Martedì, 24 Settembre 2024 19:54

Con tutto l'amore di cui siamo capaci. Omaggio a Beppe Pratesi

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Condividiamo la memoria, in forma di relazione su Beppe Pratesi, tenuta da Lucia Frati lo scorso 13 settembre a Montelaterone. Occasione, il libro scritto insieme al compianto marito "Con tutto l'amore di cui siamo capaci".

Con tutto l'amore di cui siamo capaci

Quando ho conosciuto Beppe lui aveva 32 anni ed io ne avevo 20.

Aveva già cambiato nella sua vita di sacerdote tantissime cose:
Innanzitutto il guadagnarsi la vita con le proprie mani (questo è un passo che ancora oggi non è entrato nella Chiesa).
Poi spogliarsi di tutto il potere e il ruolo che al Sacerdote viene conferito dalla Chiesa e dallo Stato; Beppe cercava questo perché Gesù era povero e non ha cercato né poteri né onori né ruoli, né ha creato sacerdoti (anzi ha condannato i sacerdoti della chiesa del suo tempo!).
Il Sacerdozio è, per Beppe, servizio alla Comunità che lo circonda ed è svolto nella gratuità (come nella gratuità saranno tutte le cose che farà nella sua vita).
Il Sacerdozio è prendersi cura degli altri, delle loro difficoltà, delle malattie, delle sofferenze ed essere costantemente disponibili ad essere vicini e ad aiutarsi.
Il Sacerdozio è seguire ciò che Gesù ha voluto dirci con la sua vita, vivendo nella pura semplicità.
Una cosa che mi affascinava di lui era il mettere in relazione fra di se' tante persone in modo che il messaggio di aiutarsi, di sostenersi, raggiungesse più persone possibile. Questo era il suo modo di rispondere al messaggio di Gesù:
andate e portate alle genti il messaggio di Amore che è lievito e che fa cambiare le relazioni ed anche cambiare il mondo.
Lui mi ha fatto conoscere tante persone, famiglie, persone malate, persone in difficoltà, non solo in Toscana, ma in tante parti d'Italia e come ha fatto con me, faceva con tutti quelli che lo avvicinavano.
Questo modo mi affascinava perché lo trovavo bello e perché non lo avevo mai trovato in nessuna altra persona, neanche nei sacerdoti che avevo incontrato nella mia vita.

Altra cosa che lo caratterizzava era il pregare nelle famiglie.
Lui diceva che se i preti, invece di parlare loro, facessero parlare la gente, tutti imparerebbero tanto di più, compreso i preti.
Lui non vedeva differenze fra laici e prelati.
Diceva che, dal riconoscimento del Cristianesimo come religione voluto da Costantino, si è costruita la Chiesa del potere, dei fasti, degli eletti, allontanandosi fortemente dal messaggio di Gesù.
Beppe voleva seguire solo il messaggio di Gesù, che per lui costituiva, come essenza, creare un movimento di coscienza individuale e collettiva che può cambiare sia noi stessi sia il mondo che costruiamo.
Il lavoro lo viveva come preghiera; tutto quello che faceva nel quotidiano lo sentiva come preghiera.
Lode, ringraziamento, adorazione, rispetto del Creato, di tutte le creature animate e non. Sentiva Dio come unità di Corpo (il creato, la natura) e Anima (Amore e Fratellanza).

Il sacerdozio, vissuto come lo viveva lui, ossia come servizio agli altri, riguarda tutti: uomini, donne, giovani, vecchi e bambini.

È per questo che lui non ha sinceramente sentito un abbandono, un tradire, l'aver incontrato me.
Non è un tradimento ma aver acquisito maggiore consapevolezza del messaggio di Gesù traducendolo per i nostri tempi!

Se vogliamo, Gesù ha detto cose per l' universale.

Primo fra tutto:
non fare le cose secondo la mentalità comune, ma trovare le strade di altri percorsi seguendo la via dell'Amore che fa cambiare le prospettive.
Lui non ha tradito perché anche io non volevo che tradisse la sua vocazione.
Anche io sentivo, pur partendo da esperienze di vita diverse, di voler dedicare la vita agli altri e a cose per cui meritasse vivere.
Non cercavo un fidanzato!
Abbiamo condiviso un cammino insieme e per questo ha voluto titolare il libro:
“Il nostro modo di essere preti” perché così è stato.
Questo però scandalizza la Chiesa ancora di più dell'essere sposi!

