RICORDO DI "DON GIGI"
di Piero Innocenti*
Giuseppe Picone, che ringrazio per l'invito di oggi, ha riesumato una intervista rilasciata nel 2010 e pubblicata nel 2011, in cui per la prima volta parlavo di un insegnante incontrato troppo brevemente a cavallo del mio lontano anno scolastico 1961-1962[1]. Vorrei tornare oggi a rievocare la «(breve, purtroppo) frequentazione dell'insegnante di religione di seconda Liceo [al «Galileo» di Firenze], don Luigi Rosadoni, che per insegnamento della religione intendeva libertà di coscienza, integrata da nozioni di storia delle religioni. [...] anche se il Vaticano 2° si sarebbe aperto solo l'11 Ottobre 1962, era stato annunciato dal 1959 [...] il 1962 è l'anno di Blowin' in the Wind, la più bella canzone di rivolta di tutti i tempi, come è stata definita: [...] "quante volte ci si può girare dall'altra parte, facendo finta di non vedere?" [...] Parlo dei miei diciotto anni, quando indico queste date, queste figure, queste speranze. A diciotto anni è normale azzardare. Del resto, Rosadoni aveva una abilità retorica senza fine nel ricondurre a qualche luogo evangelico tutte le affermazioni di più eclatante attualità rivoluzionaria, dallo sfruttamento coloniale all'emancipazione femminile, dallo sciopero al quadro generale della lotta di classe; sto usando deliberatamente e consapevolmente terminologia d'epoca, che oggi appare lontana anche semanticamente. Ma sopratutto, e non esito a pronunciare una parola enfatica, aveva capacità di profezia: nelle parole, con la scelta unica ed indiscutibile della parola pace, e nella vita, con la scelta della povertà e dell'autosostentamento. Lei riesce ad immaginarlo, oggi, l'impatto di un sacerdote cattolico che parli di Bonhoeffer, teologo protestante, come modello di impegno, a una classe di liceali? E noti che Bonhoeffer all'epoca era semiconosciuto, tradotto in minima parte [...] e del resto anche la grande edizione Kaiser era appena incominciata nel 1959. "Gigi", come voleva essere chiamato Rosadoni (lo fanno, di volere il tu anche i preti dell'oratorio, ma di quel tu son convinto occorra invece diffidare in modo assoluto), morì profeticamente nel 1972, poco più che quarantenne e molto prima che potesse venire il suo tempo (come è appunto dei profeti): aveva seminato tanto. Un suo articolo dell'anno prima, sul "Bollettino di collegamento delle Comunità di base", lo porto nel cuore perché tornava ad usare parole che mille volte ci aveva detto a lezione dieci anni prima: "Il rapporto dell'uomo con Dio prescinde da qualunque mediazione gerarchica; il Nuovo Testamento ci mostra come la mediazione sia la più raffinata forma di dispotismo che uccide la responsabilità personale che è invece per Cristo ‒ e per tutto il profetismo biblico ‒ l'elemento decisivo". Parole capaci di parlare anche al laico, che avevo lette ripromettendomi di andarlo a trovare al mio ritorno dal servizio militare (in quel torno di tempo ero a Trapani a far ciò), ma mi congedai solo nel 1972: era ormai tardi»[2].
Avevo frequentato IV e V Ginnasio nel biennio 1958-1960; Preside dell'Istituto era Persio Falchi, con non troppo nascoste simpatie politiche di destra, che avrebbe concluso il suo servizio nel 1959[3].
Fra Ottobre 1960 e Luglio 1963 vi ho frequentato il corso liceale; Preside (e vi sarebbe rimasto sino a fine carriera, 1967) era Ernesto Guidi, forte personalità e libero docente di Letteratura italiana, collaboratore di Luigi Russo[4]. Sempre in doppio petto, con gli occhiali d'oro, il professor Guidi, poco loquace e di polso energico, incuteva rispetto (non lo temevamo, ma non invitava alla confidenza) e trattava con rispetto: usava il "lei" fin dalla prima liceo, aggiungendo "signorina" rivolgendosi alle ragazze; l'istituto funzionava come un orologio. Nel suo ruolo, si dette da fare per acquisire all'organico della scuola Giovancarlo (Gianni) Miniati, amicissimo di Contini e da questi molto stimato, che vi sarebbe rimasto fino al 1977. Oggi interessa solo ricordare che Miniati, maturato nell'area del Partito d'Azione, si era iscritto al Partito comunista dal 1947, ma da subito con atteggiamento critico nei confronti della sua scelta di approdo[5].
