Mercoledì, 07 Agosto 2019 16:28

Introduzione di A. Nesti alla Summer School on Religion

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Trasmettiamo il testo con cui il prof. Nesti, direttore del CISRECO presenta la XXVI Summer School on Religion, quest'anno dedicata al rapporto tra il lavoro e la religione.

Parole introduttive alla XXVI Summer School on Religion

Genesi 3,19: Con il sudore del tuo volto mangerai il pane”. Il lavoro e la religione

di Arnaldo Nesti

(se vuoi puoi scaricare il testo dell'introduzione del prof. Nesti in versione PDF)

 

Mi trovo per la 26ma volta ad aprire questa nostra Summer School.

Quest’anno 2019 l’evento sangimignanese verte su lavoro e religione Il tema non ha mai avuto una sola versione.

Mi preme subito sottolineare che nel tempo della terza rivoluzione industriale prodotta dai sistemi informatici e dai processi di globalizzazione cui ha dato luogo, la divisione del lavoro non riguarda più la singola unità produttiva ma l’intera costellazione dei mondi in cui si articola l’intero pianeta.

Ne scaturisce una nuova piramide sociale con forme di lavoro liberato e nuove schiavitù, attraversate dai sofferenze estreme. Per entrare in medias res richiamo dalle cronache odierne solo alcuni tratti dell’attuale disordine stabilizzato.

Cito:

  1. È di almeno venticinque vittime civili e cinquanta feriti l’ultimo bilancio dei bombardamenti russo-governativi su Idlib e Hama, in Siria. L’escalation militare non accenna a placarsi, tanto da costringere diversi gruppi di medici a rinunciare a dare le coordinate delle cliniche per evitare che le stesse continuino ad essere colpite. La presenza sul territorio controllato dai ribelli di pericolose milizie legate ad al-Qaeda non può far dimenticare l’esistenza di circa tre milioni di sfollati, che necessitano protezione. Secondo le Nazioni Unite, circa mezzo milione erano già stati sfollati da altre zone della Siria. Secondo Nasser Yassin, direttore di ricerca dell’Issam Fares Institute all’Università americana di Beirut, i profughi sono oggetto di «punizioni collettive» e subiscono forti pressioni.
  2. Secondo alcuni dati riportati dall’Osservatorio indipendente dei morti sul lavoro, dall’inizio del 2019 i morti sul lavoro hanno già superato quota 100. Le vittime dei morti del lavoro del 2018 sono 1.113: 104 in più rispetto al 2017. Nel 2018 si è avuto 4 morti al giorno. Tralascio ogni altra considerazione e richiamo subito l’attenzione sull’inarrestabile fenomeno migratorio con le centinaia di morti nel Mediterraneo.
  3. Esiste una ristretta élite di miliardari che si spartisce la quasi totalità delle ricchezze mondiali. Non si tratta di una denuncia bollata come complottista, ma di una raccolta di dati pubblicata dalla Oxfam, confederazione internazionale di venti organizzazioni che lavorano per contrastare la povertà. Nel documento intitolato "Ricompensare il lavoro, non la ricchezza", si legge che di tutta la ricchezza creata nell’ultimo anno, l’82% è andato all’1% della popolazione, mentre il 50% meno abbiente non ha beneficiato di alcun aumento. La denuncia arriva alla vigilia del Forum di Davos, in Svizzera, dove si sono riuniti i leader di alcuni dei maggiori Paesi del mondo e magnati dell'alta finanza per discutere di politica, ambiente, economia e per difendere la globalizzazione. Il rapporto Oxfam rivela come, a livello globale, "il sistema economico attuale consenta solo a una ristretta élite di accumulare enormi fortune, mentre centinaia di milioni di persone lottano per la sopravvivenza con salari da fame".
  4. Nel mondo occidentale mentre, cresce il numero degli ultimi si diffonde un altrettanto miseranda ideologia fondata sulla paura e sull’insicurezza. In Occidente la voce più forte anche se spesso solitaria è quella di Papa Francesco che non perde occasione per richiamare il senso della comunità umana.