Come dicevo all’inizio, quando ho conosciuto Beppe eravamo molto giovani; ricordo che rimasi molto colpita dalla Comunità di Don Sirio, al Bicchio, dove viveva.
Era una comunità accogliente formata da uomini e donne che lavoravano in fabbrica, nei campi o sui pescherecci. Dedicavano poi la loro vita alle persone in difficoltà che ospitavano in casa.

Seguivano i malati, le famiglie bisognose di sostegno e i giovani della Parrocchia.
La domenica dicevano Messa, una messa particolare dove partecipava tantissima gente. Erano persone speciali, con una grande umanità.
Ne rimasi affascinata perché non avevo mai visto preti così.
Beppe già 50 anni fa aveva cambiato molte cose nella sua vita di prete.
Aveva lavorato in agricoltura, nel Chianti, alla fattoria dei Frescobaldi a Castiglioni.
A Viareggio aveva invece trovato lavoro in fabbrica.

Quindi:
VIVERE DEL PROPRIO LAVORO come tutti: no congrua nè elemosine;
VIVERE IN UNA CASA NORMALE non in una casa con l’odore di Sagrestia, come diceva lui;
VIVERE IN COMUNITÀ accogliendo persone in difficoltà e non una vita chiusa in una canonica, con la perpetua;
ACCOGLIERE essere vicino alle persone specie malati e famiglie bisognose;
PREGARE NELLE FAMIGLIE no solo in Chiesa, ma spezzando il pane dalla madia e offrendo il vino in segno di amicizia vicendevole e di vera comunione con le persone; LOTTARE PER LA GIUSTIZIA per cambiare la condizione di quasi schiavitù sia nel mondo dell'agricoltura che del mondo operaio attraverso le diverse forme di lotta e di sciopero;
LOTTARE CONTRO LE ARMI E IL NUCLEARE per costruire un mondo di pace, di convivenza civile tra i popoli senza l'incubo della distruzione, No anche al nucleare per uso civile;
SÌ AL DIVORZIO E ALL'ABORTO erano le battaglie dell'epoca, partecipò anche a comizi perché passassero queste leggi, leggi di civiltà che sancivano libertà individuali, per chi non ce la fa nel matrimonio e nell'accogliere una gravidanza;
CHIESA SCHIERATA DALLA PARTE DEI POVERI, degli operai, e non dalla parte del potere; a volte diceva, dispiaciuto, che era come una multinazionale che aveva soldi e potere in ogni luogo del mondo, ma il messaggio di Gesù non era questo.
Piano piano maturava l'idea che Gesù avesse detto tutte cose molto diverse da quello che la Chiesa invece faceva e proponeva.
Si era accorto, nel contatto con i contadini e con gl’operai, che c'era grande saggezza nel cogliere le contraddizioni della Chiesa e aveva percepito che vivevano una spiritualità più vera.

Quando abbiamo capito di volerci bene (anche perché cercavamo di seguire i messaggi spesso rivoluzionari che Gesù aveva detto ai discepoli e non sentivamo l'essere sposi in contrasto con il proseguire un cammino sacerdotale che ci riguardava entrambi) ha voluto continuare il cammino, però in due

e poi ci siamo allargati, moltiplicati.

Lui diceva: “in due le cose che possiamo fare si moltiplicano”.
E siamo sempre stati in due.
Quando dice che abbiamo fatto il prete insieme, in due, sa che tutti e due siamo stati di stimolo, di sprone l'uno per l'altro e penso che il nostro non sia stato più un cammino religioso, ma spirituale; ritrovando la semplicità, l'allegria, la voglia di cambiare, insieme a tante persone, le cose che non vanno.
Ci si aiutava in casa, nel lavoro dei campi (anche se avevo il mio lavoro), nell'andare a trovare le persone specie se in difficoltà, nell'accoglierle in casa.
Abbiamo fatto battaglie politiche insieme.
Abbiamo fatto parte del Movimento “Atd Quarto mondo” per l'abolizione della miseria, per la lotta allo spreco; e tante tante altre battaglie, forse tante le abbiamo perse, ma quello che era importante per Beppe era creare consapevolezza, coscienza sulle cose!
Insieme abbiamo seguito tanti giovani con problemi di salute mentale o con disabilità o con problematiche familiari o di povertà.
Abbiamo lottato e dato il nostro contributo forte con formazione, incontri, moltissime occasioni di scambio sulla salute mentale.

Beppe aveva poi un'altra concezione della donna, non quella inculcata dalla Chiesa, della donna come pericolo, come peccato, ma "come persona che arricchisce dove vive".