Quale fosse stato il clima del «Galileo» venti anni prima lo sintetizzano alcune parole di Margherita Hack: «la maggioranza dei professori era antifascista, compreso il preside»[6]. Uno per tutti, Cesare Luporini, futuro senatore e componente del Comitato centrale del Pci; ma anche il grecista Alessandro Setti. La stessa Hack ricorda di contro almeno una figura di "fascista sfegatato", Mancinelli, per altro bravo professore di Matematica, Mancinelli[7]; ancora presente al «Galileo» al tempo in cui l'ho frequentato, ma non nella mia sezione; ci incrociammo in corridoio guadagnandone un rimprovero perché in gruppetto stavamo parlando con entusiasmo della Dolce vita di Fellini. Di Setti sono stato scolaro per due anni, Letteratura Greca I e II, all'Università.
Alla conta degli adepti della destra posso aggiungere per quegli anni Alfredo Giannotti, apparentemente forse non fascista sfegatato, ma ammiratore dichiarato di Gentile sì (incluso, temo, il Gentile politico), e comunque bravo professore di Filosofia[8]: per tale lo stimava espressamente Miniati, teoricamente avversario politico.
Se questi sono, con poche pennellate, alcuni tratti del complesso quadro laico offerto dal mio Liceo di allora, sul versante religioso almeno un paio delle figure sacerdotali filtrate dal ricordo sono, nel corso del quinquennio, non meno di spicco: il futuro monsignor Attilio Piccini[9]; il futuro monsignor Valerio Mannucci, che venne a insegnare da noi fresco licenziato in Sacra Scrittura[10]; mentre ho memoria vaghissima di padre Pons, S. I.: ma non ho ancora esplorato la Curia generalizia in Sassia, e mi riservo di farlo quando potrò. Quando capitava che un titolare si assentasse, ci visitava pro tempore niente meno che don Raffaele Bensi.
Fa eccezione perché ancora vivissima oltre ogni filtro è, come ho già detto all'inizio, l'impressione che rilasciò in me don Gigi[11], che qui vorrei confermare arricchendola di un altro paio di episodî non rievocati nella intervista del 2010-2011.
I primi due mesi della seconda Liceo (classe di transito per definizione) furono un periodo sonnacchioso. La eclissi totale di sole dell'11 Febbraio aveva assorbito una parte significativa dell'anno scolastico precedente, fra preparazione all'osservazione, osservazione, commenti all'osservazione eseguita e documentata e chiacchiere che aveva suscitato quel momento trionfale per gl'insegnanti di scienze, assurti all'improvviso al rango di professori importanti (cosa inconsueta per il liceo classico di allora); poi le vacanze estive si erano portate via ogni traccia dell'evento.
Il clima iniziale del nuovo anno era piacevole: anche perché vi fu una occasionale coincidenza di assenze temporanee di alcuni insegnanti titolari, e supplenza voleva dire all'epoca licenza, più o meno tacita, di allentamento del ritmo e del peso quotidiano. La saggezza del preside Guidi aveva fatto in modo che l'ora di Religione fosse tendenzialmente l'ultima della mattinata, così da non farne spazio franco per la preparazione alle ore successive. Fu una sorpresa quando ad una quinta ora secondo orario dedicata alla Religione, non si presentò il sacerdote ma arrivò, inatteso e dopo qualche minuto, il Preside, come sempre in doppio petto, con a fianco un uomo giovane, in giacca e maglione a V, senza cravatta e col colletto aperto.
Tutti precipitosamente in piedi, naturalmente. E lui: «Buongiorno, signorine e signori. Il titolare sarà assente per un certo periodo, a causa d'impegni connessi al suo ministero sacerdotale; vi presento il supplente, don Rosadoni. Comportatevi bene e buon lavoro a tutti»; e uscì.
Quello che avevamo appena appreso, increduli, essere un sacerdote, figura per noi inscindibile dalla tunica coi cento bottoni, salì sulla pedana, si mise a sedere, fece cenno alla classe di fare altrettanto, ed esordì: «Io mi chiamo Luigi, e voi?» Le autopresentazioni, una per una, prosciugarono il tempo residuo dell'ora, e con questo per la prima volta negli annali della nostra classe l'intera lezione di Religione fu coralmente impegnata in un dialogo partecipato con l'insegnante e non in altre attività: sconvolgente, nel contesto dei rapporti scolastici del Liceo di allora, non solo il suo dare il tu, ma soprattutto il pretendere di riceverlo, per sottolineare la pariteticità nella discussione.
