La religione oltre le religioni
L’ultima opera pubblicata postuma di Bauman è dedicata alla concezione del mondo che a suo avviso caratterizzerebbe l’attuale momento storico: a differenza di quanto avvenuto finora il futuro non disegnerebbe più un mondo possibile da realizzare, diverso e migliore da quello in cui siamo confitti, ma la proiezione di un passato cui rivolgersi per trarne rimedi allo stato di incertezza e di insicurezza, ammantato di ansia e di paura nel quale sembriamo condannati a vivere.
Venute meno quelle che sono state chiamate le Grandi Narrazioni del ‘900, come individui consegnati a se stessi non sembriamo capaci di costruire nuovi sistemi di relazioni sociali nei quali riconoscersi come cittadini uguali e diversi, tanto che, come lo stesso Bauman in altra occasione ha scritto, siamo presi da una nostalgica “voglia di comunità”.
Le nuove forme di socialità che l’Occidente ha costruito dopo la II Guerra Mondiale, con la decolonizzazione e l’invenzione del welfare state appaiono, infatti, “ristrette” alle cerchie di prossimità “familiari”; nessun universalismo della persona, ma solo segmenti di umanità offerti alla tracimazione della globalizzazione informatica.
Il processo di secolarizzazione che ha caratterizzato l’Occidente in questo ultimo secolo sembra – in altri termini – essersi cristallizzato in sistemi di credenze destinati a fungere da “polizza sulla vita”. Finita la grande stagione delle “teologie della liberazione”, la chiesa cristiano-cattolica sembra affidarsi alla parola di un Papa impegnato a risacralizzare le dimensioni della vita, mentre l’Islam – l’altra grande religione monoteistica – ha riattualizzato con l’Isis il rifiuto più radicale del Moderno per un ritorno al sogno del Califfato universale.
In ambedue i casi, e nonostante i continui richiami alla pace universale e al rispetto della fede dell’Altro, ciò che emerge è la crisi profonda, per alcuni irreversibile, dei tradizionali sistemi di credenze.
Da qui la domanda cruciale alla quale siamo chiamati a rispondere: che ne è della religione dopo la religione?
Una domanda, in realtà che si articola in un grappolo di altre, non meno essenziali, domande, le cui più rilevanti sembrano essere le seguenti:
- Il mito – per usare il linguaggio di Panikkar – della Grande Rete che abbiamo posto a fondamento dell’attuale mondo globalizzato è capace di dare senso e significato all’esistenza delle persone? E se la risposta è affermativa: quali?
- Se, almeno in prima approssimazione, le considerazioni di Bauman colgono lo stato di alienazione che sembra produrre il “mondo delle merci”, le credenze religiose che ruolo svolgono?
- Se, come sempre più spesso si descrivono le organizzazioni istituzionali dell’Occidente come espressioni di una post-democrazia, quali rapporti ci sono fra quest’ultima e il processo di secolarizzazione che sembra essere giunto a compimento?
- L’Isis, e prima ancora il movimento dei Fratelli Musulmani e le “cellule” di Bin Laden, con le sue azioni criminali e, soprattutto, la pratica del “martirio suicida” ha posto l’Occidente di fronte alle mancate promesse del Moderno, prima fra tutte quella della realizzazione dei principi affermati dalla Rivoluzione Francese. Possono essere riproposti come progetto ancora non realizzato e quindi come “oggetto di fede” in cui identificarci come cittadini cosmopoliti?
- Se la questione del genere femminile si è imposta come la più rilevante tematica di questi ultimi quarant’anni, che ne è in ambito religioso? Quali cambiamenti ha indotto all’interno delle grandi fedi monoteistiche? Quali motivazioni possono essere ancora addotte per legittimare lo stato di minorità rispetto al genere maschile?
Andrea Spini, 10 gennaio 2018
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