Beppe sentiva il sacerdozio come essere uguale agli altri, non essere divisi in laici e prelati come prescelti.
Non diceva mai che era prete.
Però, anche la gente che non sapeva, sentiva che era una persona particolare.

Voleva che si superassero le varie religioni perché se pensiamo che Dio esiste, è uno; e tutto quello che ci offre è il suo corpo (la Natura) e la sua anima (l' Amore).
Viveva questa dimensione di una Spiritualità semplice che attraversa ogni persona in qualsiasi luogo del mondo.

Penso che non gli interessassero più le religioni come organizzazioni, come poteri, come modo di dividersi fra fratelli.
Non gli interessavano più i riti.
Il suo rito era solo invitare le persone alla mensa e dividere quello che avevamo.

Vedeva la comunione con le persone come condivisione delle proprie sofferenze, delle proprie difficoltà e del volersi aiutare e sostenere.
Dare tutto quello che si può agli altri.

Diceva che i sacramenti non sono dei preti, ma appartengono alle persone.
Sono le persone che devono avere la consapevolezza di saperseli amministrare.
Ad esempio: il matrimonio è una cosa sacra se gli sposi sanno vederla tale e se sanno custodirla e farla crescere per tutta la vita.
Non e' il momento magico del giorno in cui il prete li sposa, è la coscienza e la maturità degli sposi che conta.

Non credeva più nella magia del sacro, tanto inculcato dalla Chiesa, ma vedeva il sacro in ogni luogo, in ogni persona, in ogni azione; nelle cose belle, ma anche nelle più brutte o difficili.

Penso davvero che era tornato all'essenza del messaggio di Gesù e di tanti altri saggi che dovremmo ascoltare e seguire.
Vedeva come profeti anche persone come Gandi che tanto ci hanno insegnato per raggiungere la giustizia attraverso la non violenza e la pace.

Tante lotte vissute da lui, da noi e da molti di voi in questi ultimi 50 anni, oggi ritornano di grande attualità per cui bisogna ricominciare a lottare.

No alle armi, alla guerra, agli imperialismi, al ritorno indietro sui diritti e sopratutto lavorare per una economia solidale, per la giustizia e la pace fra i popoli, nel rispetto di ogni nazione e delle sue caratteristiche e delle sue risorse che non sono da depredare.

Insomma che dire di Beppe?
Sarebbero tante, tante le cose che si potrebbero ancora dire su di lui.
Per me è stato un piccolo umile grande uomo e sacerdote, capace di avere un grande spirito libero, di voler bene a tutti, di capire le persone, di aiutarle.

Penso che abbia anticipato di 50 anni le riforme che il Papa oggi chiede e che i suoi non solo non ascoltano, ma neanche capiscono.
Quando il Papa dice che il clericalismo è un grande male nella e per la Chiesa penso che Beppe quel clericalismo lo avesse abbandonato da più di cinquant’anni.
Quando il Papa dice che i preti devono puzzare di pecora, devono uscire e andare nelle periferie. Beppe questo lo ha sempre fatto da prima di essere prete.
Quando il Papa parla della natura, Beppe l'ha sempre amata, rispettata e fatto battaglie come quelle sui pesticidi e sull'alta velocità, che in Mugello ha distrutto riserve millenarie di acqua solo per fare la galleria del treno e risparmiare 15 minuti fra Firenze e Bologna.

La Chiesa che vuole cambiare, se guardasse a tutti quei preti operai che, come Beppe, hanno fatto cose meravigliose, avrebbe tantissimi esempi da usare per il suo cambiamento; per settant’anni, invece, ha ignorato, ostacolato, denigrato, cacciato chi voleva riportare la Chiesa alla testimonianza di Gesù.

Beppe vedeva in Gesù il messaggio più autentico e rivoluzionario che, spogliato di tutte le sovrastrutture, parla ancora potentemente ai nostri tempi.

Auspichiamo che la Chiesa non sia ancora sorda.

Lucia Frati

***

Da qui puoi scaricare la relazione presentata a Montelaterone il 13 settembre 2024 in versione PDF.

Ricordiamo che Beppe Pratesi e Lucia Frati sono stati protagonisti del seminario sui preti operai e sul cattolicesimo inquieto fiorentino, che si è tenuto a San Gimignano il 4 dicembre 2021 in occasione della Festa della Toscana (ne abbiamo dato notizia qui e qui). Gli atti di quel convegno sono stati pubblicati dalla CISRECO Edizioni.


Copertina del volume "Con tutto l'amore di cui siamo capaci"


Beppe e Lucia al seminario del 2021

 

 


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