Il viaggio come itinerario dello spirito
Call per XXVII Summer School on Religion di San Gimignano e Passignano (26-29 agosto 2020)
di Andrea Spini
Sarebbe fin troppo facile usare il termine “viaggio” per designare il nostro passaggio sulla terra, perché di fatto la vita di ognuno ha un inizio ed una fine, un viaggio, appunto, di cui ogni cultura ha cercato di definire il senso e il significato. Sono queste, infatti, le domande ultime cui le culture hanno cercato sempre di rispondere costruendo dispositivi intellettuali capaci di metabolizzare l’angoscia della fine. Da dove veniamo, dove andiamo, per quanto tempo?
Le risposte offerte dalle religioni hanno costituito il grande serbatoio al quale attingere per giustificare la ùbris che ci ha visto condannati alla ricerca dell’inconosciuto non saziandoci mai di ciò che di volta in volta abbiamo trovato, anzi spingendoci sempre di nuovo oltre le “colonne d’Ercole” del nostro sapere.
Per questo abbiamo costruito sempre un al di là come meta del nostro erratico vagabondare perché anche quando si sono stabiliti itinerari con un principio e una fine, definendo perfettamente le ragioni del nostro viaggio non abbiamo mai potuto evitare di essere distratti da ciò che avveniva nel nostro foro interiore, magari per finire – come Chatwin – a domandarsi: “Che ci faccio io qui?” Perché a differenza dei confini disegnati sulle carte geografiche la topografia dell’anima non ha confini e sotto il sole abbacinante dei deserti o nell’immensità delle foreste pluviali, rimaniamo sempre soli di fronte al mistero dell’esistenza.
Centro Internazionale di Studi sul Religioso Contemporaneo
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