Un Dio ormai lontano lascia spazi frattali a yoga e buddhismi eterogenei, canta Francesco Gabbani a braccetto di una scimmia: l’estraneo e l’inusuale riempie di stupore, ma si ferma lì.
Il divino si fa corporeità vissuta, eppure, come la sessualità, è capace di liberare energie intellettuali, dissolventi e trasformanti. È il dilemma di un Occidente alla ricerca di un «senso».
Un libro sull’inganno su cui fanno presa le nuove religioni, sul vuoto di un benessere evocato più volte: tutto ciò che abbiamo è un vuoto, un’autenticità sfuggente è dentro di noi e i desideri che abbiamo interiorizzato provengono da fuori.
Facendo un passo indietro per intendere ciò che il linguaggio ha scisso e le forme di vita ricompongono, c’è un universo mercantile di apostoli itineranti, gnostici, buddhisti, ermetici e manichei, raffigurante la continua ricerca di una pratica vagabonda per ottenere in premio merci rare e tesori spirituali.
Un’economia della salvezza che non si presta a ricette tranquillizzanti.