutto, quanto un segreto paradossale di rassomiglianza". (Arnaldo Colasanti)

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