Cesare impugna e brandisce…il rosario

Dopo questi brevi annotazioni preliminari a differenza di quanto ho fatto nel passato, questa volta ritengo importante proprio per il livello e la gravità dello scontro (a difesa della sicurezza contro la paura rappresentata dai processi migratori) iniziare i lavori evocando un’immagine di attualità. Durante la ultima campagna elettorale per le elezioni europee un giovane leader della destra sovranista, il Salvini, in piena Piazza Duomo a Milano si è esibito recando fra le mani una corona del rosario. Il rosario è parso un’arma da brandire contro i nemici. E la religione si è fatta strumento politico, buono a eccitare le piazze e occupare i palcoscenici mediatici. Tutto questo, diciamolo a voce alta, è la peggiore offesa che si possa rivolgere ai credenti.

«Se prima si dava a Dio quel che invece sarebbe stato bene restasse nelle mani di Cesare, adesso è Cesare a impugnare e brandire quello che è di Dio», ha scritto a caldo padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica. E nel giorno in cui si critica da più fronti Matteo Salvini con il rosario in mano, dal Vaticano, dalla Conferenza episcopale italiana riunita in assemblea generale a Roma, e per bocca del presidente delle Conferenze episcopali d'Europa (il cardinale genovese Angelo Bagnasco), ecco che il vescovo di Ventimiglia-Sanremo raddoppia il suo appoggio al centro destra e al leader della Lega. Facendo così deflagrare, alla vigilia del voto e di una possibile crisi di governo lo scenario di una Chiesa la ligure: divisa a metà sia sull'accoglienza ai migranti, sia sulle

elezioni amministrative e europee. Durissimo il gesuita Padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica: «La coscienza cristiana dovrebbe sussultare con sdegno e umiliazione nel vedersi così mercanteggiata e blandita. La reazione di Cristo all’uso strumentale di Dio è la cacciata dei mercanti dal Tempio. Si facciano i propri discorsi, si vincano o perdano le elezioni, ma davanti a Dio bisogna togliersi i sandali»[1].

Non la manda a dire anche il settimanale Famiglia cristiana: «Il Rosario brandito da Salvini e i fischi della folla a Papa Francesco, ecco il sovranismo feticista». «A Milano – prosegue il settimanale – è andato in scena l’ennesimo esempio di strumentalizzazione religiosa per giustificare la violazione sistematica nel nostro Paese dei diritti umani. Mentre il capopopolo della Lega esibiva il Vangelo, un’altra nave carica di vite umane veniva respinta e l'ONU ci condannava per il decreto sicurezza».

In un corsivo non firmato, prende posizione anche il quotidiano dei cattolici, Avvenire: «Confronti e graduatorie tra Papi, ostentazione del Rosario per invocare un aiuto celeste nelle urne, proclami identitari: il leader leghista Matteo Salvini ancora una volta si proclama alfiere del cattolicesimo, ma di un cattolicesimo tutto suo, “politicizzato” e contraddittorio, piuttosto distante dal magistero del Papa e della Chiesa universale e italiana……. E col Rosario si prega, non si fanno i comizi».

«Sono profondamente turbato – scrive su Twitter Enzo Bianchi, fondatore della Comunità di Bose – come è possibile che un politico oggi, in un comizio elettorale, baci il Rosario, invochi i santi patroni d’Europa e affidi l’Italia al Cuore immacolato di Maria per la vittoria del suo partito? Cattolici, se amate il cristianesimo non tacete, protestate!».

Un ammonimento arriva anche dal cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee, in una intervista a La Stampa: «Invocare Dio per se stessi è sempre molto pericoloso. Nessuno può appropriarsi dei valori cristiani».

«Ritengo che sia scorretto usare il nome di Dio in questo modo. Non soltanto il suo nome, ma anche quello della Vergine. È una modalità strumentale dalla quale prendere del tutto le distanze». Lo ha sostenuto il segretario del Consiglio dei cardinali e vescovo di Albano, mons. Marcello Semeraro, in un’intervista a Repubblica.

 Una «uscita esecrabile», di fronte alla quale cita un passaggio del documento sulla fratellanza umana firmato negli Emirati Arabi Uniti da papa Francesco e dal grande imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb: «Dio, l’Onnipotente non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il Suo nome venga usato per terrorizzare la gente». «Chi ha responsabilità di governo – ha aggiunto il vescovo – dovrebbe leggere e studiare questo testo». Infine, a Salvini mons. Semeraro ricorda che «esiste il timor di Dio. Che da esso occorrerebbe ripartire».

