60 anni di cammino sinodale cattolico
Ripensiamo il cammino percorso dalla Chiesa a partire dal Concilio. Il Concilio ha invitato i cattolici ad aprirsi al mondo e alla storia, anche se non aveva una analisi precisa della società e dei suoi mali strutturali. Da allora ci siamo aperti alla storia per incarnarci nel mondo. Ma con quale missione? Il Concilio non l’ha indicata, ma chiaramente occorre seguire la missione di Gesù nel mondo. La missione di Cristo non è stata quella di un tana-salvi-tutti con l’assoluzione dei peccati individuali; perché per questi esistevano da sempre dei riti di purificazione in tutte le religioni, ebraica compresa. La sua missione è stata quella di insegnarci (con il suo esempio anche nei casi più tragici) come affrontare le strutture di peccato sulla Terra (“il peccato del mondo” Gv, 1 29) per riportare in vigore tra gli uomini la “volontà del Padre suo”.
Ma quali peccati? Per la prima volta nella storia della Chiesa il Concilio ha condannato un peccato delle strutture del mondo, un peccato strutturale. È stata l’unica condanna del Concilio. Essa non riguarda problemi teologici, ma un problema etico: quello alla guerra di distruzione di massa. È stata la prima volta che la Chiesa ha chiamato col suo nome un peccato strutturale e lo ha condannato.
Ma la condanna è stata solo a metà: solo l’uso futuro delle bombe nucleari, non il mantenerle, potenziarle e minacciarne l’uso sugli altri Paesi per intimidirli e soggiogarli. Perciò quella condanna non ha cambiato niente della storia e anche il tema del peccato strutturale poi è stato trascurato (anche dai teologi).
Dopo il Concilio i cattolici della Teologia della Liberazione avevano preso di petto il peccato strutturale dell’America Latina e avevano proposto un progetto di radicale trasformazione sociale. Ma hanno visto solo un altro peccato strutturale, il capitalismo (non la guerra, né la guerriglia), e hanno seguito una ideologia politica nata un secolo prima. Dopo venti anni, nel 1989, quella ideologia si è rivelata inadeguata. E anche in questo caso si è rimasti a metà strada, senza allargarsi a tutti i peccati strutturali (Guerra, Fame nel mondo, Schiavitù, Genocidio, Sedizione ecologica) e a ricercare una analisi sociale nuova.
Intanto la società è stata trasformata radicalmente perché ha preso come prima dimensione la mondialità. Oggi le istituzioni che pesano sulle persone sono innumerevoli e apparentemente incontrollabili. Anzi, esse impongono ai singoli comportamenti obbligatori, compensati da qualche bene di consumo.
Non è strano allora che oggi il cammino sinodale della Chiesa manifesti varie difficoltà; secondo me la principale è quella dell’etica. Lo si vede bene nei giovani: essi mancano non tanto di una fede, ma di una moralità. Perché? La globalizzazione ha promosso il mercato a potere dominante che detta le sue leggi in tutti i campi sociali (economia, lavoro, cultura ecc.), ai singoli e anche agli Stati. In più il progresso scientifico e tecnologico spinge ogni persona a trasformare la sua vita secondo le ultime novità, in una corsa all’infinito che domina tutti i comportamenti sociali. A tutte queste leggi la gente si adegua; per cui la sua etica è quella voluta dai poteri forti della società mondiale, comprese le impersonali scienza e tecnologia.
Il loro progresso ha galoppato negli anni successivi al Concilio: le questioni si sono moltiplicate. Per risalire all’origine, ricordo che subito dopo il Concilio, la questione etica della “pillola anticoncezionale” ha diviso profondamente la comunità ecclesiale. In effetti, la questione era stata causata dal progresso tecnologico e scientifico, sul quale il Concilio non ha preso posizione né ha dato illuminazioni. Il risultato del sofferto dibattito di quel tempo è stato che tutti sono passati ad una “etica fai-da-te”; che è stata tollerata dal magistero perché esso stesso era rimasto diviso. Cosicché ogni questione etica successiva è stata vissuta come ulteriore occasione di divisione e di dispersione. Il Magistero ha cercato di porre almeno degli argini (ad es. all’aborto, alla pedofilia; ma non alla droga, alla pornografia); ma questa difesa viene travolta dal “progresso” e dal servilismo della maggioranza delle persone che si adegua a tutto. Senza un atteggiamento comune, qualche nucleo di cattolici ha mantenuto una sua etica, ma in generale la soluzione è stata quella di allentare i vincoli e i legami; e vivere per lo più alla giornata.
Papa Francesco non è un teorico. Ma sta compiendo il massimo per affrontare i peccati strutturali nella vita sociale: contro l’autodistruzione ecologica, contro il genocidio delle migrazioni, contro la schiavitù e il razzismo, contro la fame e le malattie nel mondo, contro la guerra che lui ha chiamato in tutti i modi negativi possibili (“pazzia” ecc.), tanto da portare a compimento, come Papa, la condanna del Concilio: anche il possesso e l’uso di potere delle armi nucleari. Con il suo papato la strada è ormai chiara: la missione dei cattolici nel mondo è di combattere questi peccati nelle strutture sociali che li determinano, al fine di aprire la strada per costruire strutture sociali alternative, basate sulla giustizia e sulla costruzione della pace anche con quelli che l’Occidente, che minaccia tutti i Paesi con le bombe nucleari, dichiara “terroristi”. In questa sua opera egli sta seguendo l’esempio storico di Gandhi e gli insegnamenti del suo discepolo Lanza del Vasto, che già nel 1959 aveva indicato i suddetti peccati strutturali, chiamandoli “i quattro flagelli sociali fatti da mano d’uomo”.
Allora oggi papa Francesco ci ha chiarito la direzione del cammino sinodale della Chiesa e ci ha dato un linguaggio comune. Ora sta a noi affrontare le strutture di peccato del mondo senza aver timore per la nostra vita, perché è da qui che passa la resurrezione, non solo quella etica, ma anche (come papa Francesco ha indicato con le riunioni mondiali per la giustizia), quella sociale. Tanto più in Italia, dove è finita la lunga stagione del partito della Chiesa cattolica (la Democrazia Cristiana) ed è tempo invece di movimenti che siano allo stesso tempo spirituali e a progetto sociale da realizzare dal basso.
Antonino Drago
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