Venerdì, 18 Agosto 2017 22:09

La Summer School e Henri Cartier-Bresson fotografo

Scritto da 

Durante la Summer School on Religion, tra una sessione e l'altra, o meglio nell'occasione appositamente prevista, giovedì 31 alle 18:30, sarà possibile visitare la mostra dedicata a Henri Cartier-Bresson, la cui installazione è a San Gimignano, alla Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea "Raffaele De Grada" (dettagli nel seguito).

 

Breve viatico per la Mostra "Henri Cartier-Bresson fotografo"

San Gimignano, 16 giugno – 15 ottobre 2017 (info)

 

Si deve partire dal 5 aprile 2014, quando alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea “Raffaele De Grada” di San Gimignano, fu inaugurata la Mostra di Elliott Erwitt  Icons. Da allora, con una puntualità che lascia bene sperare, l’appuntamento con la grande fotografia di autore ci ha permesso ogni anno a San Gimignano di fare un bagno nella bellezza di un’arte giovane, nella storia del Novecento, nella filosofia e nella psicologia di tre grandi personalità di quel secolo. Elliott Erwitt appunto, Robert Capa e questo anno Henri Cartier-Bresson.

Una lettura sinottica delle biografie dei nostri tre moschettieri ci parla di Magnum Photos, fondata 70 anni fa, fra gli altri, da Robert Capa e Henri Cartier-Bresson e che ha annoverato  fra i suoi molti e grandi collaboratori il più giovane dei tre, il geniale Elliott Erwitt (l’unico dei tre ancora in vita). Altro luogo frequentato ampiamente da tutti e tre, la rivista Life e il fotogiornalismo. Naturalmente coniugato ciascuno a suo modo. Con la prevalenza di una incontenibile e sanguigna presenza fisica di Robert Capa (dallo scatto celeberrimo che immortalò la morte del miliziano spagnolo alla mina calpestata accidentalmente in Indocina il 25 maggio 1954 che ce lo portò via); con l’ironia di Elliott Erwitt e di Henri Cartier-Bresson (d’ora in avanti: HCB). In particolare questo ultimo, inviato nel 1937 dal giornale Ce Soir alla incoronazione di Giorgio VI, tutti ritrasse tranne il Re. Ma quel reportage ci dice tutto dell’avvenimento anche se non ci fa vedere il protagonista. Per HCB. la vera protagonista è la folla. La folla che guarda il Re. In realtà nella foto c’è anche lui anche se noi non lo vediamo. L’effigie del sovrano è sugli strumenti ottici rudimentali inventati per l’occasione dalla gente per poter scavalcare la marea della folla e quindi poter meglio vedere il Re e la sfilata reale.

Altra attrazione comune (e non poteva essere diversamente) è il cinema. Sia come rappresentazione fotografica del mondo del cinema: in questo maestro sommo è Elliott Erwitt. Basti ricordare la strepitosa foto a colori del set del film di John Huston  Gli sbandati nel 1960 a Reno in Nevada. Sia come tentazione di dare alla propria fotografia il movimento, lasciando da parte la Leica e posizionandosi dietro la cinepresa. E stiamo parlando proprio di HCB.  Robert Capa più che la cinepresa, da buon gitano strappacuori, preferiva le attrici. E come dargli torto trattandosi, fra le altre, di Ingrid Bergman.

Ma torniamo a HCB ed alla mostra in corso a San Gimignano. In realtà il nostro, nato nel 1908 all’interno di una ricca famiglia di industriali francesi, non volle seguire le orme paterne, ma fin da giovanissimo fu attratto dalla pittura. Sono gli anni dei fermenti surrealisti e HCB vi si immerse totalmente sposandone i multiformi interessi: il viaggio, l’Africa (nel 1930 trascorrerà un anno in Costa d’Avorio), il Messico (al seguito di una spedizione etnografica nel 1934 sulle orme di Antonin Artaud e André Breton). Nel frattempo impossessatosi della sua prima Leica inizia a fotografare e a capire che quella della fotografia potrebbe essere una possibile strada per il suo futuro. E’ attratto al tempo stesso dal cinema. Si propone, non a caso,  a Luis Buñuel come aiuto regista. Ricevendone un rifiuto. Ma gli andrà meglio con Jean Renoir di cui diventerà assistente nel 1936. Realizzerà in proprio vari documentari dal 1937 al 1945. Ma contemporaneamente la sua fama come fotografo cresce. Tant’è che creduto morto nel 1945 il Moma di New York intraprende l’organizzazione di una mostra commemorativa. Alla quale collaborerà attivamente e che verrà inaugurata nel 1947! Da allora HCB è diventato uno dei più grandi fotografi del secolo passato.

La poetica e la sua filosofia nel porsi di fronte alla realtà con la sua Leica HCB lo ha sintetizzato via via con rapidi flash: “Per me, la macchina fotografica è come un block notes, uno strumento a supporto dell’intuito e della spontaneità, il padrone del momento che, in termini visivi, domanda e decide nello stesso tempo. Per “dare un senso” al mondo, bisogna sentirsi coinvolti in ciò che si inquadra nel mirino. Tale atteggiamento richiede concentrazione, disciplina mentale, sensibilità e un senso della geometria. Solo tramite un utilizzo minimale dei mezzi si può arrivare alla semplicità di espressione”.

E ancora: “Fotografare, è riconoscere un fatto nello stesso attimo ed in una frazione di secondo e organizzare con rigore le forme percepite visivamente che esprimono questo fatto e lo significano. E’ mettere sulla stessa linea di mira la mente, lo sguardo e il cuore”. La sottolineatura è nostra.

I 140 scatti proposti nella mostra sangimignanese nelle sei sezioni in cui è strutturata cercano di rendere conto di quanto abbiamo cercato di dire. La prima sezione “Icone” è una sorta di abrégé della mostra. Si apre con il manifesto di HCB fotografo “Dietro la gare Saint-Lazare” del 1932. L’attimo dello scatto condensa pittura, società, cultura, condizione umana ed è il primo e fondamentale mattone dell’arte del fotografo francese.

Le altre cinque sezioni spaziano dalla geografia (Asia, USA, Mexico, Europa, Francia) alla storia(la fine del Kuomintang, il funerale di Ghandi, la Spagna prima della tragedia della guerra civile, il muro di Berlino), alla società (stridente il confronto della situazione sociale tra USA e Mexico) etc etc.

L’ultima sezione è dedicata ai ritratti. Ci piace evidenziare quello non famoso come il ritratto di Jean Paul Sartre o di Ezra Pound e cioè quello di Robert Flaherty (in Louisiana nel 1947). Regista con un occhio quasi sovrapponibile a quello di HCB.

Per concludere: se Robert Capa lavora stando vicino agli avvenimenti, quasi carnalmente attaccato come abbiamo cercato di dire sopra, HCB lavora cercando di stare più in alto dell’avvenimento che si sta svolgendo davanti ai suoi occhi. Lo dimostra quanto abbiamo detto sulla incoronazione di Giorgio VI, la sua passione per le scale (ampiamente documentata anche in questa mostra), la foto bellissima della cremazione di Gandhi con quel grappolo di persone issate su un ramo di un altissimo albero e lo sguardo proteso verso il corpo che sta bruciando del Mahatma che naturalmente noi non vediamo. Ma c’è.

Giuseppe Picone

 

Letto 2890 volte
Vota questo articolo
(0 Voti)
Devi effettuare il login per inviare commenti