Al Corriere della Sera l’arcivescovo di Chieti mons. Bruno Forte spiega che «il Rosario usato a fini elettorali non rispetta la serietà della fede e ferisce i credenti. La preghiera non può essere usata a fini strumentali. Mi auguro che il ministro Salvini lo comprenda. Un conto è la fede, che si difende da se stessa e certo non ha bisogno di Salvini per essere difesa. Altro è usare un simbolo sacro a favore della propria parte politica».

«È ora di finirla. Non possiamo più stare zitti di fronte alle sparate di un sempre più arrogante ministro della Repubblica». Lo ha scritto sul sito della Diocesi di Mazara del Vallo (Trapani), il vescovo mons. Domenico Mogavero. «Non possiamo più permettere che ci si appropri dei segni sacri della nostra fede per smerciare le proprie vedute disumane, antistoriche e diametralmente opposte al messaggio evangelico», ha aggiunto. «Chi è con lui non può dirsi cristiano perché ha rinnegato il comandamento dell’amore».

Quando la DC chiuse i battenti, Gianni Baget Bozzo che dell’unità politica dei cattolici non era stato mai entusiasta, paventò che in Italia prendesse piede il fenomeno dei belonging  without believing, dell’appartenenza senza credenza, come altrove aveva preso piede il movimento dei teocon. Con il tramonto di un rapporto fra fede e politica che nel dopoguerra si era espresso nella DC, nel progressivo processo di modernità secolarizzante si arriva alla sconcertante sacra rappresentazione alla Salvini.

Come è stato possibile?

Il legame simbiotico che fin dal 1945 avevano permesso alla DC di disporre di una classe dirigente, proveniente dalle organizzazioni cattoliche, all’indomani del concilio avrebbe sofferto “con la scelta religiosa” dell’associazionismo cattolico, del reclutamento di nuove leve di personale politico. Nel dopo concilio, poi progressivamente, la chiesa italiana arriva quasi ad atrofizzare la vocazione pastorale (che si era ridotta a proporre alla società ed alla stessa DC) puntando su poco più di un’arida precettistica su temi bioetici arrivando al boomerang del referendum sul divorzio.

C’era quanto bastava nel 1994 ancora, per i vescovi la possibilità di valorizzare proprio quell’associazionismo che non più collaterale alla DC, ad essa era comunque sopravvissuto e che anzi in alcuni casi aveva prosperato sperimentando nuove forme di animazione sociale e civile.

La CEI presieduta dal card. Ruini scelse però una strada diversa.

Forse perché l’associazionismo cattolico non solo si era emancipato dalla subordinazione alla dc ma aveva anche coltivato una certa autonomia nei confronti della gerarchia ecclesiastica. Forse come temeva Baget Bozzo perché un’altra strada non si sapeva più come trovarla.

Ruini quindi fu il primo, trascinandosi dietro  la CEI, nel quarto di secolo della seconda repubblica a pretendere di fare a meno dei corpi intermedi per confrontarsi direttamente col potere politico, se non proprio sostituendosi al partito cattolico quanto meno costituendo la CEI come lobby in grado di negoziare benefici e di difendere nel contempo i  non meglio definiti “valori non negoziabili”, magari alleandosi con gli “atei devoti”(berlusconiani) contri i “cattolici adulti”.

In questo quarto di secolo, il mondo cattolico italiano è come disintegrato, lasciando campo libero a chiunque volesse impadronirsi dei suoi simboli e dei suoi riti. E’ bene ricordarlo senza nessuna nostalgia per i tempi in cui agiva “qual falange di Cristo Redentore”, non è una buona notizia, ma Salvini ha trovato spazio in questo vuoto. Così non è una buona notizia che tocchi all’elemosiniere del papa riallacciare la luce ad un condominio di poveracci, a Roma.…

Mi sono soffermato su questi episodi che si inseriscono a pieno titolo nella problematica di questa Summer School. Per concludere è bene ricordare che “Dio nostro Padre ha dato il compito di custodire la terra non ai soldi, ma a noi: agli uomini e alle donne. Noi abbiamo questo compito! Invece uomini e donne vengono sacrificati agli idoli del profitto e del consumo: è la “cultura dello scarto”.

