Informazione religiosa. Tra crisi e prospettive di rilancio
Per la prima volta le riviste che si occupano di informazione religiosa si sono incontrate, il 7 giugno scorso, per discutere della crisi che ne sta oggi minacciando l’esistenza stessa, dentro la più generale questione della crisi dell’editoria in Italia. Non c’erano tutte, ma le presenze erano qualificate e significative. E soprattutto la giornata di riflessione sullo stato di salute delle riviste che si occupano di religioni promossa dal Centro Internazionale di Studi sul Religioso Contemporaneo/Cisreco, sostenuta e ospitata dal Comune di Peccioli (Pi) è stata una prima importantissima occasione per confrontarsi sulle ragioni della crisi e cercare – assieme – delle strategie per contrastarla.
La parola “crisi” è risuonata nell’introduzione di Arnaldo Nesti, direttore scientifico Cisreco, come anche nella relazione introduttiva di Brunetto Salvarani, direttore di Qol e collaboratore di molte riviste (e, tra l’altro, il primo a “lanciare” questo tema presso l’opinione pubblica nel corso di una puntata di Uomini e profeti andata in onda su Radio3 il 9 gennaio scorso). La parola crisi è stata poi ripresa ed analizzata da tutti gli interventi succedutisi nella intensa giornata pecciolese, proseguita sino al tardo pomeriggio: da quello di Severino Saccardi, direttore di Testimonianze (storica rivista fondata da padre Balducci) a quello di Mauro Castagnaro, redattore di Missione oggi; da quello di don Carmelo Mezzasalma, direttore di Feeria (espressione del lavoro culturale e spirituale di una piccola comunità religiosa immersa fra i boschi del Chianti), a quello di Andrea Fagioli, direttore di ToscanaOggi, in “rappresentanza” delle oltre 150 testate diocesane; dal contributo di Claudio Paravati, direttore di Confronti, a quello di Federico Ruozzi, ricercatore e segretario di redazione di Cristianesimo nella storia (rivista fondata da Giuseppe Alberigo e promossa dalla Fondazione per le Scienze Religiose per gli Studi Religiosi di Bologna); dall’analisi condotta da Paolo Rappellino, redattore di Jesus e di Credere all’intervento del sottoscritto, in rappresentanza di Adista.
Dalle parole di tutti è emersa la generale impressione di una crescente difficoltà per le piccole testate di continuare a fare la loro tradizionale opera di informazione. Le ragioni individuate sono molteplici. Da una parte il processo di concentrazione editoriale nelle mani di pochi grandi gruppi editoriali (composti da un mix di banche, gruppi finanziari, holding imprenditoriali), da cui discende – lo ha rilevato Fagioli – anche la mancata opposizione da parte delle grandi testate alla drastica riduzione dei finanziamenti pubblici all’editoria, che i grandi gruppi editoriali hanno sostanzialmente accettato in cambio del consenso del governo ad un massiccio utilizzo dei prepensionamenti (spesso trasformati in collaborazioni) che hanno abbattuto notevolmente i costi delle redazioni dei grandi giornali, al prezzo però di strozzare le piccole testate, che sui contributi all’editoria costruivano una buona parte del loro piccolo bilancio. Inoltre – ha detto Paravati – c’è una informazione “laica” che si sta fortemente impegnando sul versante religioso, nel quale ha ormai individuato un pubblico a cui rivolgere prodotti editoriali di taglio molto popolare (da una rivista – pure ben confezionata – come quella edita da Mondadori – Il mio papa – sino a testate che si rivolgono ad un target estremamente popolare come Miracoli, stampata in grande tiratura ed a prezzo bassissimo da Guido Veneziani editore). Unanime anche la sensazione che internet – per molti una grande prospettiva di rilancio dell’informazione su più larga scala ed una alternativa al cartaceo – abbia disatteso le sue promesse. Internet ha costi non inferiori al cartaceo (basti pensare a quanto costa una redazione online che aggiorni quotidianamente i contenuti di un sito di informazione) che non vengono ripagati né dalla raccolta pubblicitaria, né tanto meno in termini di nuovi abbonamenti. Questo – ha rilevato Castagnaro – è legato anche al fatto che in Italia chi legge su internet lo fa dando per scontato che tutti i contenuti siano gratuiti. Inoltre – ha rilevato il sottoscritto – l’informazione avviene in misura crescente attraverso i social network, che aggregano notizie e contenuti in maniera indistinta e indistinguibile. Ma l’abbonamento ad una rivista o la lettura “fedele” di una o più testate garantiva, fino ad un passato non molto lontano, una chiave di lettura precisa (condivisibile o meno), una capacità di leggere criticamente i fatti che rappresentava la cifra, il tratto distintivo di ogni giornale. E che i lettori cercavano proprio perché si aspettavano di confrontarsi col punto di vista che su certe questioni o su certe notizie i loro giornali di riferimento erano in grado di dare.
All’interno di questo quadro, si situa poi un pontificato che ha scelto di rivolgersi direttamente ai propri fedeli, senza i tradizionali filtri del passato. Il papa parla a braccio, creando nell’immaginario collettivo una percezione (sovente distante dalla realtà) di ciò che avviene dentro la Chiesa che è difficile scalfire a posteriori, anche attraverso analisi complesse ed articolate. Del resto, è la stessa complessità ad essere oggi un ostacolo verso un pubblico che cerca una informazione immediata e poco problematica.
A queste difficoltà, per le piccole riviste vanno poi aggiunti i costi sempre più alti della carta e delle spedizioni, i ritardi cronici delle poste (che di fatto incentivano a spedire attraverso corrieri privati, i cui costi sono però nettamente superiori), la percezione dell’informazione come un bene “secondario”, accessorio, di cui in tempo di crisi si può fare a meno. Eppure, se l’art. 3 della Costituzione indica nell’uguaglianza tra tutti i cittadini l’obiettivo dello Stato Repubblicano, nello stesso articolo si dice che la Repubblica assume tra i suoi compiti quello di rimuovere gli ostacoli che limitano il diritto all’uguaglianza. Assieme alla scuola, l’informazione è certamente uno degli strumenti che realizzano uguaglianza, contribuendo a formare quelli che don Milani definiva i “cittadini sovrani”, persone cioè capaci di leggere ed interpretare autonomamente la realtà e di fare delle scelte autonome e consapevoli.
Quella del 7 giugno è stata solo una prima tappa di un percorso di confronto e dialogo tra le piccole riviste che fanno informazione religiosa che si intende proseguire. Tra le idee, quella – lanciata dal direttore di Confronti Paravati – di trasformare la Giornata di Peccioli in un appuntamento annuale, creando nel frattempo occasioni in cui le riviste possano promuovere e raccontare insieme (magari ancora a Peccioli, vista l’ampia disponibilità offerta dal sindaco, Renzo Macelloni) l’importanza di una informazione “religiosa” alternativa a quella mainstream e capace di formare persone pensanti ancor prima che credenti.