Lunedì, 17 Marzo 2025 14:50

Arnaldo Nesti. Un ricordo, a distanza

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Chiamato a rifare e gestire l’allora nuovo sito a fine 2004, quasi senza accorgermene sono stato per venti anni nei pressi del professore.

 

Arnaldo Nesti. Un ricordo, a distanza

Capita di andare a una conferenza e non poterla seguire come meriterebbe. Se si fosse chiamati a parlarne, salvo il doveroso silenzio, potremmo pensare a un resoconto per immagini. Come se al posto dei contenuti dei contributi presentati, ripensando all’evento per immagini, si dovesse parlare del linguaggio del corpo dei relatori.

Ho conosciuto il professore all’inizio del settembre 2004 alla fine di agosto 2024. Fui chiamato per un avvicendamento sulla gestione di asfernews.it, il bollettino online di ASFeR. Proposi un rifacimento del sito, che poi avrei mantenuto e aggiornato fin qui. Il professore, “naturalmente”, come ormai posso dire, rispose con entusiasmo, curiosità e con mille suggerimenti sulle cose da fare.

In questi anni ho seguito le attività con regolarità e costanza ma, salvo rarissime eccezioni, senza entrare nel merito delle questioni di cui si trattava. Non che mi fossero del tutto estranee o che non mi appassionassero, tutt’altro. E questo per dire, appunto, della mia distanza dai temi trattati, dalla sociologia delle religioni all’impegno e all’itinerario del professore.

Ecco dunque le immagini, che non dubito porterò con me, quella percezione di alcuni tratti di quell’impresa di cui non faccio fatica a dire che sia stato un privilegio avervi potuto assistere.

Nel 2004 il professore era da poco tempo venuto in pensione, ovvero a entrato in quella fase della vita che gli avrebbe consentito di dedicarsi con rinnovato vigore ai suoi interessi (qualcosa del genere l’avremmo imparata dal suo amico di una vita, Renato Risaliti, che dopo due anni che era venuto in pensione aveva lavorato una dozzina di pubblicazioni).

La mia prima percezione fu quella di un uomo mite ma determinato, con un lungo percorso alle spalle, fatto di momenti straordinari. In proposito, il pensiero andrebbe subito ai suoi rapporti con la Chiesa, decisamente turbolenti in quel torno di tempo a cavallo del 1970, ma a me sovviene l’idea della nomadica, di un nomade del pensiero, di chi percorre un sentiero, che sulle prime ha dovuto e potuto tracciare, comunque sapendo che, appunto, si tratta di un percorso, un insieme di tappe, di cui se va bene, come in questo caso, si è piuttosto in grado di delinearne la successione e gli snodi teorici, ma di cui il futuro rappresenta un territorio essenzialmente da esplorare.

Questo mi porta all’altro punto della mia osservazione “distante”, la positiva curiosità e il generale entusiasmo, finanche divertito, con cui prendeva parte alle iniziative, fosse un nuovo numero di Religioni e Società o una nuova edizione della Summer School.

Una curiosità divertita, ma solo perché a suo modo sicura di sé. Simona Scotti ricordava le molte discussioni, con più e meno nuovi esiti e nuove acquisizioni, al termine delle quali il professore incalzava: “E allora?”, “E poi?”. Con l’immancabile sorriso, con quella gioia che di consueto gli si disegnava sul volto.

 

Dunque, da un lato la nomadica, quel percorso che però era sempre sorretto da una robusta visione e un’ampia enciclopedia; dall’altro l’entusiasmo, quella curiosità positiva e divertita. Su questi aspetti potrei sommessamente aggiungere ancora qualcosa.

In quella prima percezione, il lungo percorso del professore mi faceva vedere la profondità della conoscenza, l’ampiezza delle letture, il bagaglio di esperienza, gli incontri importanti con personalità di rilievo che, per converso, molto dicevano della sua statura.

L’entusiasmo viene da quella percezione che di un atteggiamento mite, ma anche della sua voce, così morbida e gentile, quasi fanciullesca. Quest’ultimo attributo è per me assai importante, perché spiega il rinnovarsi dell’impegno ma ancor prima il piacere, il desiderio e quel divertimento di cui dicevo, che lo spingeva. Entusiasmo e curiosità positiva nei riguardi di quel che emergerà nel prosieguo delle ricerche, la certezza che comunque vada avremo motivi di soddisfazione.

Ritorno alla voce, che in questi venti anni si è mantenuta sempre uguale a sé stessa, quasi che il trascorrere del tempo non la scalfisse, che il suo approccio e la sua determinazione fossero esattamente gli stessi con cui, immagino, si applicasse al pensiero di Antonio Gramsci per la sua tesi di laurea. Illo tempore, come ancora negli ultimi anni.

Quale il segreto? Difficile a dirsi.

Ma insieme alla grande competenza e al notevole vissuto, andava quel suo tratto distintivo, la sua capacità di riunire ingegni, stimolare il lavoro, spingere, spingere, spingere. Il poeta S.T. Coleridge distinse fancy e imagination, riconoscendo in quest’ultima il suo andare oltre il capriccio della fantasia, l’impianto di pensiero, anche “scientifico”, sul quale posto un punto, altri discenderanno necessariamente.

Voglia, questo spirito, continuare a vivere nella ricerca di chi, oggi, ne prosegue il lavoro, a cominciare dalla rivista e via di seguito. È un carico grave, una grossa responsabilità, ma nell’eredità di Arnaldo Nesti vi è anche un esempio, e un’opzione di metodo.

Siamo (siete) in un percorso, la cui base è solida, e questo ormai lo sappiamo bene, ma la lezione del professore sembra andare oltre, a vederci gioiosamente nomadi lungo un cammino fatto di nuove scoperte, che sempre ci gratificheranno con il regalo di poter scrivere ogni volta qualche pagina in più. C’è di che gioire, il privilegio di stargli vicino è anche il regalo del suo esempio.

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