Quando, poco dopo, anche la scuola fu cassa di risonanza dello choc collettivo a molti livelli di partecipazione sociale, provocato nel Paese dalla notizia della uccisione di 13 militari italiani in Congo, a Kindu, durante una missione ONU, la voce di don Gigi ci impartì una riflessione, quasi sottovoce, sulle mille implicazioni e i mille contesti del concetto di senso del dovere. Gli fece eco dall'ora di Italiano la voce di Miniati.
Ma il ricordo più netto è una frase da lui pronunciata in una discussione con alcuni di noi che esprimevamo particolare simpatia verso la forza più rilevante che in quel momento occupasse il lato sinistro dello schieramento politico, e cioè il Partito comunista italiano; e teniamo presente, per inquadrare il ricordo, che il giorno di Natale del 1961 papa Giovanni 23. aveva indetto, con la costituzione Humanae salutis, il Concilio Vaticano 2°, che si sarebbe aperto l'11 Ottobre del 1962. La discussione era accesa nei contenuti ma pacata nei toni (come sempre con don Gigi, che usava disinnescare i toni troppo accesi bloccandoti col consueto caveas: "siccome io ti rispetto, tu mi devi rispettare"), quando, non per segnare un punto nella discussione in atto, ma piuttosto per invitarci a dare maggiore profondità di prospettiva alle posizioni, don Gigi se ne uscì in questa frase: "ci sono due grandi chiese che si fronteggiano: una ha già indetto coraggiosamente il suo Concilio, e chi sa come andrà a finire; l'altra, purtroppo, chi sa se avrà mai il coraggio di farlo".
Per quanto mi riguarda, dopo più di cinque decennî mi trovo ancora a riflettere su questa finestra da lui aperta su un futuro che oggi è presente ma ancora gravido di ulteriore futuro, e ad interrogarmi sulle sue implicazioni. Senza, devo dire, trovare ancora una risposta chiara, anche se guardando ai segni del tempo di oggi, mi sembra opportuno tornare su quanto dicevamo all'inizio: speravamo allora, non in pochi, che prima o poi la politica potesse scrivere sulle sue bandiere: Ognuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni! Nessuno di noi aveva letto davvero il testo da cui proveniva la citazione: la Critica al programma di Gotha, che avrebbe circolato in italiano solo anni dopo, nel Sessantotto. Però l'avevamo sentita per via orale da chi (per esempio mio padre) aveva avuto modo di acquisire l'impervio opuscoletto delle Edizioni in Lingue estere di Mosca, del 1947. La seconda parte del concetto è addirittura evangelica: «... e poi era distribuito a ciascuno, secondo ch'egli avea bisogno» (Atti 4.35, testo della Diodatina), concetto che avrei ritrovato sotto specie filologica nell'anno accademico 1964-1965, in un bel corso di Grammatica greca e latina tenuto, appunto, sugli Atti da Giovanni Pascucci, durante il second'anno di Università; e sotto specie filosofica in un saggio di Ágnes Heller, tradotto in italiano solo nel 1978. Don Gigi era ormai su altre strade, io anche.
L'8 Dicembre 1965 si chiuse il Vaticano 2°, unico celebrato dei due concilî cui alludeva don Gigi.
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* Testo riordinato e annotato della testimonianza resa durante l'incontro pubblico in memoria di don Luigi Rosadoni (Siena, 1928 - Bondeno, 1972), tenutosi il 7 Dicembre 2019 a San Gimignano, Palazzo Pratellesi, presso il Centro internazionale di studi sul religioso contemporaneo (CISRECO), in collaborazione con la Comunità della Resurrezione di Firenze.
[1] Si v.: L. Rosadoni, Tristia. a c. e con introd. di Claudio Cencetti e nota biografica di G. Picone, San Gimignano, Cisreco Edizioni, 2019, p. 94-95.
[2] Da Conversazione col festeggiato, in Books Seem to Me to Be Pestilent Things. Studî in onore di Piero Innocenti per i suoi 65 anni, promossi da Varo Vecchiarelli, raccolti, ordinati, curati da Cristina Cavallaro (interlocutrice dell'intervista), Manziana, Vecchiarelli, 2011, p. xiii-xxviii: xxi-xxii.
[3] Terricciola, 1889 - ?: già professore di scienze naturali.