Questa “cultura dello scarto” tende a diventare mentalità comune, che contagia tutti. La vita umana, la persona non sono più sentite come valore primario da rispettare e tutelare, specie se è povera o disabile, se non serve ancora – come il nascituro –, o non serve più – come l’anziano. Questa cultura dello scarto ci ha resi insensibili anche agli sprechi e agli scarti alimentari, che sono ancora più deprecabili quando in ogni parte del mondo, purtroppo, molte persone e famiglie soffrono fame e malnutrizione. Una volta i nostri nonni erano molto attenti a non gettare nulla del cibo avanzato. Il consumismo ci ha indotti ad abituarci al superfluo e allo spreco quotidiano

 

Più che i soldi del presente i ricordi dell’infanzia

Quale il futuro?

Mi piace raccogliere la testimonianza-provocazione all'interno del testo di "Soldi", Mahmood dopo la vittoria riportata al festival di Sanremo 2019 ha commentato il senso della sua canzone. “Sono arrivato a 26 anni e, dopo la vittoria a Sanremo, ho cominciato a sentirmi straniero nel mio Paese’ mi colpisce profondamente e mi mette dinanzi una parte di paese dove si fa fatica a riconoscersi italiani”.  È difficile ma decisivo combattere per il primato di ritrovarsi legati alla sorte comune per la solidarietà fra gli uomini italiani o no. Stare al mondo quando si vive pensando ai soldi? Il giovane Mahmood dopo anni di vita da immigrato ci ricorda che per lui il primato va non a soldi, ma ai sentimenti di figlio e di essere umano. Non a caso ha inserito la frase "Waladi waladi habibi ta'aleena", uno dei pochi ricordi in arabo che conserva della sua infanzia, che significa "figlio mio, figlio mio, amore vieni qua".” Waladi waladi…

 

 

 

Arnaldo Nesti è Direttore Scientifico del Centro Internazionale di Studi sul Religioso Contemporaneo (CISRECO) e della Summer School on Religion di San Gimignano. Ha insegnato Sociologia e Sociologia della religione all’Università di Firenze e al Pontificio Ateneo Marianum. È stato inoltre docente nella sede fiorentina della California State University. È direttore di Religioni e società, quadrimestrale di Scienze sociali della religione. Recenti pubblicazioni: Alle radici della Toscana contemporanea (Franco Angeli 2008), Il mio novecento (Felici 2010), Nel Mediterraneo largo (Aracne 2012), Individualismo e familismo (Gabrielli 2016), Lampedusa: tra Africa ed Europa (Aracne 2016), In compagnia degli amaryllis (Diogene Multimedia 2017), La Scomunica. Cattolici e comunisti in Italia (Dehoniane 2018).

Arnaldo Nesti ad Asunción (Paraguay) intervista l’allora Presidente Fernando Lugo – Febbraio 2010

 

[1] Spacciatori di odio e razzismo che si nascondono dietro il Vangelo, il rosario, la Madonna e che, a tutti gli effetti, sono dei veri e propri blasfemi nominando il nome di dio invano. Ha poi aggiunto il direttore di Civiltà Cattolica: “… Non nominare il nome di Dio invano" ci chiede di non usare il nome di Dio per i propri scopi. La coscienza critica e il discernimento dovrebbe aiutare a capire che non è un comizio politico il luogo per fare litanie (e in nome di valori che col Vangelo di Gesù nulla hanno a che fare). Ciascuno può valutare le intenzioni e farsi la propria opinione. Tuttavia è chiaro che l’identitarismo nazionalista e sovranista ha bisogno di fondarsi anche sulla religione per imporsi. Ha trovato questa carta della strumentalizzazione religiosa (in Italia come altrove nel mondo, sia chiaro: non siamo originali in questo!) come adatta e la usa. La coscienza cristiana, a mio avviso, dovrebbe sussultare con sdegno e umiliazione nel vedersi così mercanteggiata e blandita. Si facciano i propri discorsi, ma davanti a Dio bisogna togliersi i sandali” (Globalist, 19 maggio 2019).

 

Da qui puoi scaricare il testo dell'introduzione del prof. Nesti in versione PDF.

 

Centro Internazionale di Studi sul Religioso Contemporaneo
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Tel.: 0577 906102 (fax 0577 990381)
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Web: www.asfer.it 

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