Di ritorno dal cimitero di Barbiana, dopo aver assistito ai funerali di don Lorenzo Milani, ho peregrinato fra la sua casa, la chiesa, sotto il pergolato..., nei luoghi che per diversi anni furono il suo laboratorio.
A un certo punto mentre me ne stavo seduto, visibilmente stanco, davanti alla chiesa, mi si è avvicinata una donna. Mi ha chiesto: “Di dove è lei?”
Alla mia risposta, senza batter ciglio mi chiede: ”Per venire da così lontano, quassù, che cosa ha combinato?”.
Ho risposto sorridendo, ma è stato difficile celare un’agitazione interiore, mentre stavo pensando alla vita e al messaggio di don Lorenzo.
Della sua “lezione” di prete mi ha sempre colpito il senso di libertà di fronte al formalismo giuridico di una pastorale legata a un modello di cristianità ormai da tempo desueta.
“Esperienze pastorali” ha svolto in Italia l’azione di “France pays de mission” dell’abbè Godin in Francia. Stimolante è il suo invito ad abbandonare i recinti dello status quo, della prassi pastorale ordinaria per allacciare, secondo lo stile di Paolo (I Cor, 9, 21-23), un vero dialogo con gli uomini reali anche se “barbari”... partecipando alle loro gioie e alle loro ansie.
Mi si permetta di riportare alcune frasi indimenticabili poste in “Esperienze pastorali” sotto due distinte fotografie a commenti di due processioni paesane: per il Corpus Domini a Calenzano.
Sotto una scrive, interrogandosi, don Milani: “Passa il Signore. Serenate di fiori, veli bianchi, festa di paese. Festa della fede?”
“Il gruppetto di uomini che segue il Signore non è la parrocchia, è solo una chiesuola senza peso: la parrocchia si gode lo spettacolo e si tiene a dovuta distanza.
Proposto: Perdonali perché non sono qui con te.
Cappellano di don Milani: Perdonaci perché non siamo là con loro.”
Due preghiere durante una stessa processione. Due prospettive in una stessa liturgia...
La sua coscienza profetica a contatto con il laboratorio umano di Barbiana lo spinge a giudicare la nostra...
A contatto con lui crollano i molti luoghi comuni sulla carità che lascia le cose come sono.
Vacilla l’idea del prete “garante dell’ordine stabilito, addetto ai riti e alle sacre funzioni.
Non reggono i contenuti di una predicazione sulla pazienza dei poveri di fronte al proprio stato, legittimando la rassegnazione “in questa valle di lacrime”.
Don Lorenzo era ed è uno dei preti più autentici dell’epoca post-conciliare.
(Arnaldo Nesti, luglio 1967, pubblicato in “Testimonianze, n. 100, dicembre 1967)