[4] Stazzema, 1897 - Viareggio, 1988; nel 1944 il rifiuto di giurare fedeltà alla Repubblica di Salò gli costò la deportazione in Germania fino alla fine della guerra; solo al suo ritorno seppe di aver perso la madre in uno scontro a fuoco fra partigiani e truppe nazifasciste, nell'area di Stazzema. Tutto questo, naturalmente, sono venuto a saperlo molto dopo.
[5] La figura di Miniati (Montevarchi, 1916 - Firenze, 1986), per me, nella mia esperienza comunque indimenticabile, è ricostruita su basi documentarie e contestualizzazione storica da Giulio Ungarelli, Gianfranco Contini e Gianni Miniati: storia di una amicizia, «Belfagor», 67., n° 6, 2012, p. 623-634, <www.jstor.org/stable/26120822>.
[6] Qualcosa di inaspettato: i miei affetti, i miei valori, le mie passioni, Roma-Bari, Laterza, 2007, poi 2013, <https://books.google.it/>, p. non num.
[7] Luporini è ben noto; di Mancinelli non ho trovato notizie; Alessandro Setti (Firenze 1901-1976) fu «incaricato di Lingua e Letteratura Latina a Magistero, poi (dal 1952) di Letteratura Greca e infine di Filologia Classica a Lettere a Firenze 1936-1966, anch’egli influenzato dall’estetica crociana, nonché da Jaeger (di cui tradusse due volumi di Paideia, Firenze, La nuova Italia, 1953-19592)»: Camillo Neri, Il greco, ai giorni nostri, in Disegnare il futuro con intelligenza antica, Atti del Convegno Internazionale. Torino, 12-14 aprile 2012, Bologna, Il mulino, 2012, ed. Luciano Canfora, Ugo Cardinale, p. 103-152, si legge in formato digitale e in versione integrale su Academia.edu.
[8] Giannotti, classe 1893, si diplomò all'Istituto superiore di Magistero di Firenze e fu titolare di Filosofia e Storia nei Licei dal 1931; resultò maturo con 3 voti su 5 nel concorso a cattedra di Filosofia per l'Università di Urbino, conclusosi il 13 Settembre 1940, del quale resultarono vincitori Vladimiro Arangio Ruiz, Vincenzo La Via, Cleto Carbonara. La commissione giudicatrice era composta da Giovanni Gentile, presidente; Balbino Giuliano; Armando Carlini; Amato Masnovo; Vito Fazio Allmayer, relatore: Notiziario in «Rivista di filosofia neo-scolastica», 33., (1), 1941, p. 109-114 [Retrieved from <www.jstor.org/stable/43066472>].
[9] Carmignano, 1921 - Firenze, 2016. Parroco a lungo dell'Ospedale degli Innocenti, nel 1986 presidente del Tribunale diocesano che si occupava della causa di beatificazione di Giorgio La Pira.
[10] Di quattro anni più giovane di Rosadoni (nato nel 1932 sarebbe prematuramente scomparso nel 1995), don Mannucci, fu docente dal 1960 nel Seminario Maggiore di Firenze; promosse e diresse dal 1963 al 1975 il corso di Teologia per laici alla «Sala Teatina». Nel 1975 divenne Preside dello Studio Teologico Fiorentino, affiliato alla Facoltà di Teologia della Pontificia Università Gregoriana, dove insegnò Introduzione generale alla Sacra Scrittura, Pentateuco, letteratura Giovannea e Teologia biblica. Notizie più approfondite in Benito Marconcini, Mons. Valerio Mannucci (1932-1995), «Vivens homo», VI/1, p. 5-7; Id., ivi, VIII/1, p. 197-207; XVI/2, p. 373-377.
[11] Notizie in Bruna Bocchini, DBI, v. 88., 2017; Antonio Pieraccini, Un prete attento nel percepire e perseverante nel riferire la richiesta di un mondo che cerca (la formazione ed i primi passi di sacerdozio). Don Rosadoni, a. a. 1988-1989, tesi di laurea, relatore Domenico Maselli, Università di Firenze, Facoltà di scienze della formazione; Memoria feconda a trent'anni dalla morte. Luigi Rosadoni e le comunità cristiane di base, «Notiziario della Comunità dell'Isolotto», n° 2., 2002, luglio, n° progressivo 314; Riccardo Albani, Lettera al direttore. Le memorie di Luigi Rosadoni, uno dei protagonisti della primavera del cattolicesimo fiorentino, al Cisreco di San Gimignano, «Religioni e società», 25., 66, Gennaio-Aprile 2010, p. 127-130.