Papa Francesco a Kirill: il patriarca non può trasformarsi nel chierichetto di Putin
Dopo venti giorni dall’inizio della guerra in Ucraina, Papa Francesco ha chiesto, attraverso il segretario di Stato vaticano Parolin, un incontro a Putin, che però non ha ancora risposto al messaggio. Questa è una delle rivelazioni fatte dal pontefice nell’intervista di Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera, pubblicata ieri. Il Papa, che si è detto pronto ad andare a Mosca, ha ricordato che a dicembre aveva sentito il presidente della Russia per il suo compleanno, ma questa volta non l’ha chiamato, preferendo telefonare il primo giorno dell’invasione al presidente ucraino Zelensky e andare dall’ambasciatore russo, al quale ha detto «per favore, fermatevi». A chi gli chiede una visita simbolica a Kiev, risponde: «io sento che non devo andare. Io prima devo andare a Mosca, prima devo incontrare Putin».
La sua preoccupazione è che il presidente russo, per il momento, non mostri l’intenzione di arrestare la sua guerra, che secondo il pontefice potrebbe essere stata facilitata dalle scelte della Nato, ma con lui è giusto insistere perché «tanta brutalità come si fa a non fermarla?». Con la fornitura di armi alla resistenza ucraina, inoltre, il problema è anche delle nazioni occidentali. Papa Francesco non sa dire se in questo momento sia giusto o meno sostenere militarmente gli assaliti, perché il problema, più volte denunciato nel corso del suo pontificato, è la corsa agli armamenti in atto da anni: prima o poi, qualcuno decide di metterli alla prova sul campo, provocando morte e sofferenza.
Il racconto del suo confronto con il patriarca Kirill, che ora ha più la parvenza di uno scontro, è sconfortante. La chiamata di quaranta minuti via zoom si è aperta con il capo della Chiesa ortodossa russa che ha letto tutte le giustificazioni alla guerra, alle quali il Papa ha replicato: «di questo non capisco nulla». Ecco, dunque, le parole più dure della sua intervista: «noi non siamo chierici di Stato, non possiamo utilizzare il linguaggio della politica, ma quello di Gesù. Siamo pastori dello stesso santo popolo di Dio. Per questo dobbiamo cercare vie di pace, far cessare il fuoco delle armi. Il patriarca non può trasformarsi nel chierichetto di Putin».
Un altro passaggio rivelatore del colloquio è quello in cui il pontefice ha raccontato che Orbán, il primo ministro dell’Ungheria incontrato recentemente, gli ha detto che i russi avevano come piano quello di far finire la guerra il 9 maggio. Papa Francesco, però, si dice pessimista perché per la pace non c’è abbastanza volontà: prima era la Crimea e poi il Donbass, ora Odessa e in futuro la Transnistria. Occorre dunque fare ogni gesto possibile perché la guerra si fermi.
Altri riferimenti
- Intervista del pontefice al Corriere della Sera.
- Su Avvenire.it il commento del patriarca Kirill alle comunicazioni di papa Francesco.
- L’eresia, detonatore e volto della crisi, la Dichiarazione di 65 teologi ortodossi di tutto il mondo, il testo che propone una riflessione di grande importanza per l’ortodossia mondiale.